Diceva Myamoto Musashi - imbattibile spadaccino, stratega e poeta del 1600 giapponese - che il buon comandante, lo schermidore e il carpentiere (e io aggiungo lo scrittore) anche se dotati di talento naturale devono conoscere alla perfezione il proprio mestiere, gli strumenti che usano e i materiali impiegati. Musashi aveva ragione, quando a trent’anni, decise di abbandonare la via della spada perché non c’era nessuno in grado di batterlo scrisse Il Libro dei Cinque Anelli che è ancora oggi uno dei massimi trattati di strategia, compose poesie e dipinse splendidi acquerelli seguendo sempre la stessa ispirazione che lo aveva portato a eccellere nella spada. E, credo, anche lo stesso metodo di lavoro.
Al di là della mia passione per la spada giapponese, credo che nell’attività di narratore (definizione che ho già detto preferisco a quella di “autore” o “scrittore”, troppo pompose) sia importante soffermarsi su alcuni meccanismi tecnici della creazione. Rifletterci potrà essere utile a quanti si cimentano, magari per la prima volta, con il racconto o il romanzo, magari partecipando a Colpi di Sole o alle altre iniziative di ThrillerMagazine che, non dimentichiamolo, sono una finestra importante, una buona palestra e non vanno sottovalutate…
Si avvicina l’estate per cui cerchiamo di affrontare l’argomento in maniera piacevole e non didascalica. Mi fa piacere, in questa mia anima di Stephen Gunn che sempre più s’avvicina a quella di Di Marino, parlare di quei meccanismi che ci permettono di creare un serial popolare, o almeno di quella che è stata la mia esperienza. Personalmente ho letto decine di serial sui Gialli, su Segretissimo, e anche nei fumetti, e sono sempre stato favorevole a questa forma di racconto, pur scrivendo anche numerosi romanzi “singoli” o magari anche legati da una continuità.
Qui, se si trattasse di un dibattito, mi piacerebbe chiamare in causa il mio amico Altieri che di cinema e produzioni di questo tipo se ne intende per fare un paragone. Pensate al vostro romanzo come a un film. Il romanzo singolo è un vero e proprio film per il cinema. Se poi avrà anche un seguito o si serializzerà dipenderà dal successo della singola storia e comunque - salvo in alcuni particolarissimi casi - se mai produrrete un’altra avventura coni vostri protagonisti sarà un’altra storia, un’altra fase della vita dei vostri personaggi. Nel serial televisivo che io considero molto simile al telefilm avete la possibilità di programmare in partenza un certo numero di episodi che, seppure autoconclusivi, riproducono tutto il mondo del vostro personaggi, ripetono alcune situazioni, si servono di comprimari e location. Non considerate tutto ciò un ostacolo. Ritrovare luoghi e personaggi vi può solo essere d’aiuto, fornire spunti che starà a voi rendere originali.
In questa prima fase della nostra trattazione, ancor prima del personaggio e della struttura delle storie, vorrei attirare la vostra attenzione su un altro fattore d’ispirazione che è utilissimo nei serial ma, in verità, costituisce la base per tutta la produzione di uno scrittore.
La Mitologia. Permettetemi di citare Quentin Tarantino anche se so che a molti di voi non piace e sembra solo un pallone gonfiato (e qui forse c’è una piccola verità…). Spesso parlando delle sue opere ultra citazioniste (questo è un altro problema che vedremo in seguito ma che è correlato all’argomento attuale) Tarantino fa riferimento ad autori giapponesi o di Hong Kong, ma anche di italiani, insomma a tutto un repertorio di genere da cui attinge. Parla esplicitamente di mitologia dell’autore.
In tal senso intendo che ogni narratore parte da un suo immaginario, spesso mutuato dai suoi gusti e quindi da produzioni di altri autori o anche da esperienze personali, in cui si delineano luoghi, oggetti feticcio, stili narrativi, figure archetipe.
La differenza tra chi scopiazza senza avere una idea precisa in testa e chi attinge da una mitologia più ampia rileggendola in maniera originale sta proprio qui.
L’assassino solitario, la dark lady, il fascino della città di notte, sentimenti come la vendetta, l’onore o la mancanza del medesimo sono tutti stereotipi. Ci è richiesto di sceglierne alcuni e farli propri e, da qui, costruire il nostro universo con le sue regole.
È un palcoscenico che sta alle spalle del personaggio e delle vicende che vive e dal quale emergono luoghi e personaggi, persino situazioni coerenti con la visione che l’autore vuol dare del suo lavoro.
