“The good doctor” è dal punto di vista medico la vera e propria cura omeopatica per tutti gli orfani
del “Dr. House – Medical Division”, la serie cult che ha segnato lo spartiacque tra i melensi prodotti anni ’90 e i telefilm politically incorrect che stanno ultimamente proliferando con alterni successi.
L’autore è infatti lo stesso David Shore che aveva concepito un medical drama giallo, in cui l'investigatore è un medico diagnosta e i colpevoli sono le malattie.
In questo caso Shore realizza un remake, visto che lo sforzo iniziale è stato fatto dallo sceneggiatore Park Jae-bum che ha ideato l’omonima e originale serie sudcoreana andata in onda nel 2013. Tra i produttori esecutivi c’è tra gli altri l’attore sudcoreano Daniel Dae Kim, che entra nella seconda stagione in pianta stabile con un ruolo apicale.
La serie segue le vicende di Shaun Murphy, un giovane medico specializzando in chirurgia, affetto da autismo e sindrome del Savant, proveniente da una cittadina nel Wyoming, Casper, dove ha vissuto un'infanzia travagliata. Deciderà così di trasferirsi grazie al suo padre putativo il dottor Aaron Glassman (Richard Schiff) che è il presidente dell’ospedale San Jose St. Bonaventure, nella California del Nord, al prestigioso dipartimento di chirurgia.
A contorno tutti gli altri dottori a cominciare da Neil Melendez (Nicholas Gonzalez), Claire Browne (Antonia Thomas), Allegra Aoki (Tamlyn Tomita), Alex Park (Will Yun Lee) e Marcus Andrews (Hill Harper) tutti interpretati da attori navigati reduci da altre serie famose come “The O.C.”, “Misfits”, “CSI”, “Teen Wolf” e “Witchblade”.
“The good doctor” è per i temi trattati in pratica una sorta di sequel del “Dr. House – Medical Division”. La differenza sostanziale è che manca Gregory House (con il suo fido James Wilson). E nonostante la eccellente interpretazione di Freddie Highmore – anche lui inglesissimo come Hugh Laurie – che si cala nella difficile parte di una persona affetta da autismo (e dopo Dustin Hoffman in “Rain man” non è affatto facile) la serie rimane un po' a metà tra il registro spietato e cinico di House e il medical drama stile E.R. – Medici in prima linea o Grey's Anatomy.
Infatti Shaun Murphy non è né cinico né spietato, ma anzi, nella sua fragile psicologia è ingenuo e spesso infantile, quasi incapace di intrattenere normali rapporti sociali con colleghi e vicini di casa.
L’unico tratto caratteristico che lo accomuna con House è l’incapacità di dire bugie, seppur pietose, ai propri pazienti. Se House lo fa per puro cinismo o opportunismo, Murphy invece non capisce le ragioni della menzogna, seppur a fin di bene.
L’intento dei produttori è stato fin troppo chiaro, ossia acchiappare quella fetta di pubblico ancora nostalgica di Gregory House, dandogli in pasto il medesimo substrato e creando un nuovo personaggio problematico e socialmente difforme, ma con doti mentali uniche e geniali.
Il nostro suggerimento: ridateci l’originale!
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