Il silenzio del coro è il secondo romanzo dell’autore senegalese francofono, uscito in Francia nel 2017 e sul mercato italiano nel 2023. In un’intervista Sarr racconta come al seguito di un amico poeta nel 2015 visitasse la Sicilia e incontrasse un gruppo di giovani migranti che risiedevano in un paese della provincia di Enna. Da quell’esperienza di viaggio e di conoscenza di altri luoghi e di altre genti, ne scaturì l’idea per “Il silenzio del coro”, scritto durante una residenza letteraria di un anno in un castello della Savoia.
Il romanzo ha una struttura circolare: le due pagine iniziali di Prologo/Epilogo raccontano le sensazioni fisiche e psichiche di un unico personaggio, Jogoy, inizio e termine di una storia corale. Il romanzo si apre con l’arrivo in un paese immaginario della Sicilia, Altino, di un folto gruppo di migranti africani. Ognuno di loro con il proprio vissuto, spesso drammatico, che il ha spinti a lasciare la famiglia e il paese di origine alla ricerca di nuove opportunità di vita e di lavoro, talvolta della mera sopravvivenza. Di loro si occupa da anni un’associazione di cui fanno parte uomini e donne convinti dell’utilità della loro missione. Il medico è quello più in crisi perché sente la fatica inutile della sua opera e la consapevolezza che lui e l’associazione non potranno far niente per cambiare le cose. La sua posizione nihilista si scontra con il fervore degli altri membri dell’associazione. Ci sono personaggi singolari: un poeta famosissimo, in odore di Nobel, che da quindici anni non scrive più niente, rinchiuso nella sua grande casa appena fuori del paese con l’amato cane. Troverà dall’incontro con i migranti la forza di ricominciare a comporre, anche se a quel punto la sua storia diventa sfumata al punto da entrare nel fantastico. Altro personaggio indimenticabile è il vecchio parroco cieco, dall’aspetto e dalle caratteristiche di un veggente, che sa scandagliare nelle pieghe del cuore umano come nessun altro.
Il paese è un microcosmo in cui convivono volontari e migranti, abitanti che si dividono fra chi accetta di accogliere e chi vuol cacciare gli “invasori”, a qualsiasi costo. Accadranno molte vicende, alle quali non è estraneo il potere politico, presente e futuro. Alcuni crimini saranno consumati sulla pubblica piazza, altri nascosti, ma non meno cruenti.
IL romanzo ha una struttura forte, potente, corale che però nelle ultime venti pagine trova un epilogo affrettato, un deus ex machina che non chiude i drammi individuali e collettivi di un’intera comunità, metafora di una dimensione ben più ampia. Non sappiamo cosa ne sarà di tutti quegli uomini e quelle donne, se seppelliranno per sempre le loro aspirazioni, speranze, ideali insieme ai morti e ricominceranno da capo una nuova vita altrove oppure se saranno incapaci di spezzare le catene di odio e di violenza agita e/o subita.
Un’avvincente e coraggioso racconto, un po’ debole nel finale. Mi sono piacevolmente stupita delle frequenti citazioni letterarie e poetiche e della profonda conoscenza dell’Autore del mondo dell’immigrazione, al di là e al di qua del mediterraneo.
Lo stile è vario: prima e terza persona intervallate da parti in forma diaristica. Nel complesso un libro interessante.
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