“Ciò che succede a Las Vegas, rimane a Las Vegas”, dice un famoso motto. Ultimamente, però, sembra che ciò che succede nella famosa città del Nevada entri anche nelle case di mezzo Pianeta attraverso la televisione, con immagini che molti telespettatori conoscono ormai bene anche senza essere mai stati a Las Vegas, e che fanno venire un po’ di nostalgia a chi invece ci è stato: le sfavillanti inquadrature notturne dello Strip e quelle infuocate del deserto circostante, le magiche fontane del Bellagio, il vulcano del Mirage, la Tour Eiffel del Paris, il rollercoaster del New York New York che sfreccia tra i grattacieli di Manhattan, la sagoma inconfondibile dello Stratosphere Tower, il fascio di luce che spicca dall’apice della piramide in vetro nero del Luxor, Mago Merlino che si affaccia dal castello dell’Excalibur, eccetera.
Città non solo dei casinò, ma anche del lusso, degli eccessi, del relax, dello svago, della fantasia, delle tentazioni, del divertimento senza freni, dei matrimoni improvvisati, Las Vegas è forse un po’ kitsch e contraddittoria (dopotutto è un’oasi in mezzo al deserto), ma anche incredibilmente affascinante: un fascino al quale è difficile resistere.
Dai turisti che infilano qualche dollaro nelle slot machines ai grandi giocatori (“the whales”, come dicono loro, “le balene”) che lasciano mance a tre zeri, la città brilla da sempre come richiamo per il gioco d’azzardo (che nella vicina California è illegale), ma negli ultimi anni ha subito uno sviluppo incredibile che ha suscitato l’interesse di molte serie televisive.
Se è vero che molte serie hanno sfruttato l’ascendente della città, è anche vero che l'hanno saputa ripagare, nel senso che proprio le serie televisive hanno fatto una bella pubblicità alla città, creando un sodalizio a doppio senso tra la città e la televisione.
Ricordo che nel 2002, quando sono andato a Las Vegas, la città traboccava di negozi e bancarelle che vendevano magliette e cappellini CSI nonché il “Kit di Grissom” con il pennello e la polverina per evidenziare le impronte digitali. E non era passato ancora un anno dal debutto della serie!
Ma in realtà questo sodalizio non è cosa nuova, e allora facciamo come al solito un passo indietro. È il 20 settembre 1978: quella sera, sugli schermi del network ABC, debuttava la serie Vega$.
Protagonista è l’affascinante investigatore privato Dan Tanna (interpretato da Robert Urich, che molti ricorderanno anche per il ruolo di Spenser), impegnato a risolvere piccoli e grandi crimini e sempre pronto a mettersi in situazioni rischiose per aiutare chi è in difficoltà.
Il buon successo di pubblico riscosso dalla serie si deve soprattutto al fascino dei protagonisti (segretarie sexy, macchine di lusso, clienti ricchissimi...) e alla magica atmosfera di Las Vegas, tra le luci sfavillanti e i tavoli da gioco.
Molti interni sono girati all’hotel-casinò Desert Inn, il cui vero presidente - B. M. Cohen - è comparso in vari episodi nei panni di sé stesso. Probabilmente aveva intuito la straordinaria capacità promozionale del mezzo televisivo, che in effetti faceva da depliant turistico a Las Vegas e al suo albergo, proiettando il telespettatore nel sogno di questa incredibile città in mezzo al deserto.
La serie andrà in onda per tre stagioni, fino al 1981, per complessivi 68 episodi (più un pilot), approdati anche in Italia su diverse reti private.
Il fascino di Las Vegas sarà sfruttato qualche anno più tardi anche dalla serie Crime story, che segue la lotta senza esclusione di colpi del tenente Mike Torello (Dennis Farina) contro il crimine organizzato dei primi anni sessanta, e segnatamente contro il boss emergente Ray Luca (Anthony Denison)
La serie è ambientata inizialmente nella cupa Chicago, ma verso la metà della prima stagione si sposta a Las Vegas, dove Ray Luca si trasferisce per gestire un casinò e, da lì, tutti i suoi traffici illegali.
