Stranimondi 2024, festival del libro fantastico che si tiene da dieci anni a Milano, oltre a prevedere panels di gruppo su tematiche specifiche e stand di libri in vendita dà anche l’occasione a chi legge di ascoltare ospiti nazionali ed internazionali invitate dalle case editrici. Nell’ambito della scifi italiana, presenza preziosa di questa edizione è stata quella di Daniela Piegai, introdotta da Laura Coci, Roberto Del Piano, Silvio Sosio e Nicoletta Vallorani.
Autrice di racconti e romanzi (molti dei quali tutt’ora inediti), Piegai è una fantascientista fondamentale del panorama nostrano alla quale però, ci spiega Coci, il mondo editoriale ha tolto tanto. Come accaduto per Marge Piercy, in Italia a torto poco conosciuta per via della scarsa diffusione dei suoi due romanzi principali, Woman on the edge of time e He, She and It (entrambi usciti per Elèuthera negli anni ‘90, rispettivamente con i titoli Sul filo del tempo e Cybergolem, e mai più ristampati), Piegai venne pubblicata inizialmente dall’Editrice Nord (Parola di alieno, 1978; Ballata per Lima, 1980; Nel segno della luna bianca – con Lino Aldani – 1985) per poi passare ad un altra casa editrice, questa volta dichiaramente femminista, La Tartaruga (Il mondo non è nostro, 1989) e vedere successivamente i propri titoli cadere nell’oblio o rifiutati dagli editori.
Oggi, grazie al lavoro congiunto di Coci e Del Piano come curatori da una parte e di Silvio Sosio come editore dall’altro, stiamo assistendo a un prezioso lavoro di riscoperta e ricerca di manoscritti della scrittrice da parte di Delos Digital: si inizia nel 2022 con la ripubblicazione de Il mondo non è nostro, poi nel 2023 escono il romanzo Strega di sera, bel tempo si spera (scritto a quattro mani con Nicoletta Vallorani e ritenuto ormai perduto dalle stesse autrici) e l’antologia di racconti Incanti Alieni, mentre nel 2024 escono il romanzo Le fortezze dell’alba e le novelle Linee d’ombra. Tutt’ora in corso, questo lavoro di riscoperta permette di restituire a Piegai la fama e l’onore che merita per il suo sguardo femminista e non militarista sulla fantascienza. A dispetto di quante persone pensino che le tendenze in atto nel mondo letterario anglosassone in Italia arrivino sempre dopo, Coci ci tiene a precisare come l’autrice abbia saputo mostrare fin dalla fine degli anni ‘70 come fosse invece possibile scrivere una fantascienza italiana non machista e incentrata sui temi sociali, dunque affrontando la contemporaneità parlando di scenari futuri. Le sue opere, spiega ancora Coci, appartengono infatti alla parte più nobile e vera della fantascienza e della letteratura tout court, quella con l’ardire di voler cambiare il mondo, capace di delineare le possibilità dell’utopia conducendoci verso la sua realizzazione. Questi motivi, oltre alle numerose intuizioni presenti nell’opera di Piegai, rendono la sua figura un innegabile riferimento autoriale per le generazioni attuali e future della scifi italiana, anche grazie a doti quali modestia e leggerezza (di cui, aggiunge chi scrive, il mondo odierno così pullulante di tuttologi arroganti e pieni di odio ha davvero bisogno).
Ma come è iniziato in concreto il lavoro di recupero dei testi? Prende la parola Roberto Del Piano, spiegandoci come innanzitutto ci sia stata un’analisi filologica e di contestualizzazione di ciascun manoscritto; in molti casi, Coci e Del Piano si sono avvalsi del preziosissimo aiuto di singoli appassionati, collezionisti e bibliotecarie in possesso della prima redazione in assoluto soprattutto dei racconti, inviati dall’autrice a varie fanzine senza conservarne nessuna copia per sé né ricevendone alcuna da conservare in un proprio archivio personale. Per quel che riguarda i romanzi, invece, molti giacevano dimenticati e in formato manoscritto cartaceo a casa dell’autrice, che ormai aveva deciso di non occuparsene più, visto il disinteresse dimostrato dagli editori.
“Io non ho mai smesso di scrivere,” rivela Piegai riprendendo la parola, “ho smesso di cercare chi mi pubblicasse”. Il panorama degli anni ‘70 e ‘80 non consentiva purtroppo a una donna che volesse fare un tipo di fantascienza “altra” di portare avanti le proprie idee, e allora lentamente la scelta di non interagire con l’editoria si fece preponderante in lei. Silvio Sosio ha però voluto credere nella possibilità di far riscoprire la sua intera produzione letteraria, edita e non, al pubblico italiano, ed è l’editore stesso a dircelo. Il primo pensiero in casa Delos quando si scelgono i titoli, precisa Sosio, è quello di pubblicare cose importanti, e benché il futuro della fantascienza italiana sia continuamente messo in dubbio da vendite poco generose rispetto a quelle riservate ad autrici e autori internazionali, ci sono segnali incoraggianti di inversione di rotta. Ad esempio, Il mondo non è nostro è attualmente esaurito, segno che l’operazione di riscoperta dell’opera di Piegai sta funzionando, perché c’è un reale interesse attorno alla sua scrittura.
