Premiato sia al Sundance Film Festivalche agli European Film Awards del 2023 nella categoria documentario, Smoke Sauna Sisterhood – in italiano tradotto come I segreti della sorellanza - di Anna Hints (che ne è anche la sceneggiatrice) è più che un semplice resoconto su un’usanza millenaria del sud-est dell’Estonia: ciò a cui assistiamo è infatti la costruzione di un piccolo ma tenace rifugio dove una condivisione e celebrazione tutta al femminile può finalmente esistere.
Cornice di questa sorellanza è quella della cosiddetta sauna “affumicata”, tradizione praticata nella località estone di Võromaa da secoli e nel 2014 entrata a far parte della lista Unesco dei Patrimoni Culturali Immateriali dell’Umanità. Vero e proprio rituale collettivo in grado di purificare sia corpo che mente dopo giornate di duro lavoro a stretto contatto con condizioni climatiche particolarmente avverse, la smoke sauna ha permesso alle comunità rurali di tramandare di generazione in generazione usanze collettive vitali per la propria sopravvivenza, quali spaccare legna e utilizzarla per scaldare il forno, affumicare la carne e costruire capanni dove non solo si può conservare la carne stessa ma ci si può anche rilassare dedicandosi appunto al rituale della sauna affumicata. Trattasi di un tipo particolare di sauna dove non si usa nessun camino ma unicamente il fumo del legno, che viene lasciato ardere all’interno di un capanno (da cui il nome di sauna “affumicata”) provvisto di ripiani dove accomodarsi sedutə o stesə una volta che la stanza è piena di vapore. Spogliandosi all’esterno, le persone che vogliono utilizzare la sauna entrano tutte insieme, creando così una sorta di mondo parallelo dove far scorrere liberamente le proprie paure e i propri dolori, per scioglierne il peso e raggiungere una forma condivisa di libertà. È anche per questo che la sauna è considerata un luogo sacro e un tempo si usava sia per partorire che per lavare i morti, accompagnandoli nel loro viaggio finale.
Rimandando le spiegazioni ai titoli di coda, il film ci presenta una comunità fatta interamente di donne, seguendola nel rituale collettivo della sauna affumicata ripetuto nell’arco di diverse stagioni e amplificato dal mutare del paesaggio dalla neve e ghiaccio iniziali ai verdi, gialli e rossi brillanti delle altre stagioni. Ciò che rende questo mondo “altro” e in qualche modo utopico rispetto a quello in cui sostiamo nella vita di tutti i giorni è il suo essere costituito da una corrente ininterrotta di voci, respiri e vapori che salgono e avvolgono l’intero schermo, entrando in profondità attraverso nenie e canti dal sapore sciamanico. “Cresci sana”, è la prima invocazione che sentiamo in apertura, ed è quasi un invito o un augurio per tutte le donne che entreranno nell’universo del film a spogliarsi delle manie e sovrastrutture che condizionano l’esistenza, per abbandonarsi al caldo abbraccio della sauna -amica, complice, sorella sacra.Entrando, abbiamo modo di sentire e vedere una presenza di donne diversa da quanto ci propinano sia i mass media che i film dalla trama lineare e puntellata da personaggi principali e antagonisti: qui non ci sono identità da distorcere o esplorare né corpi da reificareo venerare, ma solo una collanadi schiene, braccia, capelli, gambeche s’intravedono appena nella penombra trasfigurandosi in voci che intonano il proprio canto al cerchio che le unisce, per tessere il filo della sorellanza e affrontare temi che fuori, nel mondo costruito dagli uomini, non troverebbero spazio o verrebbero cancellati.
I temi riflettono proprio la distanza fra ciò che la cultura patriarcale da sempre impone alle donne, condizionando e manipolando i loro desideri e pensieri, e ciò che invece sboccia nella loro mente e fa capolino tra le pieghe del corpo: l’oggetto della conversazione cambia da istante a istante partendo dallabellezza, e da come il silenzioso interiorizzare distandard falsati su quello che una donna dovrebbe o non dovrebbe essere fisicamente possa condizionare la vita di molte -figlie, madri e amiche. Se da una parte avere un seno grande è sintomo di grande bellezza, visto che gli uomini attribuiscono un valore positivo a una caratteristica del genere, non averne affatto perché costrette ad asportarlo a causa di un tumore può generare paura oaddiritturaparalisi, forse perché la propria presenza potrebbe essere rifiutata o vista come sbagliata e in qualche modo mancante di qualcosa.La pressione sociale fa ulteriormente capolino nel momento in cui il discorso affronta temi quali il rimanere celibe anche dopo i trent’anni, o lo scegliere un percorso non eteronormativo una volta essersi scoperta lesbica e avendo accettato la propria identità pur all’interno di una cultura che vuole obbligarti a fare diversamente. “Abbiamo avuto dei modelli così forti su chi debba darci l’intimità. Come capire se accettare qualcosa di così insolito? Chi ci dice cosa desiderare?”, si chiedono alcune ad un certo punto, e la cosa più bella del condividere i propri pensieri con altre donnedentro l’abbraccio caloroso della sorella sauna è che nessuna ti giudicherà: le parole sgorgheranno libere finché non cesseranno di farti male e ti libereranno.