La serie - che si distingue per la qualità delle sceneggiature, della ripresa, del montaggio e della recitazione, ma soprattutto per la sua eleganza formale e le ricercatezze contenutistiche - meriterebbe sicuramente un capitolo a parte, ma adesso ci interessa sottolineare come anche questa Las Vegas degli anni sessanta, piena di corruzione, regolamenti di conti e loschi traffici, e così diversa dalla città di oggi, eserciti una indiscutibile attrazione assumendo un ruolo di primo piano.
Creata nel 1986 Michael Mann (Miami Vice), Chuck Adamson e Gustave Reininger, la serie chiuse i battenti nel 1988 (con un finale degno della sua statura), dopo soli 44 episodi trasmessi dal network NBC.
Ma arriviamo al 2000, che è stato un anno “boom” per Las Vegas.
Su MTV partiva la dodicesima stagione di The Real World, lo storico reality show (quanto ci sia di “reality”, poi, è un’altra faccenda...) che per ogni edizione mette base in una città diversa, e che quell’anno approdava per la prima volta a Las Vegas, dove al ventottesimo piano dell’Hotel-Casinò Palms era riservata una megasuite ai sette protagonisti.
Fu l’edizione più eccessiva, oltraggiosa, provocante, decadente...
e - ovvio - la più popolare di tutte.
Quello stesso anno, sugli schermi del network CBS, partiva una serie televisiva di fiction destinata a segnare una svolta importante nella storia del telefilm giallo: parliamo ovviamente di CSI: Crime Scene Investigation (che avrà talmente tanto successo da dare luogo a ben due spin-offs: CSI: Miami e CSI: New York).
Ideata da Anthony E. Zuicker e trasmessa da CBS (a partire dal 6 ottobre 2000, e giunta oggi alla sesta stagione), la serie vede protagonista Gil Grissom (William Petersen), capo della squadra "notturna"’ della polizia scientifica di Las Vegas e prezioso punto di riferimento per l’intera squadra; Catherine Willows (Marg Helenberger), ex soubrette di un casinò, divorziata e con una figlia piccola; Warrick Brown (Gary Dourdan), Nick Stokes (George Eads), Sara Sidel (Jorja Fox). Tra gli altri personaggi ricorrenti, il giovane tecnico di laboratorio Greg Sanders (Eric Szmanda), il capitano della Squadra Omicidi Jim Brass (Paul Guifoyle) e il medico legale David Robbins (Robert David Hall).
Punto di forza della serie è naturalmente l’approccio originale alla soluzione dei casi criminali, considerati qui dal punto di vista della polizia scientifica (la CSU: Crime Scene Unit).
Al motto di “Le persone mentono, le prove non lo fanno mai”, i protagonisti della serie, quando si trovano sulla scena di un crimine, hanno sempre in mente il principio dello scambio di Locard: quando una persona ha un contatto con un’altra persona o un oggetto, c’è sempre uno scambio di materia per cui su ciascuno dei due resta una traccia dell’altro. Tutto sta nel trovare quella traccia, e qui entrano in gioco i metodi più all’avanguardia che la scienza e la tecnologia sono in grado di offrire...
Grissom e i suoi, grazie alla loro straordinaria preparazione tecnica e scientifica, sono capaci di far "parlare" qualunque prova materiale: da uno scarafaggio alla forma di uno schizzo di sangue. Da un frammento di scheletro sono in grado di risalire a razza, sesso, età, peso e altezza dell’individuo. Ogni traccia per loro è potenzialmente preziosa: capelli, unghie, fibre, escrementi, insetti, spazzatura, avanzi di cibo, frammenti di legno, tracce di vernice e mille altre cose. "Nessun delitto è perfetto", e "Solo le prove non mentono mai" sono le frasi preferite da Grissom.
La tecnologia riveste un ruolo fondamentale: la squadra utilizza sofisticatissimi programmi informatici in grado di acquisire e elaborare impronte digitali e DNA, confrontandoli con quelli schedati; apparecchiature in grado di identificare la composizione chimica di un certo materiale piuttosto che di rilevare la presenza di un profumo nell’aria anche a distanza di ore; "polverine" e raggi luminosi in grado di rilevare impronte, fibre, liquidi organici; e una miriade di altri ritrovati tecnici (tutti rigorosamente veri).
