Hitler e il delirio di terrore e onnipotenza imbastito dai nazisti che devastò l’Europa avevano nella Rosa Bianca (un gruppo di studenti universitari organizzati e pacifisti) i loro più acerrimi nemici di contropropaganda. In Sophie Scholl - La Rosa Bianca siamo a Monaco nel 1943, Sophie e Hans distribuiscono volantini in una surreale, vuota e silenziosa università ma un delatore li coglie e li denuncia. Il regista Marc Rothemund, grazie all’ausilio dei documenti processuali ora consultabili, racconta con piglio rigoroso, inflessibile e documentaristico i cinque giorni che passarono dall’interrogatorio all’esecuzione degli studenti, accusati di alto tradimento.
Decentrata da Berlino, la Gestapo ha raffinatezze di abiti ma non di modi. L’ufficiale Mohr non risparmia nulla in insinuazioni, trabocchetti e tentativi di confondere la sospettata ma Sophie non cede mai né tentenna. Porta avanti la propria posizione riuscendo a scagionarsi ma un imprevisto mina l’alibi e tutto precipita.
Rarefatto, asciutto e scarno ma incisivo gioco delle parti: lei è refrattaria ma l’ispettore vuole i nomi dei complici. Sophie oppone la ferrea logica del ragionamento alla follia del regime e ogni sua parola gronda coscienza, libero arbitrio, forza, minando il mito dell’invincibilità e incuneandosi tra le pieghe dell’ottusa sicurezza infusa dall’ideologia totalitaria. Nessuno crede più alla Germania di Hitler e proprio in quel frangente la recrudescenza dell’idea affossata sferra il suo attacco più feroce: cinque giorni e la sentenza di morte è emessa dal Tribunale presieduto da un giudice fazioso e incattivito. Non sono concessi nemmeno i novantanove giorni di decorrenza per i condannati alla pena capitale.
Pellicola statica ma movimentata dall’energia della quieta e inarrestabile ribellione delle parole seguite da un’eccezionale coerenza delle azioni. Fisicità verbale ma non inutilmente verbosa. La scelta di Sophie, sorta di lucida Giovanna d’Arco, profetizza verità presto confermate dalla storia. Vaticina: “Vi troverete al mio posto” mentre incontra i genitori per bontà delle guardie. Fuma l’ultima sigaretta senza sfronzoli e poi affronta la ghigliottina, il tonfo della ragione e la domanda se non sia stato tutto inutile. No. Né lo sarà mai.
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