Il desiderio può ovviamente assumere tante sfumature, e fra queste anche quello di diventare o meno madre, ma anche accettare la propria madre come presenza oscura vittima della rabbia o della depressione, che preferisce esercitare il controllo sulla figlia per dare ordine al caos interiore piuttosto che dimostrare l’amore in un altro modo. E anche qui non c’è alcun giudizio, né in chi parla né in chi ascolta: le parole semplicemente scorrono come nuvole fino ad evaporare e lasciar spazio ad altri suoni.E poi c’è il controllo per antonomasia, quello che gli uomini e i governi da loro creati cercano di esercitare sul corpo delle donne nel corso della Storia, sia attraverso i limiti imposti sul diritto all’aborto che tramite altre forme di violenza, come quella domestica fra marito e moglie o lo stupro, in molti casi tenute a tacere per vergogna, o se rivelate anche solo alla propria madre, oggetto di crudele incredulità: “inventane un’altra per attirare l’attenzione”, una delle ospiti della smoke sauna confida di aver sentito dire dalla madre. E ora che sono passati tanti anni da quel triste momento e da donna incinta che ha scelto consapevolmente di esserlo, si chiede: come posso proteggere mia figlia da tutto questo? Come fermare le storture del mondo là fuori che ci vuole vittime, docili e inermi senza nessuna indipendenza né fisica, né mentale, né culturale?
A tratti, il fumo e i vapori che viaggiano sullo schermo diventano quasi lembi di pelle o membrane che si sfiorano vibrando di desiderio. In altri momenti, il vapore assume invece le sembianze di un vetro o una lastra di ghiaccio da cui si irradia l’arcobaleno: in questi attimi, appare il riflesso smerigliato di una donna anzianache si abbandona alla narrazione del passato e di come le donne vivessero allora, a quali stigma sociali andassero incontro, quali ad esempio il divorzio, considerato un “peccato”, o le mestruazioni, definite popolarmentecome “la malattia”. Molte di queste donne, picchiate dai mariti o costrette ad abortire clandestinamente per paura di ritorsioni o di emarginazione sociale, magari andando persino in Finlandia dove era possible sia acquistare la pillola abortiva che farsi praticare un aborto in ospedale (visto che entrambe le opzioni non erano consentite in Estonia), non avevano molte scelte nella vita, costrette a convivere con il dolore trattenendosi senza sosta. Ricordare le loro difficoltà parlandone nello spazio sacro della sauna è anche un modo per onorarle e non renderne la esistenza vana, dando alla narrazione della sofferenza un valore catartico perché esperienza condivisa collettivamente.
Anche i momenti che ritraggono le donne all’esterno della sauna sono in realtà parte integrante del medesimo universo fatto di ritualità ed esperienzacollettivapotente e trasformativa:ci ritroviamo a vederle correre nude nella neve o immergersi nell’acqua gelida, dove colei che ospita le altre nel proprio capanno ha creato un varco spaccando il ghiaccio con un bastone proprio in preparazione alla sauna, perché c’è bisogno di alternare momenti nella stanza affumicata a momenti all’esterno, al freddo, per dare conforto al corpo così come alla mente; o ancora le vediamo spaccare legna, suonare la fisarmonica, ballare, affumicare la carne e mangiarla, massaggiarsi a vicenda con foglie e rami e poi scivolare inun lago calmo, con gli occhi rivolti alle nuvole estive.
In un finale che è un crescendo estatico di incantesimi dove il sale, il vapore,il cerchio di donne e il luogo sacro che ne ospita l’accudimento reciproco si librano in un canto runico di ringraziamento (a cui partecipano anche la regista e la produttrice Marianna Ostrat), Smoke Sauna Sisterhood ci regala un’esperienza per molti versi magica e primordiale, in uno spaccato di vita dal sapore utopico perché fatto unicamente di donne che trovano pace e autenticità in un luogo dove possono liberarsi del dolore di dover far parte di una cultura e società che le esclude e le discrimina riportandole sempre a una posizione di inferiorità e a uno status di proprietà privata dell’uomo. Ma qui, nella sauna affumicata, il mondo sa essere altro e dare speranza, euforia e unione.
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