D’altra parte, per svolgere questo tipo di lavoro è indispensabile anche molta pazienza (a volte è necessario raccogliere, studiare e catalogare migliaia di frammenti dalla scena di un delitto per poi scoprire che tutto il lavoro è stato perfettamente inutile), una certa dose di sangue freddo e molto "stomaco" (per esempio, per sottoporre ad autopsia la sola testa di un uomo decapitato due mesi prima, ormai putrefatta, di odore nauseabondo e invasa dagli insetti).
Ma torniamo a Las Vegas. Marg Helgemberger (che in CSI interpreta il personaggio di Catherine Willows), interrogata sul ruolo di Las Vegas nell’economia del telefilm, ha detto una volta che Las Vegas è una città come tutte le altre, e che CSI avrebbe potuto essere ambientato lì come in un’altra città.
Ritengo che non sia del tutto giusto. È probabile che la serie avrebbe avuto successo ugualmente, ma tra gli ingredienti della sua popolarità il fascino di Las Vegas non può certo essere dimenticato. Molte “situazioni” narrate nel corso degli episodi sarebbero impensabili in un altro posto, e le scintillanti vedute aeree sulla città aprono quasi tutti gli episodi, oltre ad intercalarsi più volte durante la narrazione.
La strada del successo è ormai spianata per i telefilm ambientati nella città del vizio. E anche in quelli ambientati altrove, una puntata nella capitale del gioco d’azzardo diventa sempre più una tappa obbligata: ci sono passati gli scombussolati protagonisti di The O.C., l’instabile detective Monk, la testarda dottoressa Jordan Cavanaugh (in un cross-over tra Crossing Jordan e Las Vegas), e ancor prima di loro persino il tenente Colombo e i protagonsti di L.A.Law - avvocati a Los Angeles, solo per citarne alcuni.
Nel 2003 debutta su NBC la serie Las Vegas, creata da Gary Scott Thompson, che racconta le vicende professionali e private dei membri della security del mega hotel-casinò Montecito (esistente solo nella finzione scenica, almeno per il momento...), sempre alle prese con questioni di ordinaria amministrazione, con la soddisfazione dei clienti più esigenti, con i piccoli truffatori e con le organizzazioni criminali più pericolose.
Ed Deline (James Caan), l’incrollabile e potentissimo direttore del Montecito, vanta un passato nella CIA e conserva ancora un’enorme autorità e molti agganci "importanti" che gli permettono di risolvere anche le situazioni più complesse, talora muovendosi ai limiti della legalità ma sempre a fin di bene.
Suo braccio destro è il giovane e affascinante Danny McCoy (Josh Duhamel), ex marine degli Stati Uniti, nei confronti del quale Deline nutre una fiducia incondizionata, anche se una volta lo ha trovato a letto con sua figlia Delinda (Molly Sims), che gestisce l’esclusivo ristorante Mistique del Montecito.
Mike Cannon (James Lesure), giovane e brillante ingegnere del MIT e mago dei sistemi e delle tecnologie informatiche, gestisce i ritrovati tecnologici più avanzati (e costosi) al servizio della sicurezza del Montecito (dove aveva cominciato a lavorare come parcheggiatore, guadagnando più così che come ingegnere...).
Completano il team della security tre affascinanti ragazze:
Samantha "Sam" Marquez (Vanessa Marcil), cinica e imperterrita responsabile dell’accoglienza clienti; Nessa Holt (Marsha Thomason), direttrice dei tavoli da gioco; Mary Connell (Nikki Cox), fidanzata di Danny ai tempi del liceo, e direttrice degli eventi speciali (un incarico non da poco, poiché al Montecito passano e si esibiscono le star più in vista sulla scena mondiale).
Giunta ormai alla sua terza stagione, la serie è una celebrazione del lusso, della ricchezza, della bellezza e della fortuna, oltre a funzionare - come è accaduto a molte altre serie di successo - da passerella per le celebrità. Ma il pubblico sembra gradire, e non c’è nulla di strano: tutti abbiamo bisogno di sognare.
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