Sicuramente una spy-story l’ultimo romanzo dell’ormai triestino Pietro Spirito, uno scrittore che ci ha abituato a libri che spaziano nei territori dell’avventura, del mare, degli abissi, della Storia, da cui ricava i materiali che danno vita oltre che a romanzi, a reportage, a saggi di singolare interesse per lo sguardo obliquo con il quale li interpreta.

Capita anche con questo “É notte sul confine”, edito da Guanda, che ha sullo sfondo il tentato colpo di stato da parte di Junio Valerio borghese nel lontano 8 dicembre 1970, ma con epicentro il confine orientale d’Italia in quegli stessi anni, in cui è ancora fresca la ferita della cessione dell’Istria e di Fiume alla allora Jugoslavia. Un confine pertanto fortemente influenzato dalla guerra fredda tra occidente capitalistico ed est comunista e, più in generale, da ciò che, con Trieste, restava della Venezia Giulia attraversata dai mai spenti conflitti politici ed etnici che, insieme alla guerra fredda, davano un gran daffare ai servizi segreti, sia italiani che jugoslavi ovviamente. 

Non a caso, protagonista del romanzo di Spirito, è un giornalista, Ettore Salassi, ovviamente del quotidiano triestino stesso in cui l’autore ha lavorato per molti anni, e che, come molto spesso capita nel campo della comunicazione, è stato arruolato come informatore dai nostri servizi segreti, l’allora SID, Servizio Informazioni Difesa, segnato all’epoca da non pochi scandali per le sue deviazioni dal dettato istituzionale.

Salassi viene attivato dal suo contatto, un colonnello, che dopo i convenevoli gli chiede di indagare sull’omicidio di un militare, Settimo Santo, caporale dei Lancieri di Saluzzo, della Caserma di Poggioreale del Carso. Un militare che, a sua volta, era un informatore dei servizi, infiltrato tra i soldati di estrema sinistra e di estrema destra e il cui cadavere è stato trovato in mare. Con la scusa dell’inchiesta giornalistica Salassi poteva muoversi per contattare le persone giuste, che frequentavano il furiere ucciso, e fare le domande più opportune senza destare sospetti.

Ed è su questa indagine, contaminata da un’attrazione per Maja, una bella slovena, nipote della portiera del palazzo in cui Salassi vive da single dopo essersi lasciato piuttosto freddamente dalla fidanzata Loredana, che la trama del romanzo si dipana. La capacità di Pietro Spirito è quella di riportarci all’atmosfera e tensioni dell’epoca, caratterizzata dagli estremismi nazionalisti e ideologici che ancora adesso – vedi i recenti vandalismi presso la foiba di Basovizza alla vigilia del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata – tornano alla ribalta della cronaca. Ovviamente, dati gli anni, nel romanzo sono ancora attivi alcuni protagonisti della Seconda guerra mondiale, ma anche della prima, di cui quel confine porta ancora i segni. Lo stesso Salassi è uno dei tanti di quei protagonisti, testimone di violenze che talvolta ritornavano nei suoi incubi notturni, e che egli cerca di allontanare con l’alcool, tanto inquieto da cacciarsi in guai che lo costringono a portarsi dietro una pistola per difendersi.  Dalle ombre, non solo metaforiche, di un passato che non passa emergono vecchi residuati ustascia, fascisti e agenti jugoslavi, dai quali tutti, Sid compreso, il nostro Salassi si troverà circondato per finire in malo modo. Ma la storia non finisce qui perché anche l’amore avrà da dire la sua.

Un libro da leggere, questo di Pietro Spirito, anche perché, se parla del passato, ci illumina non poco sul presente.