Fino a quel momento aveva cercato di resistere all’arsura per timore di interrompere gli uomini che parlavano là fuori, come per allontanare il momento in cui sarebbero rientrati nella capanna e lei non avrebbe più potuto ignorare le loro intenzioni, qualsiasi esse fossero. Aveva relegato il timore più grande in un angolo della mente, concentrandosi sul presente, sul dolore della corda che le tagliava i polsi, sulle membra indolenzite, sullo sporco e l’unto che le restava appiccicato alla pelle. Ma il terrore dello stupro e della violenza continuava a fare capolino, a premerle sui polmoni, togliendole il respiro.
Improvvisamente, non ne poté più.
«Water», gridò. Come accidenti si diceva acqua in quella lingua? «Please. Drink».
Percepì un movimento fuori dalla capanna. Poi qualcuno entrò e le si avvicinò.
«Uotiu uòn?».
«Acqua. Per favore».
L’uomo era scalzo. Indossava solo un sarong a quadretti blu. La guardò senza parlare, poi sparì. Ritornò qualche minuto dopo con una bottiglia di plastica. Si inginocchiò e gliela avvicinò alla bocca.
Lei guardò la bottiglia, esitando. Forse non l’avrebbero ammazzata. Forse sarebbe morta prima di tifo.
«Boiled and filtered», disse una voce. Bollita e filtrata.
La sorpresa la fece sussultare, e un po’ d’acqua le si versò sul petto. Voltò il capo e riuscì a distinguere il profilo di un altro uomo, stagliato contro il quadrato di luce dell’ingresso. Sembrava avere i capelli chiari. Biondi. Ma forse erano solo bianchi. Difficile a dirsi in controluce.
L’uomo fece un passo ed entrò nella capanna. «Beva. Non aveva sete?».
Il suo inglese aveva una traccia appena percettibile di accento tedesco. Rinunciò a porsi domande a cui non avrebbe saputo dare risposta e appoggiò le labbra all’imboccatura della bottiglia. Rovesciò il capo all’indietro e bevve, un sorso, poi un altro, più lungo.
Si strofinò la bocca e il mento contro la spalla alzata, asciugandosi, e tornò a guardare l’uomo. Si era avvicinato e, pur restando in ombra, aveva smesso di essere solo una sagoma controluce. Indossava una maglietta sbiadita e lacera, pantaloni corti e scarponcini. Ed era occidentale. Capelli e barba lunghi. Biondi, non bianchi.
«Perché mi avete portata qui?».
«Ha fame?».
Non era una risposta, pensò. Ma non protestò. Invece, fece cenno di sì col capo.
Il biondo si voltò verso l’indonesiano e disse qualcosa che suonò come un ordine. L’indonesiano si alzò e uscì, camminando con la schiena china in avanti e il braccio teso verso il basso, il palmo della mano aperto che quasi sfiorava il terreno. Un gesto che aveva visto fare nei villaggi e che probabilmente indicava rispetto.
Una zanzara le ronzò vicino all’orecchio. Scosse il capo bruscamente, per allontanare l’insetto. L’uomo era ancora in piedi, lo sguardo perso nel vuoto.
«Chi è lei?», gli chiese. L’uomo non rispose.
«Cosa volete da me?», chiese ancora, con minor convinzione, quasi rassegnata a non avere risposta. L’uomo continuò a tacere e dopo un po’ lei si strinse nelle spalle e lasciò perdere.
Restarono in silenzio, lei a guardarlo di sottecchi, lui a occhi quasi chiusi, finché entrò una donna in sarong e corpetto nero, senza maniche. Portava sul capo un vassoio di metallo con coperchio di vimini rosso. Si acquattò e tolse il coperchio, rivelando un piatto con riso bianco, foglie verdi, bollite, e un uovo fritto, e una ciotola con dell’acqua. L’uomo dai capelli chiari sussurrò qualcosa alla donna che annuì, tirò fuori dal sarong annodato un coltello con il fodero di legno, glielo porse, poi se ne andò.
L’uomo fece due passi avanti, si chinò e tagliò la corda che le legava i polsi.
«Mangi», disse.
L’ondata di riconoscenza che la travolse la colse di sorpresa. Assurdo. L’avevano catturata e imprigionata come fosse una bestia e ora, solo per un sorso d’acqua e una manciata di cibo sporco, si sentiva commossa fino alle lacrime. Un attimo dopo capì che non era per il cibo che le veniva dato che il suo corpo tremava di gratitudine nei confronti del suo carceriere. Piuttosto, per la violenza che le era stata risparmiata. Anche se non sapeva per quanto tempo ancora. Si strofinò i polsi arrossati.
«Mangi», ripeté l’uomo in tono più deciso.
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