Una villetta gialla in una notte di quiete. Notte afosa, molle, di rumori banali, fanali intermittenti, sonni di una calma senza sogni, zone buie, alcuni sussurri.
Case e villette molto ordinarie, seriali, a Castelvolturno, tra gruppi di neri africani e giri di puttane.
Questa unifamiliare giallina, curata, ornata, più isolata, è della famiglia Fiorenzano. Il lato destro riceve una debole luce da un lampione, il lato sinistro resta oscuro e tutto sta in silenzio.
Improvviso, imprevisto, tremendo, altissimo, un urlo, acuto e lacerante, duro e disumano, ripetuto con infinito strazio. Grida che assalgono e squarciano quella notte qualunque.
Poi silenzio e brusio, echi di un gatto e di una rana.
Chi prima si fosse accostato avrebbe udito le urla di due persone,un uomo e una donna. Una disperata invocazione d’aiuto. Un nome, e poi la parola “figlio”.
Ne parlano tutti, sgomenti e angosciati, tra incerte domande e sospetti immaginari.
Li hanno trovati sgozzati, con i volti stravolti, stesi per terra in camera da letto. Sono i coniugi Fiorenzano, padroni del noto ristorante “Pescefresco” che fa il pienone ogni fine settimana. Gente seria, stimata, accogliente, benvoluta. Hanno due figli: Cesare, 24 anni, che lavora a Paviacome tecnico informatico, un tipo quadrato, intraprendente, ed Elio, sedicenne, alto, atletico, biondo, che vive con loro, vanitoso e scapestrato.
È uscito un articolo su “Il Mattino” con titolone sparato e contenuto generico. Un pezzo banale secondo Andrea, studente universitario di lettere e filosofia con la passione del giornalismo, che si adatta a fare il cronista di un giornale locale. Il caso lo intriga e ci vede l’occasione per un servizio di vero buon giornalismo d’inchiesta, all’americana, non come i tanti reporter che si limitano a prendere notizie dal commissariato e dagli ospedali. Andrea vuole fare le cose a regola d’arte: stare sul posto, guardare in faccia la gente, intervistare, incalzare le persone coinvolte, andare a caccia di indizi. Stile e verità è il suo motto.
È stato Elio a denunciare il fatto, appena tornato a casa a tarda notte. Era confuso e stravolto, parlava in modo sconnesso, cercava di far capire che c’era stata una rapina, che i genitori avevano reagito ed erano stati accoltellati.
Andrea segue e vede tutto, con una vocazione che presto diventa ossessione. Sta di casa tra commissariato e camera mortuaria, indaga tra amici e conoscenti di famiglia, vicini di casa, ragazzi della comitiva e della scuola di Elio, tra dipendenti e clienti del ristorante.
Nella notte assassina Elio correva in moto tra Mondragone e Villa Literno, con il fedelissimo fraterno amico Manuel, quasi coetaneo, un brunetto dal carattere dolce e remissivo. Cosi dice, cosi insiste Elio, sforzandosi di dare particolari sui suoi giri di quella notte.
Il racconto della rapina non regge fin dall’inizio, appare una messinscena fasulla agli occhi del commissario e a quelli acuti di Andrea.
Elio, poi Manuel, poi insieme a confronto, vengono sottoposti ad un pesante, implacabile interrogatorio, ore e ore, giorno e notte. Elio sbruffone, vanesio, cerca di fare il duro; Manuel impaurito, timido, perso. Cadono presto.
Lasciati soli in una camera del commissariato con microspie, si dicono qualcosa che li rivela. Elio insiste con Manuel che deve dire solo quello su cui si sono messi d’accordo e basta, niente altro. Gli dice: “Ti conosco, attento a non farti infinocchiare”. E poi:“Sei proprio sicuro di aver buttato la maglietta sporca di sangue?”.
Sono stati loro, i forti sospetti sono ora certezza. Loro, quei due, sempre insieme, tutto il giorno e anche certe notti, cosi legati, affiatati, intimi. Quei due, chiacchierati, sprezzanti, strani, quasi isolati, carichi di vanterie e fantasie.