Se dovessimo definire Daniela Piegai e il suo ruolo effettivo all’interno della scifi nostrana, cosa potremmo dire? Nicoletta Vallorani non ha dubbi: siamo al cospetto dell’Ursula Le Guin italiana, una vera e propria luce guida per la sua capacità di accostare un’analisi del reale all’impegno sociale e politico, prendendo posizioni nette su quanto accade nel mondo e sulle sue ingiustizie. Molte persone, precisa Vallorani, affermano di non voler leggere la fantascienza proprio perché terrorizzate all’idea di scoprire come sarà il futuro, ma ciò vorrebbe dire trasformare la lettura – e dunque la scrittura – in mera evasione, o in piatta riproduzione di stilemi sempre uguali a se stessi, senza rischiare mai nulla. La letteratura vera, invece, come quella di Piegai dimostra di essere, non è un posto sicuro dove rifugiarsi, perché ciò toglierebbe la possibilità di aprire lo sguardo all’immaginario; chi scrive (e chi legge) ha dunque l’obbligo di uscire dai cantucci rassicuranti del ragionamento atrofizzato e ridotto a semplice ripetizione di slogan propagandistici, inoculati con virulenza da chi ci governa (cosa che sta accadendo in maniera sempre più drammatica sia nel mondo politico nazionale che estero, con derive sovraniste e fascistoidi mirate al soffocamento di ogni libertà possibile). La fantascienza, in quanto genere potenzialmente aperto alla visione di altri mondi e dunque altri modi di concepire società, identità e res publica, ha bisogno oggi più che mai di uscire dai recinti del precostituito e della logica aggressivo-guerrafondaia oggi predominante. Muovendosi in tale direzione, l’opera di Piegai non solo è invecchiata bene, ma risulta oggi più che mai necessaria, perché ha il coraggio di vedere oltre e di portarci in questo oltre.
Riguardo lo scarto esistente fra la propria visione letteraria “altra” e l’ordine precostituito e rassicurante spesso creato a tavolino dagli editori in romanzi tutti uguali, Le fortezze dell’alba all’epoca venne scartato dalle case editrici perché ritenuto troppo controverso: i protagonisti, ci spiega Piegai, vennero etichettati come “terroristi”, cosa che secondo gli editor di allora (quasi sempre uomini) poteva influenzare negativamente le vendite e l’opinione pubblica. Un’altra questione per la quale venne spesso criticata fu quella di non inserire mai battaglie nelle sue opere. Gli editori, precisa l’autrice, condizionano pesantemente chi vuole pubblicare con le loro richieste; a lei invece interessava seguire la propria strada senza condizionamenti. Ricorda ancora come le dicessero: “Questo romanzo è inconsistente perché non c’è una battaglia”, e la risposta che uscì dalle sue labbra: “Se vuoi una battaglia, chiedi a qualcun altro”. Una critica analoga le venne mossa sul fatto che le sue storie non prevedessero nessuna figura riconducibile alla categoria del villain; la categorizzazione buoni/cattivi a lei non è mai interessata, perché la realtà è molto più complessa di queste divisioni semplicistiche e rassicuranti. Dovendosi dunque scontrare con editor non sempre lungimiranti né di ampie vedute, Piegai ha capito presto di dover compiere una scelta fra due estremi inconciliabili: o piegarsi al mercato e alle sue esigenze mortifere dal punto di vista della libertà creativa, o seguire la propria strada. Questo, in ultima analisi, ha determinato la sua assenza a lungo termine dal panorama scifi italiano.
A chi scrive oggi, l’autrice gira lo stesso dilemma, precisando che se si vuole farlo di professione, difficilmente si potrà evitare di piegarsi alle regole. Certo, per una scrittrice è molto importante poter dialogare con una propria “tribù” di riferimento con cui condividere sogni e aspirazioni: le due attività di scrittura e lettura in fondo rappresentano la possibilità di costituire un nucleo di sognatrici e sognatori, e anche se da alcuni anni il suo intento creativo si concentra più sulla pittura che la scrittura, lo scopo primario di entrambe le attività è comunque quello di “impadronirsi” delle cose rivelandone l’essenza ironica e dolce, non senza ribellarsi alle ingiustizie del mondo e cercare di risolverle.
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