In un film sulle tracce di Dan Brown, il produttore Bruckheimer rivede il mito dell’ordine dei Templari.

C’è da sempre un indizio che porta a un altro indizio che porta a un altro indizio.

E’ stato così per secoli. È stato così per la famiglia Gates che, dai tempi dell’indipendenza america, è l’unica depositaria di un segreto legato al leggendario tesoro dei templari.

Questo è il prologo di un’adrenalinica caccia al tesoro che si snoda tra lo Utah, Washington D.C., Boston e Philadelphia e che vede come protagonisti-antagonisti lo storico Benjamin Franklin Gates (Nicolas Cage) e l’avventuriero senza scrupoli dal dubbio passato Ian Howe (Sean Bean, il Boromir de Il Signore degli anelli, che sembra oramai abbonato a ruoli sgradevoli).

Tutto ha inizio dal ritrovamento di un vascello settecentesco e di una pipa con il fornello in schiuma, e da un enigma. La chiave di volta di Il mistero dei templari è la Dichiarazione d’indipendenza (il National Treasure del titolo), uno dei tesori americani più strettamente sorvegliati. Guardie armate, allarmi e sensori, teche blindate non scoraggeranno i due rivali che, tirandosi dietro l’FBI, riusciranno a trafugare l’antica pergamena.

In poche righe questa è la trama di un film senza troppe pretese consigliabile a chi cerca un intrattenimento leggero e divertente.

Consigliabile perché la storia, che lascia il tempo che trova, è ben impacchettata dal regista Jon Turteltaub (Instinct con Sir Anthony Hopkins e Un amore tutto suo con Sandra Bullok) e dal produttore Jerry Bruckheimer che può mostrare come biglietto da visita Armageddon, Bad Boys II, Pearl Harbor e soprattutto il recente La maledizione della prima luna.

Consigliabile perché alcune sequenze (l’inizio soprattutto) e gli effetti speciali sono impressionanti.

E soprattutto per via del cast. Accanto ai due protagonisti si trovano comprimari di tutto rispetto: Christopher Plummer (Malcolm X, L’esercito delle dodici scimmie, A beautiful mind) nel ruolo di John Adams Gates, nonno del protagonista, un disincantato Jon Voight già padre della dirompente Lara Croft, Diane Kruger (Elena di Troy) e Harvey Keitel (l’agente FBI Sadusky). Una menzione a parte la merita sicuramente Justin Bartha (Amore estremo) amico, aiutante e soprattutto spalla comica di Nicolas Cage; senza le sue battute il film risulterebbe un polpettone con riferimenti nemmeno troppo velati alla massoneria americana.