Comincia in sordina. Un uomo, Andrea, nel fiore degli anni che, accompagnato da un agente immobiliare, prende in affitto una casa di campagna dalle parti di Manziana, a nord di Roma sulla strada per Viterbo, semidistante dalle due città. La casa è poveramente ammobiliata e abbandonata da non poco tempo, stante la polvere e gli insetti, i ragni, gli scarafaggi e i topi che ne hanno preso possesso. Ma l’uomo non sembra interessarsene, ci va ad abitare. La casa è isolata, tranne che per un’altra casa vicina di un veterinario e addestratore di cavalli, Matteo, sempre con il suo cappello di cow-boy in testa, che ci vive con una bella moglie, Silvy, e una bambina. La conoscenza tra vicini di casa non è tra le migliori. Arrivando con l’auto di sera, Andrea, va con una ruota in una buca che gli rompe il semiasse. Invano cerca di tirarla fuori da quella buca. Così Andrea, che ha con se una sporta di libri e delle birre, decide di restare in auto nell’attesa che arrivi qualcuno. Per passare il tempo beve alcune birre che ha con se. Beve come un disperato, perché, si intuisce,è disperato, anche se non si sa che cosa l’arrovella. Finisce con l’addormentarsi ubriaco in macchina, per essere svegliato la mattina dopo da una giovane donna. E’ Silvy la vicina di casa alla quale, con le bottiglie intorno a sé, il volto sconvolto, l’afflizione dello sguardo, non fa una buona impressione. Tuttavia, capisce che è il nuovo inquilino della casa vicina e cerca di aiutarlo, chiama un conoscente che ha un trattore per tirare fuori la macchina dalla buca e trainarla fino al cortile, anch’esso invaso dalle erbacce, della casa presa in affitto. Una volta introdottosi in casa, Andrea, sembra attraversato da astratti furori, una rabbia disperata, qualcosa di oscuro che lo spinge a starsene solo, a non fare nulla in casa neppure pulirla, limitandosi a catturare gli insetti che la abitano per ucciderli con sadismo, cioè imprigionandoli fino a perdere ogni capacita vitale, dopo di che li imbalsama in qualche modo, cominciandone una raccolta che nel breve giro di pochi giorni contempla diversi animaletti. Solo la prima sera, non essendoci luce, si trova costretto a chiamare un elettricista che individua il guasto nei topi che mangiano i fili della corrente. L’elettricista poi, vedendo la macchina guasta, che ad Andrea, per altro, non interessa neppure riparare, gli promette di mandargli un giovane che si diletta di riparazioni auto. E arriverà Yuri, un ragazzo problematico, inserito in una famiglia problematica, con il quale da iniziali confronti di scontro arriverà, per tigna del ragazzo, a legare con l’uomo. Parallelamente, anche Silvy, annoiata di suo in casa, incuriosita di questo strano vicino, del quale nulla si sa, cupo e, come maledetto, comincia a sentirne l’attrazione, che l’uomo non disdegna, anzi, sembra quasi procurarle il suo unico moto di vita.

Prende corpo così “Come un animale”, il secondo romanzo del messinese Filippo Nicosia, edito da Mondadori (il primo è “Un’invincibile estate, edito da Giunti), che darà vita nelle pagine successive a un romanzo particolarmente avvincente quanto angosciante, violento, tragico. Un noir che è anche un pezzo di buona letteratura.

Andrea, si vedrà, ha le sue buone ragioni per essere disperato, il perché non lo sapremo subito. Così come, nel pozzo di solitudine in cui è precipitato, lo scopriremo, nel male che riceverà, via via che il suo dolore troverà una via di uscita nei rispettivi, complessi rapporti con Yuri e Silvy, una forza capace di arrivare fino alla crudeltà. E’ la forza di chi ha perso tutto e non ha più nulla da perdere, se non l’amore. Quell’amore che a un certo momento lo aiuterà a farsi una ragione del tragico motivo che ha causato la sua estrema disperazione. Ciò nonostante, non si pensi a un romanzo dal finale edificante. Il grumo di sentimenti che l’autore si portava dentro e che ha riversato in questo libro testimoniano che il bene si può avere solo a prezzo del male, dove il male, usato a fin di bene, ha giustificazioni positive rispetto a quello subìto, come se esistesse davvero un male cattivo e uno buono, per poi diventare quest’ultimo il prezzo della rinascita.

Aggiungo: il romanzo è ambientato a Manziana ed io vivo a Manziana. All’autore ho scritto, un po’ per scherzo di aver fatto della cittadina laziale, antica, serena e immersa in un mondo agreste e boschivo bellissimo, un luogo un po’ da incubo. Nicosia mi ha risposto consapevole della forzatura, ma, mi ha risposto “volevo rappresentare la provincia rurale e l’unico posto in cui avevo vissuto qualche anno era Manziana. In fondo il paese è molto sfumato, mi sono concentrato sugli interni e pochi personaggi.” Direi che ci è riuscito, al punto di fare di Manziana un luogo letterario prima che reale.