..Errori nella quinta cifra dopo la virgola…

Un attimo, gli errori di misurazione non sono mai irrilevanti….

La misurazione è un’arte nobile…Una responsabilità che non si può prendere alla leggera…. … Una collina di cui non si conosce l’altitudine è un’offesa per la ragione e mi inquieta. Senza esaminare costantemente la propria posizione, nessun uomo può progredire. Non si lascia ai margini del proprio cammino un mistero, per quanto insignificante.

Quel che non si conosce è, quindi, un mistero. E incute timore. E quando si ha paura delle cose, bisogna misurarle. I numeri, infatti, non sottraggono una persona dalla realtà: al contrario, gliela rendono più chiara e manifesta. Perché numeri esorcizzano il disordine. E questo è il vero mistero dell’esistenza di ciascuno: trovare la giusta misura di sé e di quanto ci circonda.

Qualcuno ci ha provato. Non è semplice. Fondamentale, per esempio, è lo stato d’animo…. Perché … non era facile calcolare una curva di crescita esponenziale se si era nervosi e con il mal di pancia. Oppure, immaginate una serata di gala, in vostro onore: trecento persone. Tante quante…. potreste incontrare in un anno e sette mesi, se conducete vita dimorata e schiva (tipo, rinchiusi in un osservatorio astronomico). La tentazione di fuggire è sovrastante. La metà degli uomini è in uniforme, un terzo ha i baffi. Solo un settimo degli astanti sono donne, solo un quarto di esse sotto i trenta, e solamente due non brutte… Ecco a che cosa conduce il prendere le misure!

Per due intraprendenti tedeschi di fine Settecento, la misurazione è qualcosa come una missione. Una sfida per fugare il dubbio e l’incertezza del proprio stato. E forse anche la paura della noia. L’uno, matematico e astronomo Karl Friedrich Gauss, è conosciuto come il “Principe dei matematici”: per i contributi molteplici dall’aritmetica alla geometria. Una vita fra numeri e curve femminili (persino la notte di nozze, quello lo incalzano, rivelandogli, nel culmine dell’amplesso, come si potessero correggere gli errori di misurazione dell’orbita dei pianeti; correzione che egli, prontamente, appunta, interrompendo le operazioni amatorie): senza essersi pressoché mosso da Gottinga, egli intuisce, per primo, la curvatura dello spazio.

L’altro, Alexander von Humboldt, è un geografo e un esploratore: ha viaggiato i Sud America e risalito il corso dell’Orinoco, fino al Rio delle Amazzoni. Conoscitore della natura, nei suoi aspetti antropologici e inanimati, e un naturalista ante litteram (Darwin sarebbe arrivato solo qualche decennio più tardi), è uno spirito curioso per eccellenza: ha navigato orientandosi con la bussola, affrontato tempeste e presunti mostri marini, schiacciato i pidocchi sul capo degli indigeni, schivato cannibali, sorbito veleni come il curaro, asceso montagne e sfidato vulcani in eruzione.

Anziani, famosi (Napoleone non avrebbe bombardato Gottinga per riguardo a Gauss!) e un po’ imbolsiti, i due si incontrano a Berlino nel 1828. Sotto il carico dei disordini postnapoleonici, in balia di fisime e acciacchi (peculiari dell’età), i due si trovano a fare i conti con i ricordi che, a differenza delle calcografie e delle lettere, non riportano una data. E con una ritrovata ansia di riprendere a misurare. Come esorcismo, questa volta, di fronte al nulla e alla morte. Perché anche questo fa parte di un mistero, che sfugge qualunque traduzione numerica.

Ironico e umoristico, La misura del mondo è una cavalcata filosofica e un gorgogliare di aneddoti e storie nella storia principale. Scritto con leggerezza e sorriso intellettuale. Ammiccante e bonario, depone i “grandi” del Settecento (Kant e Goethe inclusi) giù dal piedistallo e li consegna al lettore nella loro dimensione umana, come personaggi di una commedia. Un romanzo denso di energia, che trascina fin nei meandri dello spazio curvo, attraverso la foresta amazzonica e la steppa russa

Trent’anni, nato a Monaco di Baviera e laureato in filosofia, Daniel Kehlmann ha già vinto numerosi premi letterari, al punto da venir considerato, in Germania, uno dei più importanti autori degli ultimi decenni.

Le linee sono ovunque. Sono un’astrazione. Là dove c’è spazio, ci sono le linee. Karl Friedrich Gauss