Autolover ha 28 anni, abita a Badia Polesine - provincia di Rovigo – non ha lavoro e nemmeno patente di guida. In compenso è pazzo d’amore. Dall’inizio dell’anno a oggi ruba non una, ma 34 automobili, solo per portare a fare un giro la sua adorata, che chiameremo Rosamunda, in omaggio alla famosa canzone.
La tattica di Autolover ha un che di mistico. Consiste nell’appostarsi per ore, se è il caso per giornate intere, nei pressi della stazione ferroviaria di Badia, in paziente attesa che il malcapitato di turno parcheggi una qualsiasi Y10, Pajero, Saab 9000 o 124 del nonno con le chiavi infilate nel cruscotto. Il tempo di acquistare il giornale o un pacchetto di sigarette è quanto basta ad Autolover per introdursi nel veicolo, metterlo in moto, e scomparire alla volta dell’abitazione di Rosamunda, così da scorrazzare l’amata, a bordo della “nuova auto”, fin dove è di suo gradimento: al centro commerciale per fare la spesa, alla spiaggia dove prendere un po’ di tintarella, o sul Delta del Po da perlustrare seguendo il volo degli aironi.
Conclusa la gita, l’auto viene puntualmente parcheggiata non distante dal luogo del furto, così da consentire al proprietario di ritrovarla assolutamente intatta, anche se con la benzina inevitabilmente in riserva. In mancanza di veicoli disponibili nel posteggio della stazione, Autolover sa provvedere alle emergenze cambiando zona di caccia. Cosicché, quando Rosamunda lo incalza, magari perché ha bisogno di fare un po’ di shopping nella vicina Padova, va bene anche la macchina “presa in prestito”, davanti al cimitero, dal non-consenziente partecipante a un funerale. L’escalation di colpi con restituzione va avanti mesi, fino a una prima denuncia stilata dai carabinieri. Ma, visto che la semplice carta da bollo non basta a placare la foga amorosa di Autolover, che continua a rubare auto allo scopo di alimentare la propria passione, giorni fa scattano gli arresti domiciliari per furto aggravato e continuato, così come riportato dalla prima pagina del Corriere del Veneto del 5 ottobre.
Zeppa Bianca ha 23 anni, è un impiegato senza precedenti penali, abita a Vicenza, e dallo scorso giugno vede il sole a scacchi, dalla cella dove è rinchiuso dopo l’arresto da parte della Guardia di Finanza all’aeroporto della Malpensa. Qui Zeppa Bianca atterra a bordo di un aereo proveniente da Santo Domingo, con la convinzione che questo ritorno da una vacanza ai Caraibi potrebbe cambiargli la vita. O per lo meno il conto in banca, visto che fra zeppe delle scarpe, doppifondi di bagagli e false forme di formaggio, si è portato appresso venti chili di cocaina per un valore, al mercato dello spaccio, di otto milioni di euro (Il Gazzettino di Vicenza del 21 settembre). Forse perché non ha capito bene le istruzioni ricevute, o forse perché ha effettivamente esagerato, Zeppa Bianca viene quasi sbranato dai cani antidroga delle Fiamme Gialle al terminal dell’aeroporto milanese. Sulla sua personale vicenda, e sui probabili collegamenti con gli ambienti dei narcotrafficanti, le indagini sono tuttora in corso, senza escludere una pista che possa spiegare il ruolo di Zeppa Bianca accanto a quello di Infradito (vedi Gotico Padano 27), altro corriere self-made-man vicentino, arrestato lo scorso agosto, all’aeroporto di Bologna, con una fortuna di polvere bianca nascosta nei sandali. Ambedue potrebbero essere stati ingaggiati da un’organizzazione che assolda insospettabili neofiti adibiti all’importazione della merce destinata allo spaccio.
Camicaze non sa che il suo nome va scritto con le “c” al posto delle “k”. Diversamente sarebbe quel vero kamikaze che pensa di essere, capace di far saltare in aria un imprecisato numero di vittime assieme alla propria persona. Di lui si ha notizia a Verona, dove entra in una banca gridando: “Fuori la grana o mi faccio esplodere!”. Per poi precisare: “Ho lo zaino imbottito di tritolo e, se non mi date i soldi, qui tiriamo tutti le cuoia”. Appena ricevuti 6200 euro dal cassiere, Camicaze si rivela per quello che è: un kamikaze fallito. Esce dalla banca, e sbaglia via di fuga, finendo diritto fra le braccia dei poliziotti che scoprono lo zaino pieno zeppo di vestiti, e non certo di esplosivo (L’Arena del 2 settembre).
Infine Razorback 2. Mentre rispunta miracolosamente in circolazione lo splendido horror di Russell Mulcahy, in versione Dvd, sul mostruoso ungulato distruttore di ogni persona o cosa gli si pari davanti (Australia, 1984, sottotitolo “Oltre l’urlo del demonio”), nessuno riesce a spiegare a un nostrano cinghiale del Nordest che, per il momento, non c’è ancora un sequel in programma. Da qui la furia rabbiosa di Razorback 2 che un bel giorno fa la sua apparizione lungo l’autostrada A4, in località Grassaga, comune di San Donà di Piave. Per abbatterlo ci vogliono due auto, una Bmw 318 e una Ford Focus, i cui otto occupanti interpretano loro malgrado il ruolo dei giustizieri del nuovo Cinghialone assassino. Finiscono tutti e otto all’ospedale (Il Gazzettino del 31 agosto).
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