Ciudad Jarez, stato di Chihuahua, frontiera con El Paso, Texas: una città che dilaga disordinata, fatta di case e maquiladoras, le fabbriche dove la manodopera quasi tutta femminile lavora ai prodotti delle multinazionali del primo mondo.
Fuori, fuori dalla città, la polvere del deserto: polvere su cui viaggiano le vie dei coyotes che trasportano clandestini e quelle dei narcotrafficanti. Discariche fantasma, cimiteri di desaparecidos che si perdono nella polvere.
E sabbia, dalla quale ogni tanto emergono ossa e non solo quelle dei cimiteri dei narcos: sono ossa di donne torturate e assassinate, e non necessariamente in quest’ordine, uccise nel più efficiente e massivo omicidio seriale che la storia recente conosca visto che a Ciudad Jarez in nemmeno vent’anni sono più di 400 le donne ritrovate nel deserto.
Sergio Gonzales Rodriguez, in questo libro scritto con passione del romanzo e la puntigliosità del reportage, racconta la storia di questa città dominata per più un decennio dalla maledizione del “feminicidio”, nella quale i mariti dicono alle mogli “attenta o ti porto nel deserto”, dove un muro solido di omertà pare legare a doppio filo polizia, narcos, multinazionali, politica locale e federale.
Dove i negozi di souvenir vendono portachiavi e ciondoli di gomma rosa scuro a forma di capezzolo di donna.
A indagare su questo efferato serial killing, giusto qualche giornalista, ma indagare su Ciudad Jarez può rivelarsi molto, molto pericoloso: ed in ogni caso le denunce, i dossier, le mobilitazioni delle associazioni umanitarie che organizzano manifestazioni di protesta sulla riva del fiume che guarda a El Paso – e alle quali i familiari delle scomparse vengono sconsigliati a partecipare – tutto pare cadere nel nulla.
Nello svolgersi della vicenda vengono effettuati degli arresti: in particolare, con la cattura di un egiziano, Omar Latif, sembra che si possa venire a capo della catena di sparizioni e omicidi e quando le ragazze continueranno a sparire si dirà che sono i complici dell’egiziano che agiscono per suo ordine impartito dal carcere, oppure è colpa dei Toltecas, una delle feroci gang giovanili che agiscono pressoché incontrastate nella periferia urbana.
Le cose certe, in questa vicenda, sono poche e tutte legate alle vittime: ragazze intorno ai vent’anni, graziose, minute scomparse preferibilmente la sera al ritorno dalla fabbrica.
Ossa nel deserto traccia un ritratto inquietante e di grande respiro, cercando di essere dalla parte delle vittime e cercando di trovare una motivazione plausibile alla vicenda: le ipotesi che pian piano vanno delineandosi sono di mastodontica portata. Ne esce una sorta di catena di montaggio del serial killing organizzato che, partendo dall’omicidio a sfondo razzista e sadico, va ad alimentare il mercato degli snuff movies, del satanismo e del mercato degli organi.
E mentre le ragazze muoiono, gli assassini, i molti assassini, camminano liberi e impuniti.
Come spesso accade con gli autori americani di lingua ispanica, Gonzales Rodriguez costruisce una narrazione spesso eccessiva, sicuramente scioccante, d’effetto: nella ricostruzione di questo gigantesco omicidio seriale nessun elemento, nessuna figura, nessun personaggio viene tralasciato in una iconografia cui siamo ormai abituati. La lettura talvolta si appesantisce nella ricostruzione dei dati, nella puntigliosa ricerca del taglio giornalistico, nel racconto dei parenti delle vittime e a un certo punto si raggiunge un livello di saturazione che farebbe venir voglia di abbandonare la lettura se non fosse per un ottimo, agghiacciante motivo.
Come spesso avviene per le storie del continente americano di lingua spagnola, ciò che si racconta di Ciudad Juarez, stato di Chihuahua, frontiera con El Paso, Texas, è una storia vera.
È accaduta, accade, accadrà domani.
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