Torna la Libia nell’ultimo thriller di Roberto Costantini “La falena e la fiamma” edito da Longanesi. E torna Aba Abate, la moglie e madre di famiglia che ufficialmente, per tutti, compresi marito e figli, lavora come funzionaria al ministero dell’interno, ma in realtà è un agente dei servizi segreti.
In quest’ultimo romanzo, con un meccanismo già usato con il commissario Michele Balistreri, il precedente personaggio dei romanzi di Costantini, facciamo un salto temporale indietro rispetto ai tre ultimi romanzi della serie che l’hanno vista protagonista in tempi più o meno attuali. Qui siamo invece nel 1999 e Aba non è ancora sposata né madre, così come è ancora vivo e operante il padre, il compianto generale Adelmo Abate, capo dei Servizi segreti italiani. Aba è ancora una giovane studentessa ventenne che, per una serie di circostanze, viene a conoscenza della morte in Libia di una sua quasi coetanea, Rosaria Musumeci, il cui cadavere è stato rinvenuto su una spiaggia poco distante dal centro di Tripoli. Tutto lascia pensare che sia stata uccisa dagli uomini di Gheddafi, ma dalla Libia arrivano notizie ufficiali che contestano questa interpretazione di una morte giudicata invece un incidente in mare o un suicidio. L’ipotesi, per i servizi italiani, contrasta con la figura della studentessa, iscritta in un istituto di studi internazionale libico, in realtà infiltrata come agente segreto.
A questo punto entra il gioco Aba, che, assistendo col padre in Tv, alla notizia e commenti sulla morte di Rosaria in Libia, si spinge a chiedergli di essere mandata lei stessa a indagare sulle reali cause della morte di Rosaria. Il generale Adelmo fa di tutto per respingere l’offerta della figlia, ma alla fine cede, sapendo di poter contare sul carattere della figlia, sulla educazione che le ha dato, sulla sua competenza nel parlare l’arabo che le ha imposto di studiare. Fa però in modo che non sia sola laggiù, bensì di metterle al fianco un suo uomo di fiducia, Johnny Jazir, un veterano che si è distinto, in quel fatidico 1999, in Kosovo, dov’era arrivato addirittura a squarciare il corpo di una pericolosa combattente serba, Branka Pavlovic, per il cui omicidio pende su di lui una condanna all’ergastolo che il generale usa come ricatto nei suoi confronti.
Johnny Jazir è un altro personaggio che è sempre comparso nei romanzi della serie di Aba Abate. Lo abbiamo già visto in azione e sempre alleato di fiducia, pur con tutte le ambiguità della sua posizione internazionale (libico, italiano, mercenario, spia, chissà!), accanto alla donna. Non sapevamo però, e lo scopriamo in questo romanzo, che il loro, diciamo sodalizio, risale a molti anni prima. In questa storia dovranno fingere di essere innamorati o, comunque, di andare a letto insieme. E, una volta che Aba è stata arruolata e partita, il loro primo incontro avverrà in un caffè di Tripoli dove lui, noto tombeur de femme, la farà cadere ai suoi piedi.
Sarà l’inizio di un’avventura che avrà molti risvolti, nel corso della quale avranno la loro importanza i rapporti che Aba intreccerà nell’Istituto di studi internazionale con le altre ragazze, che vivono tutte a convitto, con il professore che premia la migliore di esse a trovarsi, il giorno della consegna delle lauree, sul palco insieme a Gheddafi e altre relazioni varie in cui il sesso ha non poca importanza. Il tutto in un quadro di misteri, sospetti, delazioni e corruzione, che contribuiscono a far crescere nel corso della lettura la suspense che si nutre di continui colpi di scena anche per l’ingresso di personaggi che della violenza fanno il loro pane quotidiano. E, per quanto il padre di Aba, il generale Adelmo Abate, vigili da lontano e in maniera del tutto clandestina – altro fattore di suspense – sulla figlia, non le impedirà di trovarsi invischiata in un gioco più grande di lei.
Per il resto, Roberto Costantini, nato e cresciuto in Libia, grande nostalgico degli anni che precedettero il colpo di stato di Gheddafi nel corso dei quali ha respirato l’aria, il deserto, i cieli e il mare del nordafrica, non se ne dimentica e riesce con pochi tratti a restituire un ambiente, naturale ma anche umano, che diventa, inevitabilmente, parte integrante della storia che racconta.
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