La copertina non poteva essere più indovinata, anzi è il compendio dell'ultimo romanzo di Bussi: fondo rosa arancio, in primo piano la silhouette di una hostess circondata di nuvole, la scia di un aereo che si interseca con il volo di una rondine, in secondo piano un giovane stili hippy che suona la chitarra, sullo sfondo palme al vento.

È proprio il colore rosa-arancio la cifra di "Forse ho sognato troppo", romanzo d'amore e di misteri con una strizzata d'occhio al fantasy per più di tre quarti e giallo nel finale, con svelamento del crimine e lieto fine quasi per tutti.

Il romanzo è suddiviso in quattro grandi partizioni che corrispondono a quattro città: Montreal, Los Angeles, Barcellona, Giacarta. La struttura è articolata in capitoli che si alternano raccontando una storia ambientata nel 1999 e una nel 2019, entrambe con gli stessi personaggi: il personale di volo di tre voli intercontinentali fra cui Nathalie, hostess, la famiglia di quest'ultima, un giovane e talentuoso chitarrista conosciuto in volo e altri personaggi che nella parte "moderna" diventano essenziali nello svolgimento dell'azione.

A distanza di venti anni alcuni episodi accaduti nel 1999 si ripetono con particolari inquietanti, tanto che la protagonista, Nathalie, crede di stare impazzendo.

Anche lei, come tanti personaggi romanzeschi, costodisce da vent'anni un grande mistero che ha nascosto a tutti: un amore nato fra le nuvole e mai dimenticato, al punto da mettere in seria difficoltà il tranquillo e solido menage familiare comporto da un marito devoto e stanziale e da due figlie ormai cresciute, che ignorano molto della vita passata della mamma.

Il romanzo, inutilmente lungo (427 pagine nell'edizione italiana), richiama i temi e soprattutto i toni dei feuilletton del tempo che fu: amori impossibili, il fascino delle divise (in questo caso del personale delle compagnie di bandiera invece che quelle degli affascinanti aviatori dei romanzi per signorine), il musicista romantico e altri temi che non si possono rivelare senza scoprire troppo la trama. Certamente non scatta la sospensione di incredulità.

Alcuni capitoli sono preceduti da versi che francamente mettono a dura prova il lettore/lettrice. Niente a che vedere con "Ninfee nere", il primo romanzo che ha rivelato Michel Bussi al pubblico italiano.