Prima il lato oscuro della cioccolata, adesso è la volta del lato oscuro della vita (magari anche dell’animazione che torna alla tecnica già sperimentata in Before Night Christmas, piccoli manichini filmati a passo 1) giacché è il mondo dei mortali ancora in vita ad essere plumbeo e ingessato. Per converso quello dei morti dove finisce Victor promesso sposo di Victoria (un riferimento, questo dei nomi, a Blake Edwards?) reo di aver infilato l’anello nuziale nel dito sbagliato, è tutto un fiorire di colori e balletti, battute e motti di spirito.
La sposa cadavere lo brama e Victor, alter ego di Burton che si riflette nel Depp Willy Monka, sta quasi per cedere perché l’amore, quando è amore, lo è per sempre, da vivi e da morti.
Miracolo di presa emotiva, riflessivo (i fotogrammi impressionati non sono già morti nel senso di già trascorsi? Il cinema non è forse fatto di fantasmi che tornano a rianimarsi pomeriggio dopo pomeriggio?), La sposa cadavere omaggia tra l’altro il grande Mario Bava per il modo in cui sceglie di illuminare il mondo dei trapassati (frutto anche della visione di alcuni dei film di Bava, a scelta tra Sei donne per l’assassino o La frusta e il corpo, che Tim Burton ha imposto al suo direttore della fotografia).
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