Intorno al 1637, Fermat scriveva, a margine dell’Arithmetica del greco Diofanto:

Non è possibile scomporre un cubo in due cubi, una quarta potenza in due quarte potenze e, in generale, ogni potenza, tranne quella quadrata, in due potenze dello stesso esponente. Di questo teorema ho scoperto una dimostrazione meravigliosa, che non può essere contenuta nel margine troppo ristretto della pagina.

Una congettura misteriosa, generazioni di matematici impegnati a dimostrarla: un giallo durato più di tre secoli.

Pierre de Fermat (1601-1665), magistrato e consigliere del re al Parlamento di Tolosa, si dilettava di matematica, in particolare di teoria dei numeri, nei momenti di svago. “Principe dei dilettanti”, come lo definisce lo storico della matematica E. Bell, Fermat studiava le opere degli antichi greci (in traduzione latina) e cercava di generalizzarne i risultati. Ho trovato un gran numero di teoremi straordinariamente belli, disse una volta. E questi teoremi li appuntava, a mo’ di glossa, nei margini delle traduzioni, senza la dimostrazione: una sfida aperta alla comunità dei matematici “professionisti”.

Alla morte del padre, il figlio Samuel raccolse scritti e lettere ed esaminò le note a margine della copia dell’Arithmetica. Nel 1670 pubblicò l’Arithmetica di Diofanto con le Osservazioni di Pierre de Fermat: una versione con il testo originale a fronte e le 48 glosse di Fermat scarabocchiate accanto al testo latino. La seconda osservazione era quella destinata a passare alla storia come l’Ultimo teorema di Fermat.

Che cosa afferma l'ultimo teorema di Fermat? Ricordiamo il teorema di Pitagora: in un triangolo rettangolo, la somma dei quadrati costruiti sui cateti è equivalente al quadrato costruito sull’ipotenusa. In notazione, dette a, b e c le misure, rispettivamente, dei cateti e dell’ipotenusa, allora:

a2 + b2 = c2., con a, b e c numeri naturali.

Per esempio, la terna 3, 4 e 5 verifica la relazione del teorema di Pitagora, perché:

32 + 42 = 52,

e prende il nome di terna pitagorica. Si può dimostrare che le terne pitagoriche sono infinite.

Che cosa succede se si prova a generalizzare l’enunciato del teorema di Pitagora, considerando un esponente n > 2?

L’equazione:

an + bn = cn., con a, b e c numeri naturali,

è priva di soluzioni naturali, per n = 3, 4, 5, ….. Questa era la congettura di Fermat.

Intrigante e coinvolgente, la storia de L'ultimo teorema di Fermat è un thriller matematico e un’avventura intellettuale, lungo le tappe fondamentali della teoria dei numeri.

Un giallo che si tinge di suicidi tentati (quello del tedesco dilettante Wolfskehl, che, salvatosi grazie all’Ultimo teorema, istituì nel 1908 un premio, pari a circa 1 500 000 euro odierni, per chi l’avesse dimostrato) e portati a compimento (quello del matematico nipponico Taniyama, nel 1958, che, disperato, affermava: <<…non posso negare che questo mio gesto sia una sorta di tradimento>>).

Un giallo che oggi ha finalmente trovato soluzione. Il detective è il matematico inglese Andrew Wiles, della Princeton University, che fin da bambino sognava di essere il primo a dimostrarlo. Nel 1993, infatti, dopo 7 anni di ricerche, egli annuncia al mondo di aver domato l’insolubile enigma di Fermat.

L'ultimo teorema di Fermat di Simon Singh racconta in maniera chiara e avvincente gli snodi storico-matematici di questa ricerca e, con tono accessibile, schiude le porte di una disciplina spesso ostica, fin dai banchi di scuola. Soprattutto, comunica l’emozione e lo stupore dello studioso di fronte al mistero appena svelato.

La mia esperienza di matematico può essere descritta nel modo migliore, paragonandola a quello che si prova entrando in una casa buia. Fai qualche passo incerto nella prima stanza ed è buio, buio completo. Ti muovi a tentoni, urti nei mobili e a poco a poco impari dove si trovano questo e quello; finalmente, magari dopo 6 mesi, trovi un interruttore, lo premi e tutto si illumina e puoi vedere esatta mente dove sei stato, Quindi entri in un’altra stanza buia…. Andrew Wiles