Dopo aver assistito alla presentazione del loro thriller a Milano, il 20 maggio alla libreria del Giallo, ho raccomandato a un mio caro amico (che vuole rimanere misteriosamente anonimo in stile thriller) di non perdersi quella tenutasi poi a a Roma il 23 maggio alla libreria Suspense. "Non te ne pentirai" gli avevo detto e così sono riuscita a convincerlo.
La cosa più sorprendente è che, a distanza, di alcuni giorni, sono riuscita a raccogliere le sue impressioni e a ricostruire un vero e proprio reportage della presentazione.
Riporto di seguito la sua testimonianza, utile, senza dubbio per chi volesse saperne un po' di più di questo romanzo.
"Con un pò di curiosità ci sono andato e mi sono ritrovato in una piccola, ma elegante libreria, immersa in un altrettanto elegante quartiere di Roma, in via Ceresio. La calda serata romana, che sembrava anticipare un'estate afosa che in realtà nei giorni a seguire si è dissolta, mi ha fatto anche gustare l'aria condizionata che i gestori hanno intelligentemente attivato, tanto per confermare che la cortesia qui è squisitamente di casa. Del resto lo spazio era affollato di persone, al punto che alla fine non c'erano nemmeno più posti a sedere e la gente doveva rimanere in piedi appoggiata ai libri allineati in perfetto ordine sugli scaffali. Non so bene se grazie al tam-tam fatto dall'editore e dagli autori, oppure semplicemente per una coincidenza dettata dal caso, sta di fatto che l'atmosfera era sicuramente “calda”, grazie alla partecipazione attiva e al clima famigliare e conviviale che si gustava. Per fortuna non ero finito in una delle solite presentazioni seriose e quasi tragicamente fantozziane a cui avevo assistito recentemente in altre occasioni, con la libraia che a volte addirittura sembra infastidita dalla presenza del pubblico e attacca gli autori per dimostrare che lei sì che se ne intende...
Adesso mi accorgo di non aver ancora citato né il nome del libro, né quello degli autori e dell’editore! Scusatemi, rimedio subito: stiamo parlando del thriller Il F@raone, scritto da una coppia di esordienti (da un punto di vista letterario ma non genetico, considerato che viaggiano entrambi sulla cinquantina…) - Massimo Albani e Renato Valentini - pubblicato da una piccola casa editrice torinese: L’Ambaradan (www.lambaradan.it).
Di che cosa parla questo libro? Prima di venire all’incontro, non avendolo letto, ho cercato di documentarmi su Internet, inizialmente sul sito dell’editore e poi collegandomi ad uno delle migliaia di link che ho visto apparire sul mio motore di ricerca. E ho così scoperto che Massimo e Renato fanno di mestiere i manager di una grande azienda di telecomunicazioni. Questa è bella: due ingegneri che si mettono a scrivere un giallo, che onestamente mi si presentava all’inizio come uno zibaldone di molte cose mescolate tra loro: magia e tecnologia, esoterismo e antico Egitto. La solita moda trita e ritrita nel filone d'attualità che ha avuto come iniziatore Il Codice da Vinci di Dan Brown. Insomma ero un po’ “prevenuto”.
Però la splendida introduzione del moderatore dell'incontro, il giornalista di professione Massimiliano Cannata, mi ha fatto intravedere un mondo completamente diverso, dietro “il velo di Maya”, secondo le sue stesse parole. Con la sua oratoria raffinatissima e a tratti lirica, ci ha condotto con mano sapiente negli interstizi del libro, non già raccontandocelo (essendo un thriller meno si svela e meglio è), ma facendocelo vivere come protagonisti.
E’ bello sapere che è possibile creare, lasciare traccia di sé, senza necessità di doti o talenti particolari che non siano la creatività e la determinazione. E’ bello vedere come ci si può raccontare, come sia possibile narrare di sentimenti e passioni umane in un giallo che teoricamente dovrebbe avere una logica di solo intrattenimento. E' interessante capire dalle parole dell'editore stesso, Roberto Forno, presente all'incontro, le ragioni che spingono una piccola casa editrice a credere e a pubblicare un romanzo del genere, pur sapendo che il settore appare inflazionato.
La storia si apre a Torino nell'autunno del 2005. Più precisamente a ottobre, un mese carico di tensione e inquietudine, visto che da tempo la cronaca non parla d’altro se non dell'assassinio di un giovane tecnico informatico, ucciso nel suo laboratorio dove stava mettendo a punto un innovativo sistema wi-fi per il Museo delle Antichità Egizie. Una morte avvolta nel mistero, come succede nei più classici dei thriller, ma che cela dietro di sé inaspettate macchinazioni esoteriche e strane miscele chimiche. Ed ecco che la magia degli Egizi, tramandata dall’antica forza dei Templari, si intreccia a interessi e linguaggi legati ai giorni nostri.
