In quattro ore la macchina diventa un monolocale dove vivere: ho mangiato due liquirizie che avevo da settimane, ho abbassato di qualche grado la spalliera per rilassarmi, ascoltato un po’ di gracchi alla radio e letto qualche pagina di un libro. Manca solo il bagno, per questo ci sarebbe il furgone davanti. Il libro è un saggio sulle fiabe di Tolkien, quello del Signore degli Anelli. Leggo cosa ci vuole per rendere il Mondo delle Fate credibile quanto quello reale, se si azzarda a dire che ci vuole la neve mi mangio le pagine. E invece ci vogliono i particolari, un mondo è un mondo, vero o inventato che sia. Io mi guardo intorno e non vedo praticamente più niente. Poche luci, la macchina del cervo di fronte, la signora impalata dietro. A destra una distesa di niente che fino a qualche ora fa era bianchissima, ma che ora è scomparsa. A sinistra, al di là del guard-rail, due corsie vuote, dove ogni tanto passa una macchina nel senso opposto. Beata lei, anche se non ne vedo una da più di un’ora, mi sa che hanno chiuso la strada. Ci vogliono i dettagli, dice Tolkien, o tutto perde di credibilità. Non fa una piega, noi qua in coda da una vita non siamo più nemmeno credibili. E infatti l’inferno in una fiaba mica ci sta bene. Ecco il girone degli incredibili stronzi, con la fumata nera del cervo che arriva puntuale a dare un tocco coreografico allo slogan. Dio, quanto lo odio.

* * *

— C’è l’uscita Siena nord! — Disse Topo, con voce nasale. Indicò il cartello a Capo, per essere sicuro che lo prendesse in considerazione.

— Non dobbiamo uscire.

— Magari usciamo per fare rifornimento e poi rientriamo.

Capo prese la bottiglia dell’urina e la passò a Topo.

— Almeno provaci.

— Non mi verrà.

— E allora vuol dire che la puoi reggere.

Topo prese la bottiglia e si voltò sul sedile con la faccia al vetro per dare le spalle al compagno. Iniziò ad armeggiare con i pantaloni.

— Psch… psch…

— E dai! Smettila.

Ma Capo si stava divertendo troppo e non gliene fregava niente della vescica di quel disperato.

— Mmm, dev’essere il cervo del cartello che ti guarda e ti imbarazza.

— Non ci riesco.

Capo guardò lo specchietto retrovisore e vide Matteo che, da dietro la grata, fissava Topo.

— Quasi quasi vado a togliere il bavaglio al ragazzino, mi sa che sta tentando di ridere pure lui.

Topo tentò l’ultima carta, implorando con voce lagnante.

— Ma ormai è buio. Se esco non mi vede nessuno.

— Mai sentito parlare di fari, Topo? Niente da fare.

* * *

Da qui non esco più, sono sicuro. Fa troppo freddo e quasi non riesco più a muovermi. Sto rannicchiato in posizione fetale sul sedile, cercando di raccogliere gli ultimi frammenti di calore. Certo, se facessi come il cervo potrei scaldarmi un po’, ma non ho quasi più benzina e se rimango a secco è finita davvero. Un secolo fa ero seduto in ufficio a guardare dalla finestra i fiocchi che venivano giù, mi piacevano pure. Ora hanno ripreso a scendere fittissimi, ci seppelliranno vivi. Mi ricordano qualcosa, ma non ricordo cosa. Dove sono finiti i vigili del fuoco? Abbiamo bisogno di fuoco. Scendo di macchina, se non mi muovo adesso non riuscirò a farlo più. Le ginocchia scricchiolano, la schiena non vuol saperne. Rimetto i piedi nella fanghiglia e subito una saetta gelata mi attraversa tutto il corpo. Tre o quattro persone, che erano lì fuori con le teste alzate a guardare il buio, appena mi vedono si allontanano a grandi passi. Non capisco cosa sta succedendo. Poi sento un “finalmente” che passa di voce in voce e i motori si accendono uno dietro l’altro, con accelerate di liberazione. Non ce l’hanno con me, stanno solo correndo alle loro auto. Ci muoviamo di nuovo e dalla reazione della gente potrebbe essere la volta buona. Una piccola carica di energia si risveglia e mi scioglie lo stomaco, dove da ore si è annidato un animale che morde. C’è una piccola possibilità di non lasciarci le penne, quindi. Ecco il cervo che fa vomitare la sua marmitta. Vorrei che esplodesse con tutto il furgone, così prima di ripartire andrei a scaldarmi un po’ al fuoco del suo rogo. E invece riesce a partire.

Le auto mi passano a sinistra, la signora dietro, pronta sul clacson da ore, mi suona.

Giro la chiave.

C’è il blocco motore inserito, dopo qualche minuto bisogna chiudere le porte e riaprirle.

Clacson dietro e auto che mi sorpassano anche da destra.

Giro la chiave.

Niente.

Clacson.

Riprovo. Niente.