Questo libro non è un romanzo, e il suo autore non è un romanziere ma uno psichiatra e neurologo di fama mondiale: con queste premesse si potrebbe avere il timore di trovarsi di fronte a un testo didattico, specializzato, da addetti ai lavori e di conseguenza, perché no, un po’ palloso.
Invece questo libro è straordinariamente interessante per almeno tre buoni motivi.
In primo luogo perché Vittorino Andreoli, perito psichiatrico in alcuni dei più noti casi di crimine e follia della storia recente d’Italia, è un ottimo divulgatore e possiede un autentico talento di narratore, il che rende questo saggio non solo comprensibile ma anche decisamente ben scritto.
In secondo luogo perché i casi che Andreoli tratta in questo suo Il lato oscuro sono nove casi che hanno colpito l’immaginario collettivo per la loro violenza, il loro delirio, la loro immotivata follia: si tratta tra le altre delle vicende di Bilancia, Pacciani, Profeta. Argomenti che di questi tempi, come dire, fanno tendenza: processi reinventati in diretta televisiva per il gusto morboso degli affezionati (dal processo del lunedì al processo di Cogne?), volgari cicalecci salottieri su assassini, stupri, serial killer. It’s the end of the world as we know it (and I feel fine)...
In tutto questo si rischia davvero di perdere di vista gli elementi fondamentali: le vittime e il dolore che il delitto provoca. In questo il saggio di Andreoli è importante: perché, mediante la conoscenza delle vicende e la grandissima competenza professionale, ci viene restituita la dimensione materiale del crimine, ci viene raccontata una storia unica e irripetibile dove la concretezza dei fatti ci riporta doverosamente alla dimensione reale di vittime e carnefici. E in questo modo, si riesce a rivedere nei protagonisti delle vicende esseri umani anziché figuranti televisivi: ci porta di conseguenza a recuperare il senso della dignità, del rispetto, del necessario pudore nei confronti del dolore e della disperazione.
Da ultimo Il lato oscuro può essere interessante dal punto di vista di un aspirante scrittore: sdoganato (giustamente) il genere letterario, in moltissimi si cimentano con il genere thriller, noir o giallo avventurandosi in territori frequentati da serial killer e affini. Avventura che si rivela spesso irta di ostacoli, di incongruenze non tanto stilistiche (che sono una pura libertà e legittima scelta dello scrittore) bensì psicologiche sulla natura dei protagonisti e dei rapporti che regolano le loro azioni. Andreoli, offrendoci il racconto di questi casi veri, ci fornisce anche le chiavi di lettura dei comportamenti umani, analizza il formarsi dell’idea criminale, ci mette in grado di capire qualcosa di più dei complessi meccanismi della psiche senza mai cadere nella pedanteria o in un linguaggio eccessivamente accademico.
Uno spunto importante per un aspirante scrittore che faccia sua la regola che, prima di scrivere, bisogna innanzi tutto leggere.
(Marina Belli)
Mi sono sempre chiesto che cosa sia la morte e l’ho domandato a chi ha ucciso, con l’inquietudine di sapere che cosa pensi un assassino di questo evento tragico.
Esiste una condizione specifica, una convinzione che spinge a uccidere? Che cosa induce ad ammazzare? Qual è il processo mentale che mostra l’altro come essere da sopprimere?
Vittorino Andreoli ce lo racconta nel libro Il lato oscuro attraverso una serie di 9 casi giudiziari in cui, come perito psichiatrico, ha supportato la magistratura, ricostruendo profilo psicologico dell’omicida e psicodinamica del delitto. Un delitto trasformato in fiction tiene desta l’immaginazione del pubblico, ma non è comprensibile; invece, se ricostruito e vagliato alla luce di una lettura psicologica e della cornice sociale in cui si è scatenato, è reso comprensibile, anche se mai giustificato. Svariati sono i tipi di omicidio. Si ammazza per professione (in guerra, per esempio). Si ammazza con la certezza di fare del bene e compiere un’azione meritoria (l’eutanasia). Si ammazza, infine, per disperazione, senza movente e reale vantaggio per sé e per gli altri (il suicidio).
Nel quotidiano, dove regna la tranquillità, la violenza irrompe improvvisa. Storie di frustrazione e insicurezza profonda, come quella di Marisa Pasini, che “lascia scivolare” in un canale il figlioletto di 3 anni, affetto da incapacità di parlare; di dipendenza psicologica e ribellione mascherata, come quella di Paolo Pasimeni, che sopprime il padre ossessionato dal successo professionale; di fallimento e volontà ipertrofica, come quella di Michele Profeta, che uccide 2 volte per ribadire la propria onnipotenza delirante.
Ampio spazio, infine, per i casi di 2 killer, che hanno destato eco nella cronaca recente. Quello di Donato Bilancia, 17 omicidi in 6 mesi, in cui l’assassino stesso è voce narrante della proprio vicenda. E quello di Pietro Pacciani, presunto Mostro di Firenze, il cui profilo è tratteggiato a partire dall’analisi di registrazioni, lettere e disegni vergati dall’uomo su un libro di preghiere.
Capitolo dopo capitolo, accompagnato da un tono asciutto e una narrazione emotivamente coinvolgente, Andreoli si spinge sotto la superficie, nel cuore di storie di follia ordinaria, fino al nucleo del disagio latente che l’ha scatenata. Nessun accenno agli aspetti giudiziari e alle decisioni delle Corti di giustizia. Perché lo scopo è comprendere quel meccanismo che scatta, nei sotterranei della psiche e origina mostri. Perché il mostro è la creazione comoda e rassicurante di una società che non si sente più umana e vuole ribadire ipocritamente la proprio umanità, escludendo come umano quanto non è altro che un suo prodotto. Ogni omicidio, infatti, parla della società in cui è stato commesso e, in qualche modo, la riflette”.
(Marinella Lombardi)
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