Io c'ero quando convincemmo Valerio a partecipare alla missione.
Era Vanni che aveva iniziato a chiamarle proprio così: missioni. Da allora avevamo continuato a usare quel nome, che ci riportava ai commando, alle squadre della morte, a giungle tropicali in cui farsi strada con un machete. Che poi le nostre giungle fossero effettivamente altre costituiva solo un dettaglio, certo non sufficiente a farci considerare meno importanti di quel che eravamo. Un destino deve pur compiersi, non importa dove o a quale prezzo, e le foreste di cemento e asfalto in cui vivevamo alla fin fine erano anche più pericolose e indecifrabili.
Eravamo talmente certi del valore delle nostre imprese da considerare ormai inevitabile l'allargamento del gruppo. Solo Leo aveva sollevato qualche perplessità, tre giorni prima, quando Vanni aveva fatto la proposta.
– Scusate ma io non capisco. Noi tre lavoriamo benissimo così come siamo adesso, che bisogno c'è di ampliare il giro? Vedo solo dei rischi, è più facile essere scoperti o lasciare tracce. E poi dove lo andiamo a trovare un altro come noi?
Vanni gli aveva risposto con la sua voce vibrante, definitiva come un colpo d'accetta, ma non aveva trascurato di posare la mano sulla spalla di Leo, fissandolo negli occhi.
– È un rischio, hai ragione. Così come sono state rischiose tutte le nostre missioni finora. Ma noi non ci siamo mai tirati indietro di fronte a nessun pericolo. Mai. E poi Valerio è una mia vecchia conoscenza.
Ovviamente non erano seguite altre obiezioni. Del resto a Vanni sarebbe bastato dire "si fa così perché il capo sono io", ma non c'era bisogno di dire ad alta voce cose che erano già chiare anche senza essere espresse a parole. Faceva parte dell'intesa che si era creata tra noi come gruppo. Ci conoscevamo da sempre, fin da quando le guerre erano solo un gioco d'infanzia e l'amicizia una zuccherosa paroletta da bambine.
Ora eravamo maggiorenni, eravamo soldati, e bisognava guardare avanti. Progettare strategie, colpire con sempre maggiore precisione ed efficacia. Un quarto elemento era indispensabile per portare a compimento missioni più complesse. Fu così che Valerio venne introdotto nel gruppo.
Eravamo nella radura al centro del bosco quando arrivò Erasmo a bordo del luccicante fuoristrada di suo padre. Dal posto a fianco del guidatore scese la nostra nuova recluta, il volto arrossato dalla calura estiva e dall'emozione, gli occhi coperti da una benda nera.
Erasmo lo condusse fino a noi. Leo aveva le braccia conserte e guardava il nuovo arrivato senza troppa convinzione, Vanni invece era intento a fissare un punto indefinito. Erasmo attese un suo cenno e poi tolse la benda a Valerio.
– Oggi è un giorno importante – disse Vanni. – Oggi accogliamo nel nostro gruppo Valerio De Santis. Da qui fino alla morte la nostra strada sarà una sola strada.
– Il nostro cuore un'unica fiamma – aggiunse Erasmo.
– Il nostro destino una guerra contro il mondo – concluse Leo.
Le parole furono poche e rituali, ma pronunciate con una solennità rara da trovare nelle persone della nostra età. Restammo qualche secondo in silenzio, ascoltando il fruscio della brezza marina tra gli alberi che suggellava il nostro patto. Fu Erasmo a parlare per primo.
– Valerio ha portato le chiavi.
– Positivo – rispose Vanni. – Tu hai tutto il resto?
Erasmo rispose con un grugnito convinto e un lieve cenno del capo.
– Se è così, procediamo.
Con il fuoristrada ci recammo alla villa sulla collina. Solo quando fummo scesi tutti e quattro Valerio fece udire la sua voce per la prima volta, la mano ancora appoggiata alla portiera aperta, come se avesse la possibilità di rientrare in macchina e non partecipare alla missione.
– Io le chiavi le ho portate ma... ecco, non credevo che saremmo venuti subito qui.
Vanni chiuse la portiera di Valerio con un colpo secco.
– Noi siamo uomini d'azione. Siamo soldati. Non esistono periodi di prova. Quando sei con noi, quando sei noi, ti trovi al fronte. Sempre.
Gli pose una mano sulla spalla.
– Ora aiutaci a scaricare, dai.
Leo gli porse la scatola con i chiodi e il martello e prese per sé la gabbietta coperta da un telo. Erasmo si caricò sulle spalle larghe il grosso sacco nero e raggiunse per ultimo la villetta.
Vedevamo tutti che le mani di Valerio tremavano mentre infilava la chiave nella serratura della porta d'ingresso, ma nessuno disse alcunché.
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