Torniamo a parlare della pregevole collana "I bassotti" della Polillo Editore: gialli d'annata di grandissima qualità che consentono al lettore moderno un'operazione di recupero su testi poco conosciuti o magari difficilissimi da reperire.

Il caso del sette del calvario è appunto uno di questi romanzi, scritto in origine nel lontanissimo 1937 e poi aggiornato nel 1961. L'autore, Anthony Boucher (pseudonimo di William Anthony Parker White, che in altre occasioni si firmerà invece H. H. Holmes come il serial killer ottocentesco che a sua volta desunse il suo cognome d'arte da Sherlock!), è stato, oltre che romanziere, soprattutto uno dei maggiori esperti del proprio tempo nel campo della critica alla narrativa poliziesca. E in effetti Il caso del sette del calvario, pure in modo molto posato e a tratti autoironico, è quasi uno sfoggio di una profondissima erudizione dei meccanismi che stanno dietro alla letteratura gialla.

Vediamo la trama. Siamo nel 1937, in un campus californiano. Una catena di delitti insanguina l'ambiente altrimenti noioso dell'università; delitti strani, molto strani... perché a fianco di ogni cadavere viene ritrovato un foglietto con un misterioso simbolo, una specie di 7 in cima a tre gradini (come si vede nella copertina del libro). Cosa c'entra il "sette del calvario" con questi omicidi, ammesso poi che c'entri qualcosa?

A risolvere il mistero sarà un'improbabile coppia composta da un giovane studente amante dell'azione e, dalla parte opposta, il suo insegnante di sanscrito, che, senza muoversi dalla sua poltrona e servendosi esclusivamente del suddetto studente come occhi e orecchie sul mondo, riuscirà a risolvere brillantemente il caso.

Il tutto viene proposto al lettore come un vero e proprio romanzo-enigma, anzi, di più: come una sorta di meta-giallo, che è sì un poliziesco avvincente e ricco di colpi di scena, ma anche un'opera più complessa, che smonta di fronte al lettore i pezzi con cui viene costruito un giallo classico. Boucher gioca a carte scoperte: indica chiaramente con un asterisco quali sono i personaggi che potrebbero essere i colpevoli (tutti gli altri sono solo di contorno e quindi il lettore non dovrebbe farsi distrarre da essi!), segnala con un paio di note a margine quali sono i pezzi che si possono saltare agevolmente senza inficiare la trama, e soprattutto poco prima della rivelazione fatidica del colpevole avverte il lettore di provare a formulare la sua ipotesi prima della soluzione.

Non solo: nel corso del libro vengono citate diverse teorie, si elencano tutti i possibili moventi, si ricostruisce passo passo tutta la teoria che può star dietro a un poliziesco. Il finale, soprattutto, non delude: non è un esercizio di stile, né tantomeno un saggio, ma un godibilissimo giallo d'annata che non è invecchiato di un solo giorno. Consigliato a chiunque voglia buttarsi in questa operazione di riscoperta o senta di voler rinnovare il genere: non si superano le regole di una nicchia narrativa se prima non le si conosce molto, molto bene.