Una trentina d’anni fa, quando Il Giallo Mondadori era ostinatamente anglofilo, ogni tanto appariva qualche autore eccentrico (uno spagnolo lì, un polacco qua) che durava lo spazio di una settimana e poi veniva inghiottito dalla ferrea linea editoriale della collana e dall’indifferenza di un pubblico ormai da decenni assuefatto solo a produzioni d’Oltremanica e d’Oltreoceano.
Nel 1971 Anders Bodelsen, danese, poco più che trentenne (ora ha al suo attivo una dozzina di gialli a partire dal 1968), fece dunque la sua prudente comparsa sul mercato italiano, primo di quella schiera di autori “vichinghi” che avrebbero costituito nei decenni successivi una gran parte del noir internazionale venduto nel nostro paese: i coniugi svedesi Sjöwall & Wahlöö sarebbero apparsi per i tipi della Garzanti solo qualche tempo dopo. È interessante sottolineare la strategia di mercato adottata dalla casa editrice nell’occasione: innanzi tutto il romanzo Buon appetito, Borck! (solito titolo mondadoriano dell’epoca, fantasioso e poco rispettoso dell’originale, a differenza di quello dell’edizione del Reader’s Digest) venne inserito nella sottosezione Serie Nera, per differenziarlo cioè, a gli occhi del pubblico, dal poliziesco classico a cui era abituato; in secondo luogo in quarta di copertina venne sottolineato che il noir aveva vinto il premio danese l'Alloro d’Oro (con richiamo sulla prima e all’inizio del romanzo) e che aveva avuto un’immediata traduzione cinematografica. Non contenti i redattori sistemarono, sotto il canonico elenco dei personaggi, ben tre entusiastici commenti, tratti da articoli internazionali.
Era evidente persino ai digiuni di marketing che i dirigenti della collana dovevano nutrire seri dubbi sulla tenuta editoriale del romanzo in Italia.
Il fatto che il romanzo, come vedremo, avesse tutte le carte in regola per camminare sulle proprie gambe (e oggi potrebbe essere pubblicato, in qualsiasi collana di raffinati noir, da Marsilio o da Guanda) non contava: il lettore doveva essere condotto per mano dopo lo spavento provato nel vedere in edicola un E.T. proveniente dal Grande Nord.
La storia si può riassumere nell’apparente scalata al Paradiso di un uomo-massa del nostro tempo che ben presto però si trasforma in una tragica discesa all’Inferno. Il protagonista è un grigio cassiere, Flemming Borck, un padre in casa di riposo, single, impiegato in una grigia banca (in cui i vari maschi si contendono i favori dell’unica donna, Miriam) in un grigio sobborgo di Copenhagen: casualmente egli scopre i preparativi per una rapina messi in atto da un pregiudicato non particolarmente brillante e deciso e da quel momento, con una progressione che ricorda alla lontana certi meccanismi della tragedia greca (non a caso Bodelsen si qualifica come scrittore “tout court” e non solo di genere), Borck decide di assecondare il caso e di prepararsi una via di fuga da quel grigiore: fuga che ha i colori, i sapori e i calori di una terra mediterranea.
L’autore ci mostra con perizia la camaleontica capacità di adattamento del cassiere alla nuova situazione, ma il suo capolavoro narrativo consiste nel far constatare al lettore come anche la realtà socio-economica di quel microcosmo viva quasi di vita propria e si ribelli a un certo punto alla fuga in avanti di Borck: il finale, che naturalmente ci guardiamo bene dal rivelare, assume quindi il sapore di un amaro apologo sull’impossibilità di sfuggire al nostro destino, scritto da qualcuno da qualche parte.
Davvero un peccato quindi che in questi ultimi anni, così fecondi in Italia per il noir scandinavo, nessun editore si sia ancora ricordato di questo autore, antico e misconosciuto missionario in terra d’infedeli di un modo diverso di intendere la narrativa d’indagine.
Voto: 7
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