Nulla è più affascinante del punto di partenza, l’idea che fa scattare la molla della suggestione adatta a elaborare nuovi disegni e nuovi percorsi. L’acclamato esordio alla regia di Quentin Tarantino, quel Reservoir Dogs targato 1992 che ha lasciato un marchio indelebile nell’immaginario collettivo dello spettatore e della spettatrice medi in Occidente, trova le sue radici retroattive in una sequenza memorabile incapsulata in un capolavoro della New Wave hongkonghese, City on Fire di Ringo Lam, girato nel 1987. La celebre scena in cui, nella parte finale del film di Lam, tre personaggi puntano ciascuno la pistola a qualcun altro, formando un reticolato di spari potenziali e incrociati fra apparenza e verità, amicizia e tradimento, lealtà e denaro, deve essere entrata di prepotenza nella fantasia del giovane Tarantino, allora agli esordi ed evidentemente deciso ad imprimere il proprio tracciato personale disseminato di citazionismo postmoderno nel sentiero del cinema. Per farlo, Tarantino parte dalla fine, scegliendo come punto di partenza ciò che in Lam costituiva una parte marginale della trama - un gruppo di ladri fra cui si nasconde un infiltrato rimangono feriti e a colpo compiuto si accusano a vicenda di tradimento, minacciandosi di morte di continuo, fino al tragico e inevitabile finale - costruendo un’opera del tutto diversa, anche se proveniente da suggestioni orientali.
City on Fire si apre sulle strade affollate di uno dei tanti mercatini notturni che pullulano a Hong Kong, qui città invasa dal fuoco e dalla violenza del crimine. Un poliziotto infiltrato, Wah, viene scoperto e accoltellato da una banda con cui lavorava.
In tutto questo, il personale “tributo” di Tarantino a un universo da lui certamente ammirato, ma lontano anni luce dalla sua estetica della violenza fine a se stessa, produce un’opera che stravolge completamente i presupposti e le verità insite nella trama di Lam, poiché ovviamente non si può clonare qualcosa che non appartiene alla propria cultura. Reservoir Dogs è un film autenticamente americano, in cui la singola scena ispiratrice - l’incrocio delle pistole in cerca del possibile traditore da difendere o da colpire - viene isolata dal suo contesto originario e svuotata di senso, giocando tutto su due nodi fondamentali, l’uso del flashback e la musica, che vanno a formare l’intelaiatura dell’opera, strutturata attorno all’idea della rapina e solo apparentemente sul tradimento, che in Lam aveva invece un ruolo preponderante e di cui la famosa scena delle pistole era summa e sineddoche insieme, principio e conclusione ideale.
Da segnalare in ultimo, una gustosa parodia del film di Tarantino che gli allora Bronkovitz fecero nel loro programma Hollywood Party,
Per chi invece abbia voglia di conoscere meglio il film di Ringo Lam, la ricerca è piuttosto ardua; esistono attualmente in commercio una versione in DVD zona 1 e zona 3 mentre si può trovare una versione cinese in VCD priva di sottotitoli al seguente indirizzo:
Tentar non nuoce: dando un'occhiata ogni tanto magari in futuro salterà fuori un'edizione DVD zona 2.
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