Legata a Firenze da motivi sentimentali, Silvia Tessitore - giornalista free lance di Caserta, che oggi vive e lavora in Toscana - decide un giorno preciso di scoprire perché, dieci anni fa, la mafia colpì la Torre dei Georgofili e il Museo degli Uffizi, facendo enormi danni, cinque morti e più di cinquanta feriti. Come tanti, ha di quei fatti un ricordo sbiadito: vuole saperne di più. Tra cronache ufficiali e personali, attraverso libri, giornali, trasmissioni tv e passeggiate nella Firenze di oggi, l’autrice rivive una storia di bombe e di lutti che intreccia Tangentopoli, la riforma maggioritaria del voto, la nascita di nuovi movimenti e formazioni politiche. La storia che a mano a mano si delinea - scandita da una passione civile libera da ogni pregiudizio - tocca così da vicino l’Italia di oggi da suggerire più di un motivo di riflessione. Diario della paura inizia da via dei Georgofili, a Firenze: all’1.04 del 27 maggio 1993, la Torre del Pulci - sede dell’Accademia dei Georgofili, antico centro di studi agrari, che compie quest’anno i 250 anni di vita - e un’intera ala del Museo degli Uffizi furono devastati da duecentocinquanta chili di una micidiale miscela esplosiva. Persero la vita cinque persone, l’intera famiglia di Angela Fiume Nencioni (36 anni), dal 1981 custode dell’Accademia: morirono con lei il marito Fabrizio (39 anni, vigile urbano) e le loro figlie, Nadia e Caterina. Nadia aveva nove anni, scriveva poesie. Caterina aveva cinquanta giorni, era stata battezzata la domenica precedente, quattro giorni prima della strage. Morì anche Dario Capolicchio, 22 anni, studente spezzino che abitava nell’edificio di fronte alla Torre. I feriti furono più di cinquanta, i danni al patrimonio artistico incalcolabili.
Solo tredici giorni prima, il 14 maggio, un altro evento aveva destato grave allarme e preoccupazione: il fallito attentato a Maurizio Costanzo, in via Fauro a Roma, al quale scamparono miracolosamente il giornalista, Maria De Filippi, il loro autista e due uomini di scorta. Nella notte tra il 27 e il 28 luglio del 1993, a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, le bombe mafiose tornarono a colpire monumenti e musei: il Padiglione d’Arte Contemporanea a Milano (altri cinque morti), la Basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma. Solo un “incidente tecnico” impedì che quella lunga scia di sangue s’allungasse ai primi mesi del 1994, quando un’autobomba fu sistemata fuori lo stadio Olimpico di Roma durante una partita di calcio: il telecomando che avrebbe dovuto azionare l’ordigno non funzionò.
Ma i tristi fatti del 1993 procedono da un altro anno memorabile, il 1992. L’omicidio di Salvo Lima e le stragi di Capaci e via D’Amelio furono il prologo doloroso di una terribile offensiva terroristico-mafiosa che puntava a eliminare alcuni nemici e a ristabilire antichi privilegi, per “cosa nostra”. Quali erano gli obiettivi della mafia? A cosa mirava veramente “cosa nostra”, per scatenare una campagna stragista di quelle proporzioni? Vi furono ispiratori occulti, “mandanti a volto coperto”, come ancora sostengono i familiari delle vittime? A cercare tra gli avvenimenti recenti, si trovano rimandi inquietanti a quella stagione di lutti e tritolo, e “cosa nostra” né si è arresa, né è stata ancora sconfitta.
Durante il "biennio di sangue" 1992-1993, Silvia Tessitore viveva nella sua città, a Caserta. All'interno di Diario della paura - che, in linea con lo spirito della collana, alterna al racconto "principale" spunti autobiografici - l'autrice rievoca episodi legati alla sua famiglia, ai suoi ricordi di quel difficile periodo, alla sua professione di giornalista, alle sue prime esperienze nel mondo dei libri e dell'editoria (sua attuale occupazione). Alcuni capitoli sono espressamente dedicati alla vita casertana, alla feroce offensiva di camorra seguita al terremoto del 1980 (l'autrice racconta anche di un suo incontro con Raffaele Cutolo, in un'aula del tribunale di Napoli), o alle vicende politiche e giudiziarie che - anche a Caserta - "rovesciarono" la prima Repubblica. Il libro si conclude con il ricordo di due sacerdoti-simbolo della lotta alle organizzazioni criminali - don Pino Puglisi e don Peppino Diana, assassinati l'uno dalla mafia nel 1993 a Palermo, l'altro dalla camorra nel 1994 a Casal di Principe - e con alcune riflessioni su avvenimenti decisamente più recenti.
Silvia Tessitore non offre rivelazioni clamorose né teorie preconcette, in questo Diario della paura, che è dedicato alla memoria del giudice Antonino Caponnetto, fondatore del primo pool antimafia di Palermo, scomparso a Firenze il 6 dicembre 2002: sulla scorta della sua personalissima indagine, l’autrice svolge un “semplice” ragionamento, dettato dalla paura che certi avvenimenti abbiano a ripetersi, e si pone molte domande, domande alle quali nessuno, nemmeno la giustizia, ha ancora dato una risposta definitiva. I fatti sono ricostruiti con ricchezza di dati e circostanze veramente notevole, mentre lo stile appassionato della narrazione - sia quando assume i toni caldi e commossi del ricordo, sia quando assume invece quelli freddi e crudi della cronaca - ci offre una lettura avvincente, a tratti incalzante, di una pagina amara della storia italiana recente. A lungo “voce” e caporedattore di Radio Città Futura e Primarete Stereo a Caserta, Silvia Tessitore ha lavorato per anni come cronista, per Paese Sera e numerose altre testate. Oggi si occupa di promozione culturale ed editoria. Diario della paura è la sua quarta pubblicazione.
Diario della Paura - Da via dei Georgofili la storia di un biennio di sangue di Silvia Tessitore (Zona, 2003) - pp.128 - euro 11 - ISBN 88 87578 62 1
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