Ora la formazione di questa mitologia è importante sia per il singolo romanzo ma diventa fondamentale per chi scrive serie e magari deve sfornare diversi episodi l’anno. Per quel che mi riguarda posso dire che, per fare un esempio noto a molti lettori, Chance Renard il Professionista nasce da una precisa mitologia, il personaggio stesso ne è un’emanazione e tutto ciò che gli capita durante la sua lunga carriera è un riflesso di questo sfondo.
Per dirla meglio la mitologia di base da cui nasceva Il Professionista era frutto di tentativi e studi antecedenti e non è difficile ravvisare, soprattutto nella mia produzione dei primi anni 90, temi e interessi ricorrenti.
Prima di tutto Il Professionista è un serial di spionaggio ma ha caratteristiche sue, legate all’avventura classica e si collega con la mia passione per il racconto d’intrattenimento franco-belga, tratto da film-fumetti-romanzi. Tutto ciò però era visto dagli occhi di un italiano. Non ho mai pensato di scrivere una “via italiana” alla spy-story, piuttosto europea. In particolare sentivo una particolare attrazione per la Corsica che mi pareva una via di mezzo tra il classico polar francese, l’Italia e certe radici (innegabili) della narrativa d’azione anglosassone. Poi c’era la mia personale passione per l’Oriente, le mie esperienze di viaggio, le arti marziali. Tutti questi elementi, se ci guardiamo bene, si ritrovano in Lacrime di Drago, in Pista cieca, in Sopravvivere alla Notte ma acquisiscono una loro coerenza nel tempo proprio nel Professionista.
C’è il mito della Legione, la Corsica e i suoi banditi, mescolati con personaggi e luoghi visti e fotografati. Il mondo di partenza delle avventure del Professionista nasce da tutte queste influenze rilette e rivedute. Presto abbiamo visto il Professionista a Parigi, una città in cui mi sento a casa e che frequento molto regolarmente. Dapprima qualche accenno, abbiamo visitato l’abitazione vera e propria di Chance in rue de LaRochefocauld, i bar, i night, insomma tutto un mondo che va delineandosi con facce (l’indimenticabile Barontini che, per la verità, è un amico genovese) mescolati assieme. Sono dettagli che magari appaiono all’inizio del racconto ma che forniscono al personaggio uno spessore che non ha bisogno di essere raccontato e citato ogni volta. Sono là dietro, chiunque li vede e può attingere dalla “propria” mitologia se ha condiviso parte del percorso dell’autore,immaginando legami, sottili fili che è sufficiente suggerire. Qui sta la differenza con il prodotto che cita pesantemente, in maniera didascalica con la scusa di informare il pubblico medio. Al di là dell’osservazione che giustamente faceva Mauro Smocovich tempo fa sul Forum che sulla definizione di pubblico medio dovremmo disquisire, non siamo qui per istruire le masse. Se cito un personaggio o un film e lo faccio trasversalmente l’accenno può sfuggire a chi non è edotto nella materia. Fa niente. Gli ho sempre suggerito qualcosa, ho aperto una finestra senza costringerlo a guardarci dentro. Però almeno un accenno di quel panorama l’ha visto. L’importante, alla fine, è la storia stessa non la lezioncina sul cinema noir che devo impartire. Se invece il lettore riconosce l’accenno penso che mi sarà grato per avergli schiuso una chiave di lettura che potrà utilizzare in un secondo momento.
Un altro punto importante. La mitologia di un narratore e della sua serie cambia con il tempo. Nei primi episodi del Professionista certe influenze erano molto più marcate. Dopo undici anni è rimasta certamente traccia di quella sfumatura francofona, orientale degli esordi ma nuovi interessi si sono affacciati in chi scrive e la mitologia si è arricchita. Abbiamo visto scenari più europei, la storia dei paesi slavi e, recentemente ho sperimentato un “ritorno” ad ambienti italiani che vedrete nei prossimi romanzi. Questo per dire che anche questo importante elemento, la mitologia, non è fermo e immutabile ma progredisce con l’ampliarsi degli orizzonti di chi scrive. Se vogliamo l’abilità, o la difficoltà, sta nell’amalgamare ciò che è venuto prima con i nuovi elementi. L’obiettivo è quello di rendere più variegato lo sfondo, suggerire cambiamenti che, senza sottolineature, riflettano il modo in cui cambia un personaggio nel corso degli anni. A titolo di esemplificazione vedremo nei prossimi appuntamenti di questa rubrica come si è organizzata questa mitologia di base del professionista. Parleremo di Corsica e di Parigi, tanto per cominciare. Vedrete appunti e fotografie che nella stesura dei racconti hanno trovato solo fuggevoli citazioni ma che sono state importanti per tracciare, nella mia mente, prima di tutto il retroterra delle avventure.
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