“La storia è ben costruita. La descrizione dei fatti è puntuale, con un timbro psicologico. Fatti e situazioni scorrono con un buon ritmo, la realtà colta nella sua trasformazione offre imprevedibili spunti ai due autori che compiono un’opera di trasfigurazione, arricchendo i luoghi reali di segni, allegorie e simboli.
Il fascino della magia si incarna nella figura di Tuthmosis III, il Faraone da cui promana la suggestione dell’immortalità, che proietta una luce metafisica sui tanti fatti e avvenimenti che dominano il racconto. La scrittura segue il volo della creatività, ogni spunto e riferimento alimenta il meccanismo dell’invenzione, dell’aggettivazione originale, dell’intrigo sottile, dello scambio di ruoli e identità.” (Massimiliano Cannata)
E' divertente, sentire dagli autori stessi come l'idea sia nata e si sia poi sviluppata. Roma, in questo caso, è stata determinante, perché è lì che si accese la scintilla tra i due colleghi e amici, durante una cena di lavoro in cui è stato pensato il plot del libro. Mentre Albani ne imputa la causa alla ritrosia di affrontare i soliti argomenti di discussione, centrati quasi sempre sull’accoppiata “donne e motori”, Valentini asserisce che la scintilla quella sera era più probabilmente dovuta al tasso etilico che aveva nel sangue.
Incuriosisce infine il modo in cui il libro si sia poi sviluppato, abbia preso forma e sostanza attraverso un metodo che ha mescolato razionalità e creatività, voglia di raccontare l’immaginifico e costanza quasi “alfierana” nel raggiungere gli obiettivi. Con i due autori che scrivevano separatamente per poi condividere in Internet il lavoro, seguendo un metodo preciso e, considerata la provenienza di entrambi, potrei dire “Ingegneristico”. Dicono di essersi visti fisicamente solo una volta, alla fine, mentre tutto il resto del lavoro è stato fatto da remoto.
Di certo Albani e Valentini godono di quella che si può citare come “affinità elettiva”, perché solo così avrebbero potuto creare l'opera. Si è mescolata quindi la creatività di Valentini alla ricchezza della tecnica stilistica di Albani, il gusto per la magia e l'esoterismo del primo al desiderio di raccontare i sentimenti e le passioni umane del secondo. Il cemento è stata la tecnologia e la voglia di tracciare un qualcosa di diverso nelle loro vite.
Le molte domande di un pubblico che capiva di essere in sostanza molto vicino agli autori, hanno riempito velocemente lo spazio, facendo capire alla fine che il tempo è veramente tiranno. Già, il tempo! Mi sono dimenticato di dirvi che è uno dei “personaggi principali del libro” che vive su piani temporali diversi ma intrecciati, assumendo in pieno l'attributo di relativo e non assoluto, come da einsteniana memoria.
Quel tempo che si insinua anche nel titolo del libro, che coniuga la parola “il faraone”, di sapore antico, con la @ che ci lega al mondo attuale delle nuove tecnologie. Non è neanche un caso l'utilizzo dell'articolo determinativo: infatti l'altro grande personaggio del libro è il Faraone Thutmosis III, lui e non altri. Perché è stato scelto proprio lui, ce lo spiega con l'enfasi di un erudito egittologo Albani, facendocelo quasi amare sia come persona che come uomo di stato, fino ad animare la speranza di poterlo votare alle prossime elezioni, se solo si presentasse sulla scena al posto delle mezze cartucce che si mescolano nello scenario politico attuale.
Vi lascio con un ultimo invito da parte degli autori: alla domanda su che cosa aveva lasciato loro questa esperienza, la risposta è stata data utilizzando un proverbio cinese «se ci scambiamo una moneta, ognuno di noi due rimarrà con una moneta, se ci scambiamo un’idea, avremo ciascuno due idee. "Si sono arricchiti, Albani e Valentini, di una moneta coniata con un materiale ben più importante dell’oro o del platino, a quanto pare…"
Insomma, sembra proprio che la presentazione abbia colpito nel segno e mi auguro che tutti coloro che hanno assistito alla presentazione siano stati colpiti favorevolmente dal romanzo.
Un unico rammarico: è stato proprio un peccato non aver potuto esserci di persona ma un reportage come questo mi fa sentire come se davvero fossi stata lì.
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