Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
On the road il più possibile, soprattutto nella prima fase, quella della raccolta di idee. Tra Google Street View e l'odore dell'asfalto (se scrivo storie cittadine) o dei glicini ma anche del letame (se lavoro a vicenda di campagna) scelgo di respirare gli spazi. Così non devo suddividere fisicamente da mentalmente perché sono completamente immerso nei luoghi che voglio raccontare. E aumentano le probabilità che anche il lettore senta quegli odori. È uno dei motivi per cui racconto di preferenza l'Italia o comunque luoghi che conosco. E le volte in cui mi capita di ambientare le vicende in luoghi lontani e/o difficili da raggiungere, cerco se possibile un insider in loco che mi faccia vivere il più possibile l'ambiente, seppure a distanza. Così, quando poi fisicamente sono alla fase più tecnica, costretto come Alfieri alla mia scrivania, mentalmente sono ancora nell'altrove che racconto.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?
Non di rado si scelgono da soli. Il caso più emblematico è quello di Silvia Bottini ne Il Cuore di Lombroso: nel soggetto approvato, motiva nel primo atto. Scriverla e vederla prendere vita nei disegni di Francesco de Stena mi ha spiegato che no, non era proprio il caso di privarsi di un personaggio così divertente da raccontare. Quindi, ha deciso non solo di salvarsi, ma di diventare co-protagonista nel volume successivo, Il naso di Lombroso. E comunque voglio bene ai miei assassini non meno che alle mie vittime: la sorellanza che ho raccontato nella storia doppia di Martin Mystère Specchio specchio delle mie brame/La regina cattiva ha tutta la mia empatia.
Qual é il tuo modus operandi?
Breve periodo in cui vago vagheggiando alla ricerca dello spunto adeguato (questo anche quando l'idea è commissionata, perché devo trovare comunque il modo di farla mia). Trovato il filone, ulteriore perdita di tem… ehm, investimento nel reperimento del maggior numero di materiale di documentazione possibile. Librerie, biblioteche, viaggi, interviste, a comporre un mosaico all'inizio molto frustrante: troppa roba, troppo diversa, non ci starà mai in una storia univoca e coerente, troppa fatica per nulla, butterò via tutto. Allora lascio lì tutto, e come per magia, come un impasto ben incordato, lo ritrovo che lievita: alcuni pezzi in apparenza incoerenti iniziano a mostrare delle connessioni ed è una delle fasi più esaltanti: la salita lascia immediatamente il posto a una vorticosa discesa. È il momento degli schemini, perché i passaggi narrativi siano chiari e anche in caso di pause il lavoro possa riprendere in qualsiasi momento con fatica relativa. Quando la meccanica si sostiene, lavoro soprattutto su personaggi, psicologie, dialoghi (che spesso necessita di un ulteriore lavoro di ricerca documentazione, ma stavolta mirata).
Chi sono i tuoi complici?
Facendo principalmente fumetti, soprattutto gli editor e i disegnatori, senza dimenticare i letteristi. Ci sono editor che sono nel processo ideativo sin dalle primissime fasi, e colgo l'occasione di ricordare Alfredo Castelli, che non di rado si presentava a tavola con uno spunto da cui sviluppare le mie storie di Martin Mystère. E ci sono disegnatori con cui lo scambio è continuo e proficuo, io suggerisco migliorie al loro lavoro sin dalle fasi dei layout e loro propongono modifiche ad alcune scelte di regia e impostazione. Lavorare così, non a compartimenti stagni, è il modo più divertente ed è anche quello che spesso porta i risultati migliori.
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
Si dice che non di rado chi sceglie questo mestiere lo faccia anche perché si relaziona più facilmente a distanza e attraverso il filtro delle sue opere che non di persona. Ecco, non è il mio caso. Sono da qualche anno in una sorta di Never Ending Tour tra biblioteche, fiere di settore, circoli culturali, librerie, fumetterie, piazze, strade, fortezze, palazzi del turismo, ristoranti, spiagge (ho davvero fatto presentazioni in ognuno di questi luoghi) per raccontare le mie opere (ma se capita anche quelle altrui, novello Pippo Baudo) e per sentire cosa ne pensa chi le ha già lette o chi ha scelto che le leggerà. Lo scambio continuo mi rinforza, mi rigenera, mi motiva moltissimo. E spero che dia sufficienti motivazioni anche a chi decide di venirmi ad ascoltare. E devo dire che preferisco di gran lunga le chiacchierate a questi eventi che non quelle on line, dove non di rado i toni civili vengono sostituiti da altre modalità che non mi entusiasmano.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
Forse un vero e unico messaggio non c'è. Ma c'è un pezzettino di me in ogni pagina, quindi da lì emerge con tutta probabilità la mia visione delle cose. Non ho l'obiettivo di cambiare le menti altrui, ma quel che penso del mondo e dell'umano al lettore dovrebbe arrivare. Certo, in un mondo così polarizzato non credo abbia qualche effetto sull'approccio alla vita altrui (e nemmeno lo cerco, ripeto), se non confermare le proprie convinzioni nel caso siano affini alle mie oppure odiarmi profondamente nel caso la si pensi in maniera opposta. Ma rimango sempre aperto alla possibilità di cambiare idea in merito. Anzi, un po' lo spero.
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