Caldo, anzi umido.

Provo la sensazione di un umido che pervade ogni singolo centimetro quadrato della mia pelle. Forse è normale, in questo agosto che non scende sotto i trenta gradi sino alle tre del mattino e il sole che picchia forte e spacca in due perfino i sentimenti.

Ma lo patisco, l’umido. E il buio.

Buio, umido e quel ritmo ossessivo in maniera tale che… bum, bum, bum, e via in crescendo sino a portarmi oltre i limiti del consentito, con il cuore che lo segue all’impazzata e le pupille dilatate sul nero della stanza, fisse sino a lacrimare su di una figura che non ha piú nulla d’umano, contorni indefiniti nel calore, nella densitá di quell’umido torrido dell’accecante sole d’agosto.

Nelle tenebre.

Sudo.

Sdraiato sul letto ristagno nel lago del mio stesso sudore e mi ci muovo a cercarvi refrigerio da qualcosa che non vedo nitidamente e non ricordo distintamente, ma che mi opprime, mi soffoca, quasi piú della calura d’agosto.

Dove ogni cosa ha avuto inizio… una vita fa.

Passeggiamo sul lungomare io e Mario, il mio buon amico.

La luce del sole, torrida, allunga le ombre e brucia di arsura in gola, decidiamo per qualcosa al bar, qualcosa di fresco.

Rilassati, ci tuffiamo nel paradiso ghiacciato di un daiquiri e guardiamo passare le ragazze, i corpi coperti il minimo indispensabile, le movenze feline, provocanti.

Sempre cosí quí, ad agosto.

Ci sono nato e cresciuto del resto e quasi non mi fa piú effetto ma è proprio lí, in quel mare, che Mario butta l’amo.

La sua idea migliore, dice. Non ne sono pienamente convinto perché le sue idee di solito… non importa mi fido, l’ascolto, con le gocce di sudore a imperlarmi la fronte.

Ci passo sopra il bicchiere gelato e chiudo gli occhi.

Mario parte, a raffica, spiega come io conosca tutto della nostra cittadina, come io sia un bel ragazzo, come mi sappia vestire, parlare, e altre cose che ho smesso di sentire.

Comunque, almeno per quello che ho capito, ha ragione.

Conosco i posti più “cool”, vesto alla moda e ci so fare con le donne, è fuori discussione.

Mario sostiene che in agosto le donne non cercano altro che sesso, è il sole dice lui, penetra i loro corpi durante il giorno e alla sera, quando ne esce, li lascia svuotati e desiderosi di refrigerio.

Come la mia fronte col daiquiri.

Non so se il suo ragionamento vale qualcosa ma lui si professa un esperto, conosce certe persone in un giro di donne che, ecco…insomma, pagherebbero bene per soddisfare i loro desideri e io, bello, elegante, ecc. ecc… potrei diventare il loro maschio ideale.

Lo ascolto, non replico, nel suo bicchiere riflette un raggio che mi colpisce agli occhi, li chiudo e trovo il buio.

Buio nel sole d’agosto, ho ancora sete.

Colpi martellanti, insistenti.

Non riesco a togliermeli dalle orecchie, dalla testa.

Una lama di luce filtra, tenue, fra le persiane chiuse, un barlume di speranza ma la luce non ce la fà a dissipare le tenebre. Il peso aumenta, diventa insopportabile, alla bocca dello stomaco, poi un dolore lancinante, il petto brucia.

Ma non è il sole.

Mario è un genio.

Le donne non vogliono altro, è vero. Certo quelle che mi manda non sono proprio delle modelle ma è una settimana che faccio questo mestiere e ho guadagnato piú che in tre mesi di lavoro.

Senza contare che, alle volte, mi diverto anche.

Quella di oggi per esempio.

Un tipo tipo particolare, intrigante.

Non bella, tutt’altro direi, ma eccitante.

Ha dettato regole precise.

Vuole farlo in una stanza buia, nelle ore del primo pomeriggio, quando il sole picchia piú forte e il respiro si fa lento, affannoso. Avrei rifiutato, dico la veritá, ma mi paga piú di tutte e poi ho scoperto una cosa che ci accomuna, qualcosa che piace a entrambi.

Non posso dirle di no.

La luce è piú forte adesso, saranno le due credo, fende il buio della stanza rendendo nitidi i contorni, trasformando le ombre in realtà.

Ora riesco a vederla, distintamente, e mai ho odiato così tanto il sole.

E’ sopra di me. Grassa… e nuda.

La sua mole preme alla bocca dello stomaco e via via piú su sino allo sterno, alla gola e alla testa. Si agita, in un crescendo martellante e i timpani sembrano esplodere, sento il suo ventre, molle e flaccido, perdere rivoli di sudore che scivolano come serpenti fra le pieghe del mio corpo e impregnano le lenzuola miste del mio stesso umore.

Annaspo.