Prendete una giovane donna che nasce in Inghilterra da padre indiano e da madre tedesca, che si trasferisce negli Stati Uniti a cinque anni, pur mantenendo il passaporto britannico, e che più tardi per alcuni anni vive in Giappone; agitate il tutto per alcuni secondi e avrete Sujata Massey che ha avuto la fulminante idea nella seconda metà degli anni Novanta di scrivere mystery: ma non banalmente ambientati nella terra d’origine o in quella d’elezione bensì nel misterioso ed esotico Giappone, meno conosciuto nel circuito internazionale del noir.

Dal 1997 a oggi ha pubblicato nove romanzi dedicati alla giovane nippoamericana Rei Shimura, antiquaria con l’hobby dell’investigazione, di cui Fiori neri rappresenta la terza avventura, ambientata a Tokyo nell’ovattato e (apparentemente) delicato mondo delle scuole di ikebana.

In realtà, come in ogni comunità di tutto il mondo, dietro le tranquille e composte apparenze della Kayama School, frequentata da signore giapponesi, ma anche da ricche occidentali con il problema di occupare il tempo, si celano i soliti scheletri: il temutissimo direttore Masanobu Kayama viene scoperto mentre si intrattiene con una sposatissima e matura allieva della scuola; sua figlia Natsumi ha un look molto aggressivo e flirta spesso con l’alcool; suo figlio Takeo invece ha abbracciato il credo ambientalista di una frangia di verdi locali che vuole boicottare l’importazione di fiori recisi dalla Colombia coperti di pesticidi cancerogeni: nel frattempo però ha modo di incrociare la bella Rei Shimura, che segue la scuola per far contenta sua zia Norie, e, tra un omicidio e un tentativo di avvelenamento dell’antiquaria, scocca pure la scintilla amorosa tra i due.

Avrete capito che l’intreccio è un bel po’ datato: l’investigatrice dilettante che gioca di sponda con un benevolo tenente di polizia; la famiglia altolocata con i suoi segreti; i rapporti formali che celano pericolose stoccate (e non solo metaforiche) tra i protagonisti.

Sujata Massey
Sujata Massey
Un intreccio complesso che alla fine rivela il responsabile degli omicidi che è naturalmente il meno sospettabile, ma sicuramente il meno carismatico. Tutto già visto, tutto già letto.

Senonché l’astuta Massey sfrutta i pochi anni trascorsi in Giappone per seminare a piene mani esotismo ambientale: i complicati rituali dell’ikebana; il formalismo dei rapporti interpersonali; la fioritura dei ciliegi; un certa tetraggine metropolitana che non fa distinguere Tokyo da qualsiasi altra città occidentale. Beh, certo poi c’è qualche tocco di modernità: gli ambientalisti da sbarco; i nippoispanici che aumentano la loro presenza in Giappone; una relazione gay di un amico di Rei, Richard, vissuta da tutti suoi conoscenti coetanei (Rei inclusa) con la massima apertura mentale.

Il mix però non convince. L’autrice sembra aver deciso a tavolino un certo numero di ingredienti (alcuni quasi prossimi alla scadenza – quelli risalenti agli anni Trenta – e altri precocemente invecchiati) e di insaporire il tutto con l’ambientazione giapponese. Tutto ciò può bastare (forse) per un lettore veloce e distratto (è un caso che l’autrice sia stata pubblicata in Italia nel Giallo Mondadori e non in edizione rilegata?), ma non appaga chi è abituato da anni, in Italia, in Europa e in America Latina, a veder coniugare mystery, thriller e noir con un retroterra geografico, storico e sociale di ben altro spessore.

Prova insipida, quindi, destinata a lettori di bocca buona. Cioè quelli che non frequentano questa rubrica. O no?

 

Voto: 5