A voler essere estremamente pragmatici, si potrebbe descrivere La Città Bianca e il diavolo come la somma di due saggi intercalati, il primo dei quali descrive l'allestimento della World's Columbian Exposition del 1983 a Chicago mentre il secondo dettaglia i crimini di un serial killer che compì i suoi delitti proprio durante tale esposizione. Per quanto formalmente corretta, però, questa sintetica descrizione non renderebbe giustizia a questo saggio (bestseller nelle classifiche USA) di Erik Larson.

Innanzitutto perché proprio un saggio alla fine non è. È lo stesso autore, nell'introduzione, a ricordare che per quanto possano sembrare straordinari o improbabili, gli eventi che si è preso la briga di ricostruire sono tutti assolutamente autentici. Di più: sono documentati da un lavoro di ricerca minuzioso e puntuale, basato su documenti di prima mano, testi autografi, lettere, diari e giornali dell'epoca. Come se non bastasse, l'esposizione di Larson ha l'andamento di un romanzo, anzi, di una oliatissima macchina da thriller, con un montaggio efficace, "stacchi" e cesure ben calibrati, e una perfetta armonia tra le sue due parti, quella "bianca" dell'esposizione e quella "nera" del serial killer, che si annodano a vicenda completandosi come uno yin-yang. Insomma, una materia apparentemente arida (il solito serial killer? con in più un saggio sull'allestimento di una fiera? mah!) viene resa con un ritmo degno di un action movie di qualità: sarebbe già avvincente se si trattasse di finzione, ma sapere che siamo di fronte a una cronaca storica e non a un'invenzione raddoppia il piacere di leggere queste pagine.

La vicenda, lo abbiamo già detto, annoda mirabilmente i due piani della narrazione; e davvero si è tentati di affermare che la parte più coinvolgente sia quasi quella sull'allestimento della fiera. Non stiamo parlando di una sagra di paese, ma dell'esposizione mondiale con cui gli States cercarono di aggiudicarsi una fetta consistente di prestigio internazionale dopo che l'edizione precedente in Francia era stata caratterizzata dalla Torre Eiffel, simbolo di ardimento industriale e di avanzamento. Gli USA ambivano a eguagliare e superare il record francese e quindi l'edizione del 1893 generò aspettative incredibili.

Il primo filone del saggio racconta dunque la titanica impresa dell'allestire questa fiera con pochi soldi, pochissimo tempo e mille difficoltà: la recessione economica, il clima, le calamità naturali, l'ostracismo di certi settori della società e altro ancora. Protagonisti di questa sfida sono un pugno di uomini capitanati da un geniale architetto, Daniel H. Burnham, che sulle rive del lago Michigan darà vita a un pezzo importante - per quanto poco conosciuto - della storia dell'Occidente.

La seconda parte invece, più vicina al genere del true crime ma con un taglio particolarmente intimista, ha al suo centro uno degli individui più perversi appartenenti al genere umano: un giovane medico dalle molte identità, tra le quali quella più usata fu quella di Henry H. Holmes, probabilmente in omaggio al detective di Conan Doyle. E certo Holmes fu un mostro di intelligenza, di carisma, di persuasione e di manipolazione, ma tutte votate al male. Si stabilì a Chicago e costruì un albergo in cui dare sfogo a tutte i suoi deliranti sogni di sangue, come un ragno che attendeva pazientemente le proprie prede al centro della ragnatela; non è difficile immaginare che nel corso dell'esposizione le sue stanze si riempirono in fretta di giovani donne indifese, e che un numero molto alto di queste (anche se non è dato sapere la cifra esatta) scomparve nel nulla senza lasciare traccia. Larson è molto bravo ad accennare alle perversioni senza mai indugiare in particolari sanguinolenti, cosa che rende questa seconda linea narrativa ancora più agghiacciante proprio in quanto allusive.

Ciò che colpisce di più, alla fine di questa storia a doppio binario, è come le due vicende pur scorrendo parallele (Burnham e Holmes non incrociarono mai la propria strada) si configurino alla fine estremamente compatte; anzi, si può scorgere in esse due facce della stessa medaglia, due lati di un unico destino uguale e contrapposto. Quella che Larson mette in scena è la fotografia abbacinante dell'affermarsi di un'America già molto vicina a quella che noi conosciamo oggi: con tutte le luci della Città Bianca - la fiducia nel progresso, gli avanzamenti tecnologici, il sogno ardito che diventa realtà - ma anche con l'abisso di ombre gettato da quella stessa città. Holmes era un'anomalia in questa oasi di positivismo o non, piuttosto, un suo sintomo? Il sacerdote sanguinario e individualista della propria perversione "celebrò il corpo della nuova America", come recita la fascetta di copertina, con un tempismo che ha del fatale.