Dopo l’ultima raccolta di racconti, Andrea Camilleri torna nelle librerie con un nuovo romanzo con protagonista il commissario Montalbano. La pazienza del ragno esce il 30 settembre 2004 nelle librerie e schizza ai primi posti nelle classifiche di vendita.

Il libro fa ritrovare al lettore Montalbano esattamente dove lo aveva lasciato: in convalescenza dopo la ferita d’arma da fuoco ricevuta al termine de Il giro di boa. Camilleri decide di mostrare l’evoluzione del commissario, che prosegue verso la riflessione e l’introspezione.

Come nell’ultimo romanzo, Montalbano si trova sempre più spesso a meditare su se stesso, sulla sua vita, sul suo futuro. Il burbero commissario arriva più volte persino a commuoversi. Insomma viene presentato un personaggio più umano, più fragile ed impaurito.

Anche le situazioni in cui il protagonista si trova ad agire non sono quelle in cui è abituato a vederlo il lettore affezionato.

Da Vigata scompare una ragazza, pare si tratti di rapimento, Montalbano è richiamato in servizio, ma non si trova a dirigere le indagini, bensì solo a coadiuvare un collega, incaricato dal Questore di indagare. Quindi si vede un Montalbano più calato nella sua vita privata, anche perché, accanto a lui, c’è Livia, venuta a Vigata per stargli vicino durante la convalescenza. Per la prima volta si vede il commissario condividere il quotidiano con la fidanzata, confrontarsi ogni giorno, mettere in comune. E così, mentre Livia è un personaggio che ha un ruolo importante nel libro, passano in secondo piano altre figure conosciute e in precedenza sempre presenti. La grande pecca del libro è, forse, proprio questa: Fazio, Augello, Adelina sono ridotti a semplici comparse.

Il risultato è quello di un’opera originale, appassionante, di piacevole lettura, anche se ricca di atmosfere, forse più cupe rispetto alle precedenti. Sebbene nel romanzo non si tratti di fatti di sangue, la morte vi aleggia come un presagio, legata a quella che potrà essere la sorte della ragazza rapita. Vengono meno molte delle scene quasi comiche in cui Montalbano “fa teatro” col Questore o chiacchiera con Catarella, per fare degli esempi.

Il ritmo comunque non manca, la trama coinvolge e alla fine Montalbano arriverà alla vera soluzione del caso.

(Chiara Bertazzoni)

 

“Era solo un uomo che aviva un pirsonale criterio di giudizio supra ciò

che era giusto e ciò che era sbagliato. E certe volte quello che lui

pensava giusto arrisultava sbagliato per la giustizia.”

Con pochi tratti Andrea Camilleri delinea il contorno dell’ inossidabile protagonista che, ne La pazienza del ragno mette alla prova la sua perizia e il suo acume investigativo.

L’inizio del giallo ci dipinge un Montalbano sofferente. Una domanda si insinua: “Sarà una mossa del suo creatore per prepararci alla scomparsa del commissario ?”. Non sarebbe la prima volta che un autore trova il modo di scrollarsi da dosso un personaggio.

Ma è un depistamento: il commissario è in piena forma con tutto il suo bagaglio di abitudini, dialettica e sarcasmo, i suoi malumori e le nuotate, i colleghi e l’immancabile Catarella.

Il giallo si dipana attorno ad un sequestro ma lo fa attraverso pagine condite di ironia come poche altre volte, con le “alzate d’ingegno” di Camilleri che padroneggia ed impone la sua lingua senza remore. I quadri che si susseguono vedono il nostro impegnato sì, ma in vena di “babbiare” : il forzato riposo ne ha accresciuti grinta e sarcasmo.

La pazienza del ragno vuole il commissario invischiato nelle rete di una tela costruita attorno ad un sequestro di persona, e lui stesso divenuto un pupo da “tiatro” come ammette ripetutamente.

Stavolta per il caso gli affiancano Minutolo, con la scusa che lui è in convalescenza.

In realtà Bonetti-Alderighi vuole giocare sicuro: il commissario è nuovo a

questo tipo di reati. L’ inappuntabile e farraginoso Questore vuole la

vittoria su questo sequestro che tanto pandemonio sta destando nel

territorio. E Montalbano si barcamena tra falsi indizi e la presenza

della sua Livia in casa: entrambi così difficili da gestire e comprendere!

Che Susanna Mistretta non sia stata sequestrata per soldi sembra una verità assoluta.

A metà del giallo, tuttavia, questa verità comincia a vacillare.

Quasi dal nulla si materializza uno zio della “picciotta”, debitore di una

forte somma alla famiglia della sequestrata: c’è un nesso tra il parente e la scomparsa di Susanna?

Questo è solo uno dei tanti interrogativi nei quali Montalbano si imbatte.

In apparenza i due tasselli del giallo si rivelano estranei, ma la verità

sfugge: sono continui i depistamenti dettati dalla penna di Andrea

Camilleri.

Cosa c’è dietro questo sequestro? Di certo una anormalità: i suoi connotati sono troppo anomali e, questo, ci viene ripetuto varie volte nel giallo.

Se non si fosse ancora capito la ragnatela è approntata per tutti, ivi compreso il lettore che ci casca in pieno.

E se possiamo paragonare uno scrittore ad un vino d’annata, Camilleri è divenuto insuperabile per sapore e colore.

Lo dimostra questa “La pazienza del ragno” che ci ha tenuti sulla corda

fino alle ultime quattro pagine. Solo allora, infatti, si svelerà la

ragnatela costruita, e la diversità di Montalbano, il suo essere “deus

ex machina” al di sopra della stessa giustizia.

E questo, visti i tempi che corrono, ci conforta parecchio.

(Mariantonietta Sorrentino)