Marco Vichi è nato a Firenze nel 1957. Nei primi anni della sua attività letteraria ha pubblicato racconti in diverse riviste italiane. Nel marzo 1999 è uscito presso Guanda Editore il suo primo romanzo, L’inquilino, uscito nel 2000 anche in Grecia. Di questo stesso libro ha scritto una sceneggiatura insieme ad Antonio Leotti. Sempre nel 1999 ha realizzato per Rai Radio Tre cinque puntate della trasmissione Le Cento Lire dedicate all’arte in carcere.
Nel giugno 2000 è uscito in Italia il suo secondo romanzo, Donne donne, sempre per Ugo Guanda Editore, uscito nel 2003 anche in Grecia.
Nel gennaio 2002 è uscito il suo terzo romanzo per Guanda Editore: Il commissario Bordelli, uscito in Portogallo nel 2003 e in Germania nel 2004.
A Il commissario Bordelli sono seguiti sempre editi da Guanda Una brutta faccenda nel 2003, Il nuovo venuto nel 2004 e Perché dollari? nel 2005.
L’autore inoltre tiene laboratori di scrittura in varie città italiane e presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze.
Si può presentare? In due parole chi è Marco Vichi?
Questa è la domanda più difficile che mi hanno fatto.
Non so rispondere.
I suoi libri gialli sono ambientati negli anni '60 del novecento con continui rimandi alla seconda guerra mondiale.
Che significato hanno per lei questi due periodi storici?
Gli anni ‘60 li ho vissuti da bambino, ma ho ricordi molto vivi.
Firenze (come il resto d’Italia) era una città molto diversa, più silenziosa, più calma.
Nell’aria si avvertiva la speranza, forse ingenua, di futuro migliore, e i sogni erano ancora “liberi”. Adesso mi sembra tutto molto più incanalato, e i desideri sono più bassi.
Non a caso abbiamo un governo come questo, e forse ce lo meritiamo: i governi sono, almeno in parte, lo specchio dei cittadini.
Per quanto riguarda la seconda guerra: sono cresciuto con i racconti di mio padre, che dopo tre anni di navi e di sommergibili, ancora giovanissimo aveva combattuto a terra nel battaglione San Marco (corpo speciale della Marina Militare), contro i nazisti e i fascisti.
Quei racconti sono poi finiti nella memoria del commissario Bordelli.
Sempre mio padre, mi faceva vedere tutti i documentari sulla guerra che davano in televisione, anche quelli sui campi di sterminio.
Poi crescendo ho anche letto dei libri sull’argomento, saggi e romanzi.
Non è la parola giusta, ma mi viene da dire che sono molto affezionato a quel periodo storico.
Parliamo del protagonista dei suoi libri gialli, il commissario Bordelli.
C'è una scelta precisa nel rendere così netta la contrapposizione tra il suo lavoro di poliziotto e le sue amicizie e frequentazioni (prostitute, ladruncoli...)?
Non riesco a fare scelte precise quando scrivo una storia, altrimenti non mi divertirei.
Non mi interessa l’idea d’inventare con la testa, preferisco seguire le tracce della storia mentre avanza, fidandomi di quello che mi raccontano i personaggi.
In questo modo vivo sorprese che fanno della scrittura un cammino appassionante, e ovviamente spero che le mie emozioni passino sulla pagina e arrivino a chi legge.
Bordelli si è presentato a me in quel modo, e l’ho lasciato fare.
Anche perché mi stava simpatico.
Quanto dell'autore Marco Vichi è presente nella figura del commissario Bordelli e viceversa quanto del commissario Bordelli è presente in Marco Vichi?
Credo che ogni romanzo sia un fantasma che emerge dalla parte più oscura dell’anima di chi scrive, e in questo senso si potrebbe anche dire che tutti i romanzi del mondo sono “autobiografici”.
Ma tutto quello che potrebbe farmi somigliare a Bordelli – e viceversa – non è certamente il frutto di una volontà cosciente.
Comunque, a distanza di anni mi sono accorto che il commissario ha qualche tratto del carattere di mio padre (anche se gli effetti sulla vita sono molto diversi).
Ma nemmeno questo era voluto.
A quale personaggio dei suoi libri è affezionato di più e perchè?
Forse a Filippo Landini, il protagonista di Donne donne.
È un uomo (un po’ infantile) che si muove in un mondo che non gli piace.
Ma a volte riesce a vivere lo stesso i sentimenti che gli sembrano più importanti, forse perché non ha mai smesso di cercare.
Spero di incontrarlo di nuovo in un romanzo.
Il suo commissario Bordelli appare in un cameo nell'ultimo libro di Leonardo Gori L'angelo del fango.
Che rapporti ci sono tra lei e Gori?
Siamo amici.
Un giorno Leonardo mi disse che stava scrivendo un romanzo che si svolgeva durante e dopo l’alluvione di Firenze del ’66, e abbiamo subito pensato che in quegli anni nella stessa città c’era anche un commissario che si chiamava Bordelli.
Così è nata l’idea di fare incontrare i due personaggi.
Anche nel racconto Perché dollari? Bordelli incontra il colonnello Arcieri, anzi il carabiniere di Gori ha una parte importante nella trama del racconto.
Ognuno dei due ha ritoccato le battute del proprio personaggio nel romanzo dell’altro, perché mantenessero la loro personalità.
È possibile che questo gioco vada ancora avanti.
A quali fonti si documenta per scrivere i suoi libri?
Mentre scrivo la storia non ne me occupo.
Segno soltanto i punti sui quali so che devo documentarmi, e soltanto dopo vado a cercare quello che mi serve.
È una fase molto divertente, che a volte riserva delle sorprese e fa scoprire altre cose.
Perchè secondo lei le trame gialle e misteriose sono tornate così in auge da colonizzare non solo romanzi ma anche molti programmi televisivi?
Una risposta precisa ovviamente non saprei darla.
A volte sono tentato di pensare che questo tipo di fenomeni siano frutto del caso, ma se dovessi cercare per forza una spiegazione… forse in questa epoca in cui le emozioni che suscita la realtà mondiale sono davvero forti, anche leggendo si tende a cercare la stessa intensità, magari per viverla “da lontano” ed esorcizzarla.
Ma non ci scommetterei.
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