Alla sua prima data italiana, invitata al Teatro S. Giorgio di Udine come “assaggio” in anteprima del Sexto Nplugged Festival e del Far East Film Festival, la polistrumentista Eva Liu (voce, chitarra e pianoforte, già frontwoman della noise rock band Dama Scout) ha tenuto un concerto il 29 marzo 2025 con il suo nuovo progetto musicale Mui Zyu, translitterazione alfabetica dei due caratteri cinesi妹猪, usati per rivolgersi in maniera affettuosa a una ragazza più giovane con l’appellativo di “sorellina maialina”.
Nata nell’Irlanda del Nord da genitori hongkonghesi e poi emigrata a Londra, Eva Liu ha dato vita alla band Mui Zyu nel 2020 insieme al tastierista e co-autore delle musiche Luciano Rossi, la violoncellista Deni Teo e la violinista Eloise Mcdonald. L’avventura discografica del gruppo è iniziata nel 2021 con l’EP A wonderful thing vomits, proseguendo con i due album Rotten Bun for an Eggless Century nel 2023 e Nothing or Something to Die for nel 2024.
Concentrandosi sulla presentazione dell’ultimo disco, suonato quasi per intero con l’aggiunta di due canzoni tratte dall’album precedente, durante il concerto Liu ci ha guidato con la sua voce eterea attraverso un universo in bilico fra la malinconia fluttuante del dreampop e le ruvide asperità dell’indie, abbracciate dalla buffa irriverenza dell’electronica. Si avvertono qua e là echi di atmosfere à la Badalamenti, ma anche riferimenti a band indipendenti hongkonghesi quali 壊碑唇 (Huài Bēichún) o 跳房子 (Hopscotch), in un caleidoscopio di suoni mai banali. Fra le highlights del concerto, sicuramente Everything to die for, una delle canzoni di maggiore presa del disco; l’ariosa當娜喜歡寄生蟲 (Dāngna xĭhuan jìshēngchóng), versione in cantonese del brano Donna like parasites; la siderale Please be ok; la struggente Cool as a cucumber, chiaro omaggio a Julee Cruise, e soprattutto Ghost in a peach skin, in una versione molto diversa, più intima e intensa di quella presente nell’album Rotten Bun for an Eggless Century: momentaneamente accantonata la chitarra, Liu si concentra tutta sulla voce, lasciando che le mani cullino il pubblico dentro il movimento ipnotico del canto.
Finito il concerto, ho avuto il piacere di intervistare la cantautrice sulla sua musica e le sue influenze.
Che cosa ti ha spinto ha creare il progetto Mui Zyu?
Credo che il vivere in prima persona episodi di razzismo ai danni degli immigrati cinesi a Londra durante la pandemia mi abbia dato la spinta a voler ritrovare ed esplorare le mie origini con orgoglio. Allo stesso tempo, questa situazione mi ha anche permesso di trovare il coraggio per dare un nuovo inizio alla mia carriera artistica con un progetto del tutto diverso da quello precedente. Volevo tornare alle mie radici cinesi, di cui quasi mi vergognavo in passato, cercando invece per la prima volta di valorizzarle sia musicalmente che culturalmente.
Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
Sono una grande ammiratrice di compositori per colonne sonore come Bernard Herrmann e Angelo Badalamenti, ma anche di opere cinematografiche. David Lynch è il mio regista preferito e di lui citerei in particolare Blue Velvet, perché è il primo tra i suoi film che ho visto e che mi ha permesso di entrare in quell’universo così speciale da lui creato, dark e dolceamaro insieme, che in qualche modo va a confluire anche in ciò che creo io, ma ovviamente anche la serie Twin Peaks ha un posto importante nel mio cuore. Una delle canzoni dell’ultimo disco che abbiamo eseguito questa sera, Sparky,non a caso si ispira al cane di David Lynch, che aveva lo stesso nome. Musicalmente, mi ispiro al Cantopop, la cui passione ho ereditato dai miei genitori. Artiste come Anita Mui, Teresa Teng e Faye Wong sono un riferimentoculturale importante per me. Anche se la musica pop di Hong Kong puòa volteapparire melensa e stucchevole, la trovo fondamentale e mi dà degli spunti che la musica occidentale non può darmi allo stesso modo e con la stessa intensità.
Come si è evoluta la tua musica e quali sono gli argomenti che ti piace esplorare?
I temi si cui mi soffermo comprendono l’alienazione, lo sradicamento culturale e il trauma di sentirsi sempre fuori posto come donna asiatica e queer. Utilizzo la musica come punto di fuga da queste sensazioni e come possibilità di creare un luogo sicuro da cui irradiare un senso di appartenenza diverso e del tutto personale. Nell’Ep A wonderful thing vomits, registrato a casa durante la pandemia, mescolo sonorità dark a trame vocali delicate, unendo suoni occidentali a strumenti legati alla tradizione cinese. Musicalmente più variegato e incentrato sull’alternanza fra melodie pop e atmosfere sonore industriali, Rotten Bun for an Eggless Century mi ha invece permesso non più semplicemente di costruirmi una via di fuga dalla realtà, ma piuttosto di immergermi in maniera profonda nella mia cultura di appartenenza. Qui i temi che ho deciso di esplorare sono diventati la comprensione e la pazienza, a fronte di un mondo che corre sempre più verso la fretta e lo scontro violento sia fisico che verbale. Rotten Bun plana continuamente fra due mondi, quello della realtà più prosaica e quello del fantastico-orrorifico, con atmosfere tetre che si sfilacciano progressivamente in una dolcezza sognante e straniante. Mi sono ispirata ai racconti di Pu Songling e ho anche cominciato a suonare con dei gruppi provenienti dal Sudest asiatico, per capire meglio le mie origini e farle mie.
In Nothing or something to die for sono andata alla ricerca della pace interiore. Dopo essermi guardata dentro con Rotten Bun, ho deciso di accettare il caos del mondo esterno cercando però un punto da cui partire per trovare un mio percorso personale. Dunque, non più fuga da una realtà che non accoglie, né un ritrovare le radici, ma un tentativo di capire le assurdità di quanto mi sta attorno e le contraddizioni dell’esistenza, fatta di apatia e iperattività al tempo stesso, progresso tecnologico che promette maggiori legami fra le persone ma poi finisce per allontanarle sempre di più, e insieme la frustrazione di dover sottostare a standard imposti dall’esterno. Un disco che accoglie le contraddizioni del mondo in cui viviamo e la pulsione tutta umana verso l’autodistruzione e la futilità di molte imprese compiute in nome del progresso, senza lasciarsene travolgere.
Cosa vorresti dire al pubblico prima di salutarci?
Sono molto contenta che il Far East Film Festival e il Sexto Nplugged mi abbiano invitata, e che il pubblico così affettuoso che è venuto a vedermi abbia deciso di passare un sabato sera ascoltando la mia musica. Spero sia stata apprezzata.

Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID