Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
In realtà non ho un posto mio, un luogo fisico completamente dedicato alla scrittura, anche se mi piacerebbe molto.
Scrivo in ufficio in pausa pranzo, sul portatile di casa spostandomi tra il divano e la camera, a volte anche direttamente sul cellulare, nei tempi moribondi di qualche attesa.
Mentalmente, quando scrivo ma non solo, sono via da tutto ciò che mi circonda.
Sono nelle righe che stiamo scrivendo, nella scena che stiamo immaginando, negli sviluppi che stiamo ipotizzando, nelle strade che facciamo percorrere ai nostri personaggi.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?
Le vittime vengono scelte per prime, in funzione della storia che si vuole raccontare.
Attorno a loro si srotola via via tutta la trama noir, l’investigazione.
Non è raro che si aggiungano altre vittime, oltre alla principale, durante la stesura, perché la storia lo rende talvolta necessario.
La scelta dell’assassino è sicuramente un po' più complessa, in quanto il requisito principale è che “sorprenda” anche chi scrive.
Il gioco consiste poi nel rendere il tutto plausibile e coerente.
Qual é il tuo modus operandi?
Più che un modus, un organo. La cosiddetta “pancia”. Vado moltissimo a sensazioni, suggestioni, immagini, istinto.
Chi sono i tuoi complici?
Il mio complice è la ragione del plurale che ho usato nella prima risposta.
Perché il mio scrivere è a quattro mani con Daniele Cambiaso.
Con lui condivido letture e idee e con lui le storie e le trame prendono vita.
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
Sono grata a chi ci ha letto e ci legge, come una bambina al Luna Park!
Mi emozionano le parole di chi ha trovato nei nostri scritti storie capaci di avvincere e far riflettere, di chi ha empatizzato con i personaggi, fatto il tifo per l’uno o per l’altro, rendendoli vividi, dando loro dimensione, prestandogli battiti di cuore e respiri.
Mi fanno crescere, così come accade nel caso delle critiche, dandomi la voglia di migliorare e di scrivere ancora.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
Non voglio “messaggiare”, voglio solo raccontare.
Vorrei che le pagine, per chi le legge, fossero un piccolo viaggio o, anche, un “posto” nel quale tornare, così come è stato per me scriverle.
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