Bologna a Ferragosto è una città deserta. Di più: è una città apocalittica, da dopo-bomba, da fine della civiltà. Dunque il fatto che tre persone si ritrovino contemporaneamente a prendere l'ascensore nello stesso palazzo è solo apparentemente una coincidenza. Perché quello che sta per essere messo in scena, su un palco ridotto e asfissiante chiuso tra due porte scorrevoli di metallo, è un vero e proprio dramma del declino umano. Alle 17.03 in punto, infatti, un blackout fa bloccare l'ascensore tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. E per le tre persone, ora divenuti prigionieri, inizia l'incubo.
Claudia è una studentessa omosessuale, che lavora controvoglia in un locale dove il padrone la costringe a fare la pornocameriera. Tomas è un sedicenne che sta per scappare di casa, e che deve correre in stazione dalla ragazza che lo aspetta per fuggire insieme. E Aldo Ferro, be', è la variabile impazzita in una situazione già di per sé pericolosa. Ferro è un maniaco efferato, un killer che gode segretamente nel torturare le proprie vittime, sottoporle a sevizie crudissime e produrre snuff movie fatti in casa. Fin da subito siamo messi di fronte, senza censure, all'orrore di cui è capace: un pugno nello stomaco per il lettore, anzi, una stilettata inferta con precisione – è il caso di dirlo – maniacale.
Rivelare di più sul prosieguo della storia costituirebbe un delitto: Blackout è un thriller che non lascia tregua, sospeso, come un ascensore bloccato, sopra un abisso di puro orrore in cui si rischia di precipitare da un momento all'altro. Per una volta, l'aggettivo "claustrofobico" può essere usato correttamente per descrivere un romanzo, vista l'atmosfera torrida e soffocante che si respira fino alla fine della vicenda e che tiene il lettore costantemente sul chi vive. Man mano che si procede nel dramma i contorni si fanno sempre più surreali, fino a sfociare nell'incredibile epilogo, di una rara amarezza e di un ancor più impietoso pessimismo. A lettura ultimata viene da chiedersi se il blackout del titolo sia quello che causa il blocco dell'ascensore o non, più propriamente, lo spegnimento della civiltà stessa.
Gianluca Morozzi finora aveva sempre pubblicato per l'editore Fernandel, con la raccolta Luglio, agosto, settembre nero e i romanzi Despero, Accecati dalla luce e il divertente Dieci cose che ho fatto, ma che non posso credere di aver fatto, però le ho fatte, che meriterebbe di essere letto anche solo per il titolo. Il prolifico autore bolognese possiede uno stile personalissimo da cui emerge con esuberanza la vastità della sua cultura pop, che spazia dal fumetto alla musica, dagli anfratti più reconditi di Bologna allo slang contemporaneo. In quest'ultima prova Morozzi sfrutta con maestria anche le tecniche del thriller, dimostrando una convincente dimestichezza. Non stupisce dunque questo passaggio alla grande distribuzione, passaggio che però non ha fatto dimenticare a Morozzi la gratitudine verso chi lo ha lanciato: Blackout si apre infatti con una dedica a "Giorgio ed Elena" dell'editore Fernandel, un bell'attestato di stima verso un'editoria che viene definita "piccola" solo per volume di vendite, non certo per qualità.
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