A dispetto di quanto il titolo potrebbe far credere, La città dei tulipani di Ingrid Coman, non è ambientato ad Amsterdam o in qualche altro territorio olandese, bensì a Kabul, luogo che si fa ferita in ogni istante, rossa e pulsante come papaveri, fiori di morte e oblio. Ma il rosso è anche il colore dei tulipani, qui metafora e insieme incarnazione della speranza, visualizzata in un'immensa distesa di fiori accesi e vivi nel paese dei sogni, un paese dove lasciarsi illuminare dalla luce del sole a volto scoperto. Il libro intreccia una serie di storie fra personaggi diversi come un crocevia di cicatrici e respiri legati alla vita e alla pelle per tornare a vivere: Asillah, dottoressa finita a contare i battiti dei giorni nel buio di una galera; Mariam, giovanissima moglie ripudiata e sfregiata dal marito, finita a prostituirsi per vivere; Sandro, coraggioso medico italiano rimasto in Afghanistan per curare più vite possibili; Shakeela, il cigno dai piedi d’oro, ballerina spezzata dall’onda della violenza; Anna, un tempo compagna di Sandro ora avvolta dall’amarezza e da una nuova, fulgida speranza nel cuore; Kevin, giornalista americano in cerca del colpo da maestro per ottenere il Pulitzer; Daoud, soldato pronto a farsi esplodere per dimenticare il mondo, l’amore, il dolore. Ognuno di loro troverà il proprio destino avvolto in quello degli altri, come tanti respiri rinnovati e temprati dal fuoco, nella consapevolezza che un giorno, da qualche parte, i bulbi di fiore esploderanno nella loro intensità più autentica, oscurando il ricordo delle bombe.
Aprendosi su una serie di numeri, volti a scandire il tempo per sopravvivere all'oblio e alle sue minacce di morte, per poi chiudersi su un finale che ricongiunge la fuga al ritorno, La Città dei Tulipani è soprattutto un libro che lascia emergere dalle macerie della storia l’energia delle donne, colte nella ferma volontà di non cancellare se stesse nonostante gli eventi subiti. Quelli che l'autrice ci presenta sono ritratti pieni di un'emotività lucida e secca, taglienti e brucianti come uno sfregio ancora fresco e indelebili come una scheggia di ribellione. A cominciare da Asillah, la figura sicuramente più memorabile: il suo contare le ombre sul muro della cella, come un tempo contava i fiori sul campo dell’infanzia, entra subito dentro la pelle di chi legge, con la sua cadenza quasi teatrale, dolente e testarda insieme. O Shakeela, stuprata e marchiata come un vitello col numero impresso nella carne, "che si gonfiava quando chiudeva il pugno, come gravido di un segreto che faticava a contenere". O Mariam, fermata dal fuoco, anche lei come Kabul "città che respirava a fatica, come un grosso animale con i polmoni impregnati di polvere, cemento, fumo e sangue". Ma il romanzo rivela anche l'amore provato dagli uomini, inaspettato, violento, che entra dalle ferite attraverso la lama di un bisturi: è così che Daoud conosce il suo destino, credendolo perduto per poi ritrovarlo quando tutto sembrava cancellato dal presente come dai ricordi. Amore che arriva altrettanto imprevisto per Sandro, che si scopre docile e indifeso, di fronte alla tenerezza dello sguardo che gli è di fronte.
Costruito con un linguaggio spesso folgorante capace di racchiudere in poche, fulminee immagini, tutto l’orrore dell’essere donna (e uomo) in un luogo di guerra, La Città dei Tulipani rappresenta un esordio di forte impatto emotivo, dato da una serie di personaggi visceralmente legati alla vita e alla lotta per conquistarla attimo dopo attimo, a cui fa da unico controcanto stridente la figura troppo macchiettistica di Kevin, il personaggio meno riuscito del libro e i cui intercalari in inglese danno alla storia un ritmo a volte un po’ enfatico e caricaturale. Il finale, forse un po’ prevedibile rispetto all'incisività della trama nel suo complesso, nulla toglie tuttavia all'intensità delle vicende narrate, sicuramente in grado di far breccia su molte lettrici e lettori. Nel complesso, La Città dei Tulipani ci presenta un’autrice che, nata in Romania ma residente in Italia da tredici anni, non ha nulla da invidiare ad autrici o autori nostrani, anzi: ha tutte le potenzialità per regalarci in futuro un romanzo con la R maiuscola, magari ambientato nella sua amata terra.
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