Diabolik è un’icona del noir italiano e poco importa se tale indiscutibile posizione l’abbia conquistata su una testata a fumetti e solo oggi arrivi nelle pagine di un romanzo (in realtà negli anni’70 ricordo alcuni volumetti che "novelizzavano" alcuni episodi). In Italia credo che tutti abbiano letto almeno una volta Diabolik e abbiano provato il fascino dell’azione spericolata, l’emozione di calarsi anche se solo con la fantasia nei panni del Re del Terrore, magari in fuga sulla sua Jaguar nera in una delle tante famose cacce che sono diventate uno dei punti focali del format della serie. È proprio questo il piacere che si prova oggi nella lettura di questa lunga avventura che Andrea Carlo Cappi, scrittore di talento e di professionalità sul quale già mi sono attardato su queste pagine a proposito di Morte accidentale di una Lady. Cappi non si limita solo a riproporre sulla pagina le avventure del personaggio creato dalle sorelle Giussani ma, nel rispetto delle regole imposte da decenni di avventure, ne fornisce la sua versione che s’amalgama perfettamente con i “canoni” del fumetto, e arricchisce temi e atmosfere con un lavoro che risulta personale, originale, insomma per usare una parola che non amo molto ma che, in questo caso, è d’obbligo, Cappi svolge un lavoro d’autore. Capacità del resto che Cappi ha sempre avuto e che sarebbe capacissimo di riproporre per altre serie e personaggi che ha amato e compreso nelle loro meccaniche interne. È successo per Martin Mystere che nella precedente edizione di Sonzogno aveva preceduto questo romanzo e sono sicuro sarebbe capace di fare (diritti permettendo) con Missione Impossibile, James Bond e tanti altri. L’abilità di un narratore (questo termine sì che mi piace!) è proprio quella di saper infondere il proprio gusto anche riprendendo un personaggio non suo. Sgombrando il capo a ogni possibile critica di chi legge ripeto per l’ennesima volta il forte legame di stima che nutro per Andrea da anni, tanto da avergli chiesto di realizzare un racconto per il decennale del mio personaggio più fortunato, il Professionista. E Andrea ha accettato con l’entusiasmo che lo contraddistingue (provare per credere Andrea sta sempre terminando una traduzione e scrivendo un racconto o un libro!) realizzando un incontro tra Chance e Mercy Contreras Nightshade (la sua fortunata eroina spy che firma con lo pseudonimo François Torrent) che apparirà nel prossimo numero di M la rivista del mistero. Sta in queste osservazioni, solo apparentemente fuori argomento, la chiave per apprezzare la lunga avventura orientale di Diabolik all’inseguimento di preziosi talismani legati alle Triadi cinesi e a quel suo passato che gli appassionati conoscono solo per sommi capi da un vecchio episodio a fumetti. Su questa imbastitura iniziale, Cappi, in questo Diabolik - la lunga notte, costruisce un’avventura che forse ricorda qualcosa dei migliori Cussler e certamente ha qualcosa di jamesbondesco e persino di John Woo ma che, lo ripeto, rispettando in pieno i canoni ”diabolici”, riesce a trovare il modo di esprimere gli interessi e la capacità di affabulazione del suo autore. Devo dire che non solo la nuova edizione apporta quelle piccole necessarie revisioni che sempre si sentono d’obbligo quando si ripresenta un testo dopo qualche anno, ma appare nella sua veste sobria sin dalla copertina - la mascherina del Re del Terrore s’abbina perfettamente con la gabbia editoriale di Alacràn - alle immagine realizzate da Giuseppe Palumbo che non sono una concessione al fumetto quanto un gradito ritorno alla traduzione del “romanzo illustrato” e regalano qualcosa in più al lettore. Questi comunque può solo tuffarsi nell’avventura, vinto dal ritmo dall’esotismo, da un intreccio che tesse con equilibrio elementi classici e nuovi, passioni dell’autore e una trama solida e robusta. Lavoro non da poco, perché cucinare assieme tutti questi elementi così differenti non era facile e, alla fine, è una sfida aperta ai colleghi e scrittori italiani e stranieri. Da qui appare pienamente giustificato il pensiero della casa editrice che spicca in quarta del catalogo 2006. “Il criterio secondo cui scegliamo che cosa pubblicare è la qualità della scrittura. Qualità significa leggibilità, che significa intrattenimento, che significa vendibilità.” Un’affermazione programmatica che non è solo slogan pubblicitario ma espressione di passione da parte dell’editore e dei suoi autori. Una sfida che vuol raggiungere anche i giganti.
E siano i lettori a decidere. Certo, se uno poi si ritrova anche tra i personaggi, non può che plaudere all’abilità dell’autore di aver trovato l’occasione d’infilare un amico in un intreccio senza farlo pesare al lettore comune che di tutto ciò è ignaro…
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