Horace Stanley McCoy era un viveur, dalle mille forze, che non si arrese mai di fronte alle difficoltà della vita. Scriveva, praticava sport, era un ex eroe di guerra; aveva fatto il buttafuori, il tassista. E dipingeva, fotografava, lavorava per il cinema. La sua biografia, se solo fosse stata annusata da qualcuno, avrebbe lo stesso sapore leggendario di quelle di un Hammett o di un Hemingway. Ma era soprattutto un grandissimo talento della narrativa americana che anticipava i nodi vitali di quel genere noir che, nel corso del secondo Novecento e nella sua doppia formulazione cinematografica e letteraria, sarebbe diventato una delle più efficaci lenti di analisi dell’America. Va ricordato come McCoy abbia attinto, seppure appena in parte, al proprio vissuto - ai lavori saltuari di buttafuori e sorvegliante, svolti presso le arene di Santa Monica dove si svolgevano le maratone danzanti. Questi eventi finirono ben presto per trasformarsi in racket della mafia.

 

Purtroppo, in sede critica, l’etichetta hardboiled, appiccicata a bella posta ai suoi lavori, è servita solamente a limitare, restringere e banalizzare il paradigma ermeneutico con il quale affrontare i tanti temi posti dall'autore. Come ha notato Koontz, “nel soffermarsi sulle qualità noir e realiste della sua opera, i critici non hanno sufficientemente apprezzato la sua forma sperimentale”.

 

Il paragone con James Cain o l’assimilazione generica all’hardboiled school hanno oscurato negli anni le migliori caratteristiche letterarie del nostro: un’insaziabile volontà di perfezionare i propri strumenti discorsivi, la sovversione delle strutture narrative, la capacità di imprimere un ritmo calibrato e fluido al racconto, una genuina cura dei dialoghi espansi al massimo grado della verosimiglianza.

 

Nel cinquantenario della sua morte, che cade proprio oggi, non si registra ahinoi alcuna impresa di ripubblicazione dei suoi titoli. A mo’ di omaggio tardivo, una breve monografia (www.thrillermagazine.it/rubriche/2067) vuole risarcire questo eccellente fabbricatore di incubi americani di un’ingiusta disparità di attenzioni. Se Hammett, Chandler, Woolrich, Thompson, Goodis e ultimamente Ellroy e Leonard, hanno goduto, per fortuna, di adeguati spazi su riviste e giornali, a McCoy è toccato in sorte un infausto oblio. Speriamo che anche autorevoli studiosi vogliano proseguire su questa linea, scrivendo di McCoy in questa importante ricorrenza.

 

È ora di rimettersi a leggeri i suoi libri, insomma. In un’ideale storia del noir americano, il suo posto sarebbe in prima fila.

 

Le sue opere più famose: Non si uccidono così anche i cavalli? (oppure Ai cavalli si spara) - Il Sudario non ha tasche - Avrei dovuto restare a casa  - Un bacio e addio - Questa è dinamiteScalpel