Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
Nella mia stanzetta tappezzata di libri e dvd, in genere con uno dei miei due gatti aggrappato al braccio ormai anchilosato mentre tento di battere sulla tastiera, e con una delle mie tazze preferite colma di té bollente anche d’estate, di solito alla fragola, gelsomino o vaniglia. Ma nello stesso tempo sono con i miei personaggi, a vedere come vanno a finire le situazioni estreme in cui li ho appena cacciati, e a prendere rapidamente nota di come reagiscono… e degli accidenti che mi mandano! Ma in generale, quando scrivo, sono sempre al cinema: mi immagino di essere in una sala al buio su una poltrona imbottita di velluto, e di assistere sul grande schermo allo spettacolo che vorrei raccontare.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?
Durante la stesura del mio primo romanzo, Tutto quel nero, chiesi al critico di cinema Paolo Spagnuolo come avrei potuto ricambiare la cortesia di avermi fornito alcune esclusive interviste al regista Jesus franco e all’attrice Lina Romay, utili per la storia. Paolo espresse il bizzarro desiderio di morire nel mio libro, e io non ho potuto non accontentarlo. Da allora, diverse persone hanno chiesto di poter fare la stessa fine, non ultimo un importante direttore di festival cinematografici che in Tutto quel viola sarà vittima di un killer efferato. Riguardo alla scelta degli assassini, invece, preferisco non rivelare i criteri seguiti per non rovinare la sorpresa a chi mi legge.
Qual é il tuo modus operandi?
Molti pensano che per scrivere basti mettersi al pc e scrivere quando si ha l’ispirazione: per me, almeno, la Musa è fondamentale quando devo immaginare una storia ex novo, creare i personaggi, inventare le situazioni in cui vengono a trovarsi, e soprattutto scrivere i dialoghi, per me la parte più divertente del processo creativo. Ma nello stesso tempo la scrittura è anche forza di volontà, ovvero scervellarsi quando ti tocca buttar giù la scaletta della storia e alcuni passaggi logici proprio non ti vengono (il crime è anche razionalità non soltanto mystery a briglia sciolta), oppure concentrarsi a scrivere i raccordi tra una scena e l’altra in cui non accade niente di eccitante, oppure leggersi un bel po’ di roba per documentarsi su ambientazioni luoghi ed eventi per rendere la storia realistica e tridimensionale.
Chi sono i tuoi complici?
Tantissimi: Stephen King, Joe R. Lansdale, Bret Easton Ellis, Alessandro Manzoni, Quentin Tarantino, Garth Ennis, John Carpenter, William Shakespeare, Dario Argento, Donald E. Westlake, Jim Thompson, Neil Gaiman, Joyce Carol Oates e tutti quegli autori che fin da ragazzina mi hanno fatto bruciare dal desiderio di scrivere… e che ora continuano a starmi accanto quando ho bisogno di una dritta.
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
I miei lettori sono quelli che, dopo la prima storia di Susanna Marino, creata per un’avventura one shot, mi hanno chiesto ripetutamente di farla tornare, e se ora sono arrivata al suo quinto romanzo, è anche merito del loro affetto. I thriller con Susanna Marino non sono i classici gialli con il commissario, ma da sempre ho scelto di scrivere quello che mi piace, senza seguire mode o imitare stili, e il fatto che ci sia gente a cui piace leggermi e, anzi, attende impaziente la mia nuova creatura, mi fa pensare che alla fine scrivere con il cuore è stata la scelta migliore.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
In un’epoca in cui contano solo le novità e le mode del momento, mi piace l’idea di far riscoprire film e artisti del passato, spesso ingiustamente dimenticati. Nelle mie storie non si investiga soltanto per scoprire l’assassino, ma per riportare alla luce il senso di meraviglia verso un mondo scomparso, ma che ha ancora tanto da raccontare.
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