Il cinema come la guerra, la guerra come il cinema: il secolo che si chiude finisce con la pericolosa prossimità tra l’arte cinematografica e quella bellica. La guerra offre al cinema il teatro dell’umanità in conflitto, lo scontro degli stati e delle nazioni, la rappresentazione dell’umana follia. Come il più squisito cineasta visivo del nostro secolo, Kubrick, aveva perfettamente intuito, c’è una sottile linea rossa che tiene avvinta la logica scacchistica degli eserciti e l’intima illogica aberrazione del concetto di guerra.Il cinema americano ha declinato il termine "guerra" in ogni direzione immaginabile, facendo agire il meccanismo hollywoodiano come serbatoio di propaganda bellica (la Seconda Guerra Mondiale prima di Spielberg e Malick), come luogo della seduta psicoanalitica di massa (il Vietnam), come produttore di metafore polemologiche imprevedibili (la fantascienza d’invasione, la fantapolitica bellica, il thriller internazionale). In questo cinema, dal ’68 a oggi, da I berretti verdi di John Wayne allo sbarco in Normandia del Soldato Ryan, si sono intrecciati temi, figure e ossessioni che formano una costellazione complessa nella quale si sono dati appuntamento antimilitarismo e interventismo, parabola e allegoria, utopia e realismo, apologo e pamphlet. Organizzato in una serie di saggi monografici, Il cinema di guerra americano affronta tutti i capitoli della guerra sul grande schermo, dall’archetipo conflitto in Vietnam alle fantastiche ipotesi degli scontri interstellari, dai protagonisti dei sottogeneri (l’ufficiale, il gentiluomo, il cronista di guerra) alle possibili seconde guerre civili.
Il Cinema di Guerra americano 1968 - 1999 di Andrea Giaime Alonge - Roy Menarini - Massimo Moretti - (Le Mani, 1999) - pp. 232, euro 12,39 - ISBN 88-8012-118-9
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