Se fossimo in Margherita Oggero cominceremmo a preoccuparci. Come scrittrice e come insegnante.

L’ex docente piemontese esordì nel 2002 con un piccolo gioiello di letteratura thriller-scolastica, La collega tatuata, che a molti parve rinverdire i fasti della mitica Donna della domenica uscita esattamente trent’anni prima dalla premiata ditta Fruttero & Lucentini.

Diversi i punti di contatto.

Una vicenda poliziesca ambientata nella Torino borghese.

Una deliziosa figura femminile (insegnante di mezz’età, priva di nome, ma non di carattere), aliena dagli orpelli della chirurgia plastica ma dotata di un sex appeal fatto di fascino, intelligenza e humour.

Un commissario altrettanto affascinante, Gaetano Berardi, che si spinge fino a tentare la solidissima routine familiare della docente (marito colto e intrigante, figlia piccola, petulante ma molto vispa, un cane e una mamma apprensiva a fare da contorno).

Citazioni, allusioni, metaforiche strizzate d’occhio al lettore colto e letterariamente smaliziato

A molti sembrò un piccolo miracolo: che poi il romanzo non fosse intenzionalmente diretto al pubblico di appassionati del giallo lo testimoniava la collana prestigiosa in cui apparve, “Scrittori Italiani e Stranieri”.

Ma, come spesso accade, il successo fu cattivo consigliere: seguì un secondo romanzo, Una piccola bestia ferita, meno incisivo del precedente, forse perché privo dell’effetto sorpresa. Poi Luciana Littizzetto si impossessò del personaggio della “profia” senza nome e portò l’anno scorso nelle sale cinematografiche il romanzo d’esordio (peraltro senza grande seguito di pubblico) col titolo Se devo essere sincera; e infine ecco in questi giorni Provaci ancora Prof, serie televisiva in quattro episodi (la domenica e il lunedì dal 6 al 14 novembre), liberamente ispirata al secondo romanzo. Per inciso la Oggero è ora in libreria con la terza avventura della intraprendente docente, questa volta ribattezzata con lo stesso nome della protagonista televisiva: i miracoli delle sinergie multimediali!

Al di là delle vicende poliziesche in senso stretto, già secondarie negli stessi libri, ciò che più negativamente colpisce in questa serie è il tradimento dello spirito originario.

Sulla scuola la Oggero, è chiaro, non ha la stessa posizione della sua collega (docente e scrittrice) Mastrocola: dovessimo usare il tormentone “celentanesco” la prima a molti (ma non a noi) potrebbe sembrare “rock” e la seconda “lenta”. Ma l’afflato ideologico-missionario, presente nei romanzi, nei confronti di un’utenza assai deprivata culturalmente, in tv diventa una complicità corriva con gli studenti nel giustificare i loro piccoli sotterfugi. Ma qui la Oggero sconta la visione “giovanilistica” degli sceneggiatori televisivi che, quando ritraggono la scuola, abusano a piene mani di luoghi comuni: comuni soprattutto a chi non vive nella scuola stessa.

L’ironia poi che circola con sovrana leggerezza nella pagina scritta, nello sceneggiato si risolve troppo spesso in fatuità, in compiaciuta gigioneria degli attori (nelle parti soprattutto del marito e del commissario) mentre, come troppo spesso accade in tv, la bimba si dimostra ben presto insopportabilmente “adulta”.

Se infine già nella finzione letteraria, peraltro diluita in quasi quattro anni, il fatto che per ben tre volte la prof. Baudino (già, perché nella serie ha naturalmente un nome e cognome) si trovi a contatto col delitto risulta abbastanza difficile da digerire, nella serie, per l’ovvia programmazione ravvicinata delle quattro puntate, si rasenta l’inverosimiglianza.

Ci sono, a completare l’opera, alcune “trovate” della produzione (trasportare le vicende dalla sabauda Torino, coi suoi rituali borghesi perfettamente riconoscibili, alla Roma ormai quasi dimenticata dalle serie poliziesche) o del casting (far interpretare studenti delle superiori da attori che con tutta evidenza hanno superato da un pezzo l’età scolare) che non aiutano certo a rendere più appetibile il prodotto.

Eppure, a sentire i risultati dell’Auditel, sembra che Veronica Pivetti (è lei la professoressa, in perfetta continuità con la maestra innamorata del maresciallo Rocca appena abbandonato) e i suoi colleghi abbiano raccolto l’apprezzamento del grande pubblico.

A questo punto delle due l’una: o chi vi scrive è affetto da un inguaribile snobismo e quindi entra costantemente in rotta di collisione con i gusti del telespettatore medio; o il palato di quest’ultimo è talmente guasto che qualsiasi cosa gli si proponga in prima serata, e per di più su RaiUno, che abbia lontana parentela col giallo e con la commedia incontra il suo favore.

Qualcuno vuol dare l’ardua sentenza?

 

Voto: 5