"Poche righe per farvi sapere che amo il mio lavoro." Firmato: Jack lo Squartatore.

Londra, agosto-novembre 1888: cinque donne uccise e mutilate nel quartiere di Whitechapel (il quartiere malfamato del "popolo della pattumiera."

La vittima prescelta – prostituta alcolizzata, oltre i trent’anni – e la violenza omicida – decapitazione, parziale o totale, e sventramento – sono, in termini moderni, il biglietto da visita di un serial killer psicopatico. Il quale si aggira, indisturbato, per le vie buie e sudicie, con la complicità della nebbia. Si fa beffa della polizia metropolitana di Scotland Yard, la sfida: circa 250 lettere, spedite fino al 1896 e ritenute autentiche a firma dello Squartatore, sopravvivono negli archivi britannici. Beffarde, sarcastiche: "Vi sbagliate, se pensate che non vi veda", oppure "Riuscireste a ricordarvi di me, se provaste un poco a pensare. Ah, ah". O ancora: "I bei tempi son tornati." In una Londra vittoriana in preda al panico e allo sconcerto, nasce la figura leggendaria di Jack lo Squartatore, la cui vera identità è rimasta un enigma insoluto nella storia criminale.

Con le metodologie più sofisticate al servizio della Medicina legale (esami del DNA rinvenuto su lettere e francobolli umettati o analisi calligrafiche), Patricia Cornwell in Ritratto di un asssassino ricostruisce il profilo psicologico di “Coltello”: sul banco degli imputati è Walter Richard Sickert (1860-1942), pittore, incisore, attore e scrittore, famoso quanto cinico, istrione e violento. Ne tratteggia, con ricchezza di documentazione, la vicenda biografica: dalla presunta sessualità mutilata, a seguito di un intervento ai genitali subìto nell’infanzia, al successo in campo artistico, nonostante un matrimonio fallito e l’incapacità di gestire il patrimonio finanziario. Capelli biondi, occhi azzurri, portamento slanciato, colto e affabulatore per natura: possibile che un’apparenza angelica adombri la più cupa devastazione? Che cosa lo spinge ad aggirarsi per le vie di Londra, nelle ore più impensate della notte? Perché affitta, come atelier, appartamenti, lasciandone all’oscuro persino la moglie? Quale significato si cela nei quadri che raffigurano uomini vestiti e riflessi in specchi, in camere da letto con donne nude e distese su letti di ferro, come fossero scene di un delitto?

Un romanzo avvincente, una storia che si legge come un fatto di cronaca. Cronista di nera, prima e poi analista informatico presso l’Istituto di medicina legale della Virginia, Patricia Cornwell riesuma dal passato dettagli raccapriccianti di corpi offesi impietosamente, mossa dalla convinzione che «i morti vogliano la mia energia vitale e cerchino disperatamente di succhiarla via da me, mentre giacciono sulla strada in un lago di sangue, o su un tavolo di acciaio inossidabile. Ma i morti restano morti, mentre io resto priva di forze. L’assassinio non contiene nulla di arcano e io ho il compito di combatterlo con la mia penna.» Messa da parte ogni remora, la Cornwell parte dall’assunzione di colpevolezza e sviluppa la sua tesi accusatoria nei confronti di Sickert. Il caso è, simbolicamente, chiuso, anche se la sentenza definitiva si è persa con le ceneri dell’imputato, dopo la cremazione. Tutte le vittime, anche quelle successive al 1888 e non identificate, troveranno forse la pace.

Appendice virtuale del libro, il sito www.casebook.org propone moltissimo materiale relativo ai delitti dello Squartatore: dalle riproduzioni delle lettere (buste incluse!), alla biografia delle vittime, o presunte tali, fino alla rassegna stampa dell'epoca con i rapporti ufficiali.