Si dice che gli eschimesi conoscano quaranta parole per indicare la neve. Chi se ne importa della neve, pensò Cardinal in quel momento; quello che serve davvero alla gente sono quaranta modi per dire dolore….”

Nella spasmodica quanto nevrotica ricerca di una serie TV degna di essere vista, ci siamo imbattuti in Cardinal un prodotto canadese, in onda dal 2017 su CTV. La serie è un adattamento del romanzo di successo “Quaranta modi per dire dolore” di Giles Blunt.

Cominciamo con il dire che il New York Times ha dichiarato della serie TV che "Non sembra canadese", ed è assolutamente vero. Questo è forse il più grande complimento che potesse ricevere, per accreditarla a una delle migliori degli ultimi tempi.

Il detective John Cardinal, interpretato da Billy Campbell ('Via dall’incubo', 'Dynasty', 'Ancora una volta', 'Modus – stagione 2) è affiancato dall’acuta collega Lise Delorme (interpretata da Karine Vanasse, 'Pan Am', 'Revenge'): una coppia di detective dal rapporto complicato e diffidente, ma unita nella ricerca della giustizia.

La trama è questa: fine anni Novanta, ad Algonquin Bay, tranquilla cittadina vicino a Toronto, in una location suggestiva e inquietante nello stesso tempo, definizione stessa dell'inverno – solo freddo e ghiaccio, bianco dappertutto – la neve dell'inverno ha ricoperto ogni cosa. Anche il corpo mutilato della tredicenne Katie Pine, che viene ritrovato in una miniera abbandonata, completamente congelato in un blocco di ghiaccio. La ragazzina era scomparsa mesi prima, ma tutti erano convinti che fosse semplicemente scappata da casa, come spesso succede agli adolescenti. Solo Cardinal è disposto a guardare in faccia la verità: nella sua tranquilla cittadina si nasconde un serial killer. Il seguito dell'indagine si rivelerà una lotta contro il tempo, contro una mente sadica e imprevedibile.

Il canadese John Cardinal è la classica anima tormentata, un detective ossessionato da un crimine irrisolto: soltanto lui non si era dato per vinto e aveva continuato a indagare, nonostante il parere contrario dei suoi superiori. Che alla fine lo avevano allontanato dalla squadra Omicidi. Ora, però, è a John che viene affidato nuovamente il caso, anche se questa volta non è solo. Ad affiancarlo c'è la bella e brava Lise Delorme, poliziotta giovane e ambiziosa che si è fatta notare nel settore delle Indagini speciali. John capisce subito di essere sotto osservazione – la Delorme è lì anche per indagare segretamente sulle accuse di corruzione che pendono su Cardinal. Sembra ovvio che non sia davvero un poliziotto corrotto… se non lo è, allora cosa sta facendo con uomo misterioso e dei soldi che scottano? L’indagine diventa altra indagine, supplettiva, all’interno di un caso che va complicandosi. A quello di Katie, si aggiungono altri cadaveri, ed è chiaro che gli omicidi sono opera di un serial killer. John e Lise devono correre contro il tempo per salvare la vita all’ennesima vittima, e solo l'esperienza, il coraggio e la determinazione di John Cardinal potranno portarli alla soluzione.

Se le cose non fossero già abbastanza difficili sul lavoro, la moglie di Cardinal, Catherine (Deborah Hay) soffre di disturbo bipolare, con una vita fragile fatta di picchi pericolosi e impervi per una vita di coppia con una figlia che assorbe il malessere dei genitori e ne fa una rapporto silente e velatamente accusatorio verso il padre.

Cardinal presenta tutti i tratti distintivi di una produzione Scandinava, tipo “The bridge” per intenderci: un detective brizzolato con una debolezza per uno dei suoi cold case, un nuovo partner di cui non si fida completamente, un capo che gli sta dando la sua ultima chance … Ma, in qualche modo, Cardinal riesce a sfidare gli stessi luoghi comuni che adotta.

Anche se già dal primo episodio si rivela come un tipico crime – viene ritrovato un corpo e interviene la polizia – la serie si distingue dagli altri procedurali americani fin dall'inizio. La telecamera scivola attraverso l’inospitale paesaggio canadese, mostrando quanto il crimine sia estraneo alla civiltà e dando il tono alla restante parte. La durezza domina lo spettacolo, dalla tavolozza di colori quasi in scala di grigi, agli scontri tra personaggi.

Da consigliare se vi è piaciuto per esempio Broadchurch, o qualsiasi altro film poliziesco scandinavo degli ultimi dieci anni.

La Delorme, a differenza di molti personaggi femminili, non è completamente isolata dal mondo che la circonda e anzi ha un partner con cui sta provando ad avere un bambino. Si è ormai abituati a personaggi femminili forti e indipendenti, spesso senza figli e senza relazioni, se non occasionali. Delorme dunque, al riguardo, è un caso raro.

Sia nel romanzo di Blunt che nella serie TV si viene a conoscere il killer abbastanza presto. Non ha importanza, perché la storia sta nel percorso, nello scoprire come i due detective riescano ad arrivare alla soluzione del caso ingarbugliandogli all’interno un rovo di questioni private. Un’insomnia di coscienza e dovere, quasi impossibile da debellare.

La storia ci mostra i buoni che proprio così buoni non sono, anzi, e i cattivi che invece cattivi lo sono proprio, ma tanto, con spunti su cui riflettere riguardo al fatto che alla fine chiunque e per qualunque motivo, all’apparenza anche il più banale, potrebbe nascondere la sua natura malata e risultare come un individuo normale al di sopra di ogni sospetto e poi compiere i più violenti e efferati crimini immaginabili.

Un po' la storia dell’uomo: homo homini lupus.