Ispirato a un fatto realmente accaduto (la vicenda di Anneliese Michel raccontata dall’omonimo libro di Felicitas D. Goodman), L’Esorcismo di Emily Rose si apre omaggiando il capostipite insuperabile, L’Esorcista, per poi scegliere la strada realistica della documentazione processuale ma senza tralasciare l’interpretazione irrazionale dei fatti. Il caso venne portato in tribunale, divenendo un vero e proprio fatto di coscienza. Dopo la morte della ragazza (un’eccellente Jennifer Carpenter figlia dell’apprezzato regista John) che cessò di vivere durante un esorcismo, Padre Moore (Tom Wilkinson) fu accusato di omicidio e la difesa affidata a un’avvocatessa (Laura Linney) agnostica ma incline all’assoluzione per partito preso dei suoi assistiti. Trasformò la componente sovrannaturale e intangibile nel grimaldello per ottenere un verdetto a favore. Il prete ostinato, rivendica giustizia per i puri e non è disposto a patteggiare con l’accusa (Campbell Scott, qui allarmante clone di D’Alema) e men che meno, col Demonio. La storia di Emily si sviscera attraverso i ricordi dei familiari e degli amici che impotenti la videro cadere vittima di un’ossessione non meglio identificata. Si sospettò epilessia e la si curò di conseguenza ma la ragazza peggiorò cominciando a fare e vedere cose strane: contorsioni, allucinazioni, urli e autolesioni furono all’ordine del giorno. La duplice possibiltà di spiegazione scientifico/paranormale offre più letture: si scelga quella suggestiva o quella concreta. Il Diavolo non si mostra mai, la tensione sale alle stelle e viene mantenuta per tutto il tempo con l’ausilio di pochi ma efficaci effetti speciali e molta, molta inquietudine. Non riveleremo il verdetto ma l’assunto: forse i demoni sono invitati a possederti quando gli altri non ti proteggono e ti abbandonano? O forse la morale è che ogni campo ha la sua specializzazione e ogni male la sua medicina? Poco male, ognuno scelga il peccato a cui cedere.