- Ma assolutamente no, caro Totò. Vai pure, non ti preoccupare.

Salvatore si alzò e si diresse verso il bagno. Quando vi fu entrato, il procuratore si rivolse verso di loro.

- Ma si può sapere che diavolo avete combinato? che gli avete fatto? È ridotto da far schifo.

- Signore, noi non abbiamo fatto niente, è Totò che sta sempre peggio, non mangia molto e la notte si sveglia spesso, va sempre in bagno e noi… - Oscar era in difficoltà.

- Ok, ok, ho capito, se la sta facendo sotto. Io non li sopporto questi tipi sempre pronti a piangersi addosso, non hanno un minimo di palle, ci credo che poi li fanno fuori alla prima occasione, sono solo delle mezze calzette… - Il procuratore fu interrotto da un rumore in bagno.

Vic si avvicinò alla porta

- Tutto bene?

La voce di Salvatore rispose incerta

- Si… ehm… si, ho solo sbattuto ed è caduto il coperchio dello sciacquone.

- Che cazzo di idiota! - fu il secco commento del procuratore. Oscar sorrise ruffiano a quelle parole mentre Vittorio tornava a sedersi.

La porta del bagno si aprì lenta. Totò uscì barcollante con una mano dietro la schiena. Vic si alzò di scatto

- Ehi… ma cosa hai fatto Salv…

La pallottola lo raggiunse alla gola. Il sangue schizzò sul divano. Vittorio emise un rantolo e cadde a terra. Oscar grasso com’era non fece in tempo a fare nulla. Il colpo lo raggiunse all’occhio sinistro. Sangue e poltiglia colarono sui cuscini. Il procuratore era immobile. Pallido. Salvatore si avvicinò tenendolo sotto mira.

- Apri la bocca, stronzo!

Il procuratore non sorrideva più. Aveva preso a tremare. Salvatore si accorse che si stava pisciando addosso.

- Ti ho detto di aprire la bocca.

De Blasi aprì un leggero ghigno. Salvatore infilò con forza la canna del silenziatore nella bocca del procuratore. Sentì il rumore secco di un incisivo che si spezzava. Ma non era un problema.

- Sa una cosa, signor procuratore? anch’io odio le mezze calzette.

Salvatore sparò. Sangue e altre schifezze andarono a imbrattare il muro dietro il divano. Qualcuno avrebbe dovuto fare un po’ di pulizia, pensò Salvatore sorridendo dentro di sé. Estrasse la pistola dalla bocca del procuratore. Doveva ricordarsi di lavarla, era tutta insudiciata di saliva e sangue. Si guardò intorno: la stanza era diventata uno scannatoio.

Andò nella sua camera e si cambiò con calma. Si tolse quei vestiti da sfigato e indossò gli abiti che aveva sul fondo della valigia. Niente di troppo elegante, vestiti casual, ma ricercati e di buon gusto. Buttò gli occhiali nel cesso. Si pettinò i capelli all’indietro. Si accese una delle sigarette di Oscar. Mise la pistola in un sacchetto di plastica e se la infilò sotto la giacca. Diede un'ultima occhiata alla stanza. Uscì. Chiuse la porta ricordandosi di mettere il cartello "non disturbare".

Un paio di minuti ed era fuori dall’albergo. Passò tranquillo davanti alla macchina delle guardie del corpo del procuratore. Quei poveracci erano lì che aspettavano.

Vide la macchina che si avvicinava, alzò il braccio per far segno. La macchina si fermò. Aprì la portiera e salì. La macchina partì lenta immettendosi nel traffico. Salvatore buttò la sigaretta ormai finita e si rivolse al guidatore.

- E' stato gentile da parte tua venirmi a prendere di persona, Alfredo.

Alfredo il Greco si voltò sorridendo verso Totò.

- Grazie per il favore, Totò.

- Ma figurati, per gli amici questo e altro.