L’autore toscano si è imposto dal 2006 nel panorama editoriale e ha già all’attivo quindici romanzi e molte altre opere. È tradotto in 25 paesi.
Ossigeno inizia negli stati uniti in una scuola elementare. Un bambino per gioco si nasconde da tutti in uno sgabuzzino. Poi la vicenda si sposta a Roma con l’amicizia di due bambine figlie di famiglie modeste, vicine di casa e compagne di giochi. Una bizza di una delle due che se ne va a casa indispettita lasciando l’altra da sola in un giardinetto. Viene rapita da un insospettabile e tenuta per lunghi quattordici anni in un container. È un esperimento di raffinata crudeltà psicologica: la bambina deve superare prove durissime per sopravvivere. Il rapitore, che ogni tanto va a portare quanto necessario per sopravvivere, non parlerà mai alla bambina, poi ragazzina, ma le assegnerà dei compiti da svolgere per l volta successiva. Il sistema “educativo” è basato su obblighi da cui scaturiscono ricompense o punizioni. I compiti via via che passa il tempo diventeranno sempre più difficili e la ragazza diventerà una eccellente programmatrice informatica e una valente studentessa di antropologia, al punto che il suo rapitore pubblicherà i suoi scritti a proprio nome. La bambina imparerà a sopravvivere, da sola e al buio fino a quando, ormai adulta, non sceglierà di denunciare il modo criptico il suo carceriere. Questa è solo una parte del romanzo. Quel rapimento, che ha stravolto e annullato la vita dei genitori di Laura, non forti come lei, travolgerà anche la vita del figlio del carceriere. Una serie di reazioni a catena si sussegue quando Laura, ventiduenne, viene liberata. La madre, che l’ha pianta per tutto quel tempo, deve riabituarsi in fretta alla presenza della figlia nella sua vita e in quella del nuovo compagno. Il figlio del carceriere deve superare il senso di colpa che gli causa avere il legame di sangue con “il mostro”. Un altro senso di colpa con cui fare i conti è quello dell’amichetta di un tempo, che sta per diventare madre, e che rivive continuamente il momento in cui ha lasciato sola l’altra.
Il mondo è pieno di gabbie, sembra dirci l’autore, gabbie come prigioni e gabbie come luogo protetto, luoghi chiusi a doppia valenza, nascondigli per vincere la paura del mondo esterno o per provocare la reazione negli altri.
La frase “Vediamo cosa fanno”, pronunciata dal piccolo americano nascosto all’interno della scuola elementare, conclude il romanzo dall’andamento circolare.
Con Ossigeno Naspini travalica il genere noir per offrire al lettore un’indagine psicologica di tutti i personaggi, compresi i minori.
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