Premiato con l’Orso d’argento alla Berlinale 2021 e mostrato anche al FEFF 23, Wheel of Fortune and Fantasy di Hamaguchi Ryusuke è un interessante film a episodi su come la casualità porti l’esistenza a illuminarsi di sussulti inaspettati.
In “Magia (o qualcosa di meno rassicurante)”, la modella Meiko (Furukawa Kotone) ascolta le confidenze amorose dell’amica Tsugumi (Hyunri) mentre condividono la corsa in un taxi. L’estatico racconto del incontro fra Tsugumi e un uomo da lei definito speciale improvvisamente fa ripiombare Meiko nel passato: dopo che l’amica scende dal taxi, la ragazza chiede infatti al tassista di tornare indietro per ritrovarsi, una volta uscita dall’auto e salite le scale, faccia a faccia con Kazuaki (Nakajima Ayumu), suo ex fidanzato nonché protagonista del magico incontro casualmente capitato a Tsugumi. La descrizione di quell’uomo così speciale era stata talmente dettagliata che Meiko ha capito subito si trattasse di lui e, pur non sapendone il motivo, decide di andare a trovare Kazuaki, forse perché a parte lui non saprebbe con chi altro parlare della strana coincidenza che li ha condotti nuovamente sullo stesso binario dell’esistenza. Potrà la verità sciogliersi una volta ricominciato a parlare e a gettarsi contro la rabbia e il dolore, dando a una storia ormai defunta un significato diverso e rinnovato, o sarà la magia evocata da Tsugumi a prevalere?
In “Porta spalancata”, uno studente universitario (Kai Shouma) punito dal docente di francese Segawa (Shibukawa Kiyohiko), convince la sua compagna di letto Nao (Mori Katsuki), una studentessa molto più matura di lui e sposata, ad attuare una vendetta contro il professore. Usando il romanzo erotico di successo appena pubblicato da Segawa come pretesto per parlargli, Nao dovrà riuscire a fare breccia nel cuore del professore e a sedurlo nonostante la barriera della porta spalancata, strumento con cui Segawa si protegge da eventuali invasioni o preludi di intimità da parte di colleghi e studenti per non compromettere la sua etica professionale. La voce di Nao, “inebriante” non solo perché inaspettatamente erotica in un contesto asettico come quello della sala ricevimento, ma anche perché fatta di parole da lui scritte su carta e ora rese carne, sembra davvero condurre Segawa in uno spazio altro, dove non vi sono porte aperte o chiuse ma solo fonemi, respiri. Basterà questo ad attuare la vendetta agognata, o la casualità degli eventi spalancherà nuove e inaspettate voragini nella vita di entrambi?
In “Ancora una volta”, in un mondo dove un virus informatico ha spazzato via internet e i cellulari, l’ingegnera informatica ormai disoccupata Natsuko (Urabe Fusako) si reca a una rimpatriata fra ex compagne di liceo, sperando di rivedere un’amica a lei molto cara ma, non trovatala, rientra subito in albergo. Come per magia, il giorno dopo si imbatte proprio nell’amica su una scala mobile. È sicura che si tratti di Mika (Kawai Aoba), e poiché l’altra sembra riconoscerla subito, Natsuko accetta il suo invito a casa. Lo stupore del ritrovarsi porta però la conversazione ad una svolta inaspettata: la donna che le è sta di fronte in realtà non si chiama Mika, ma Aya, e non è la sua ex compagna di classe, nonché amore della sua vita. Curiosamente, Aya le propone di impersonare Mika, altrimenti “questo incontro straordinario andrà sprecato”. E, attraversando il tunnel delle parole, Natsuko trova la chiave di volta dell’esistenza, una risposta all’interrompersi del vivere con cui ad un certo punto ci si ritrova a dover fare i conti perché non si è lottato abbastanza per i propri sentimenti, i propri sogni. “Nulla mi appassiona più. Il tempo mi sta uccidendo lentamente”, confida Aya ad un certo punto, anche lei segnata dal ricordo sospeso e indissolubile di un’amica speciale o chissà, forse come Mika, vero e proprio amore della sua vita. Ma forse, come Aya stessa ammette, attraverso il vuoto di quell’assenza incolmabile che per casualità del destino riesce a diventare presenza per un giorno, ancora una volta si può riuscire ad essere connesse, umane, vive.
Opera costruita attorno alla centralità della parola, Wheels of Fortune and Fantasy è stata una delle sorprese del FEFF 23 ma chissà perché non è stato coronato da nessun premio. Anche se a tratti eccessivamente verboso, scivolando (soprattutto nel secondo episodio) in cliché associati a uno stereotipo di giapponesità perversa e insieme glaciale, il film di Hamaguchi Ryusuke ha il coraggio di usare la parola come snodo da cui si dipanano i dubbi e le speranze di una vita apparentemente irraggiungibile ma prossima a diventare reale e giusta, dove i torti inflitti e subiti possono essere riavvolti e come per magia rimessi in scena per essere finalmente digeriti, riassemblati e trasformati in nuova dose di vita.
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