Morte al Malpasso è la ricostruzione di un fatto di cronaca nera nell’Appennino bolognese, sul finire dell’Ottocento: una vicenda incalzante, dai toni vivi dell’epopea popolare.
Lunedì, 14 luglio 1890. Sulla mulattiera del Malpasso, la strada tra Vidiciatico e Chiesina, viene ritrovato cadavere, in stato di putrefazione incipiente per la calura, un uomo sulla trentina, dalla corporatura giusta e la statura di circa 1,72 metri. E’ supino, il capo immerso in una pozza di sangue e la rigidità persistente in tutte le articolazioni.
In vita, si chiamava Giovanni Fiocchi, 29 anni, celibe, fabbricante di forme da calzolaio.
….l’orrido del Bedollo, la strettoia del Malpasso, la mezzanotte oscura, la rivalità in amore, il tradimento dell’amico, gli urli angosciati, il silenzio della morte, la fuga degli assassini, l’incombere di ignoti a custodire il mistero…
Domenica, 13 luglio 1890. Giornata di svago e divertimento, fra un bicchier di vino all’osteria e una festa da ballo in paese. A Vidiciatico, presso l’Osto (osteria che vanta il nome fin dal 1500), scoppia una rissa al termine di una partita a carte. Gelosia di donne e un fiasco che riscalda gli animi. Sono coinvolti Riccardo Roda, un pastore di vent’anni dal portamento fiero, e Giovanni Fiocchi, trasandato nell’aspetto e precocemente impinguito. Con loro, testimone defilato, Cesare Guerrini, un contadino dal carattere introverso. Giovanni sta per sposare la sorella di Giuseppe, Agata, amata in segreto da Riccardo. E questi, d’intesa con Cesare, forse ha in animo di eliminare il rivale.
Dalla contestazione verbale ai fatti è solo questione di ore. La verità, poi, la conosce soltanto il fosso del Bedollo (italianizzazione di un termine dialettale ostico a pronunciarsi). Infatti, nonostante l’autopsia (la cui Relazione di perizia, conservata presso l’Archivio di Stato di Bologna, è riportata in appendice), il ritrovamento dell’arma del delitto (una roncola dalla lama pieghevole, a uncino) il processo e la condanna del Roda, nessuno sarebbe stato in grado di spiegare le ferite alle spalle sul cadavere del Fiocchi.
A partire dall’esame dei fascicoli processuali e dalle testimonianze colorite dei protagonisti, la narrazione catapulta il lettore indietro nel tempo e restituisce la quotidianità e le atmosfere di una società contadina perduta. Ma ancora sentita dall’autore, Galileo Roda, pronipote, per parte di madre, dall’ucciso e parente lontano del presunto assassino, di cui porta il cognome. Una vicenda raccontata con perizia e con il distacco lucido di chi cerca la verità storica e, tuttavia, non può esimersi da un moto di commozione, di fronte al pilastro votivo in pietra serena con Madonna e Bambino, fatto erigere dalla madre a ricordo del figlio ucciso; pilastro che campeggia anche oggi, sulla mulattiera asfaltata.
Galileo Roda, dopo una vita nella scuola, si dedica alla scrittura, con interesse per personaggi e vicende storiche dell’Ottocento emiliano.
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