Tra loro fratelli e tutto il mondo nemico.
L’invidia era sempre in loro; nemico era chiunque fosse qualcosa che loro volevano essere o avesse qualcosa che loro volevano avere.
Il fatto è diventato davvero tremendo, l’ossessione di Andrea, cronista esatto, ha trovato l’oggetto. Sulla vicenda e sui motivi la polizia è lenta, burocratica, ingarbugliata. Andrea è veloce, determinato, accurato, indaga e ne scrive una cronaca quotidiana sul suo giornale.
Genitori tanto normali, anche troppo, affettuosi ma concentrati più sul ristorante, premurosi, ma formali, certo di onesta fama e solida virtù. Ma, sembra ad Andrea, di un perbenismo un po’ di facciata, distante un mondo dai tormenti e dalle fantasie del figlio.
Si vedono foto dei genitori e di Elio, del padre e del ragazzo, sorridenti e fiduciosi. Dei due fratelli, di pochissimi amici, di una ragazza stralunata. Ma tante, tante foto e post sui profiliFacebook dei due amici Elio e Manuel: in moto, al mare, a scuola, in discoteca,con i videogiochi, in tante pose. Con l’aria ostentata di Elio e quella protetta di Manuel.
Andrea, inarrestabile, indaga tra la comitiva dei ragazzi, dei compagni di scuola, dei parenti. Trapelano e poi vengono fuori litigi frequenti tra i genitori ed Elio. Il ragazzo vive una vita tutta sua, distante e segreta, tace sui suoi vagabondaggi, è una schiappa, una vera frana a scuola, risponde male ai genitori, agli insegnanti e ai compagni di classe. Poi si chiude in se stesso. Manuel è sempre presente, stanno sempre insieme, fanno tutto insieme. Elio decide e comanda, l’altro segue, si adegua, e gli piace farlo.
Andrea comincia ad entrare nel mondo e nelle menti dei due. Vivono di videogiochi, di fantasticherie, di corse in moto, amano una vita più comoda che avventurosa, credono di dover vivere solo di ciò che piace loro, ogni obbligo, dovere, necessità, ostacolo è il loro nemico mortale. Sale la rabbia se solo vengono distolti dal loro mondo beato. Si credono più intelligenti, più belli, più dritti degli altri. Gli altri sono buoni solo se li lasciano fare.
Andrea traccia un ritratto psicofisico dei due. Filoni e voti bassi a scuola, scontri verbali e fisici con adulti e coetanei. Il preside ha convocato il signor Fiorenzano. Andrea comincia a raccogliere la diceria, tra i compagni di classe, di una relazione erotica che si sono sforzati di tenere nascosta. Andrea ne deduce che se fosse vero potrebbe essere un altro forte motivo di contrasto con genitori.
Poi il cronista non riesce ad andare oltre nell’indagine. Le sue fonti non parlano più di tanto, il commissariato è formale, dormiente.
Visto che questa storia è diventata sua personale, occasione di carriera e di privatissima accesa curiosità, Andrea chiede ad un suo autorevole professore dell’Università di intervenire per fargli ottenere l’autorizzazione ad un colloquio con i due nel carcere minorile. Con la scusa di una ricerca e per poterne scrivere sul suo blog e sul giornale.
Ecco, Andrea si trova davantiquei due, divisi solo da un tavolo grigio. Il primo colloquio è stentato, confuso, diffidente. I ragazzi per lo più tacciono o ridacchiano. Andrea, ostinato e sagace, freddo e coinvolto, riesce poi a smuovere il muro, a far credere loro che possono diventare degli “eroi” nella rete, che potrebbe coinvolgere eccellenti psicologi capaci di ottenere una riduzione della pena.
Con pazienza, volontà e metodo Andrea mette insieme frammenti di verità, parole che sfuggono, mezze bugie, mezze ammissioni, deboli reticenze in un insieme parziale ma attendibile e terribile.
L’odio di Elio per i genitori, soprattutto per il padre, era diventato smisurato e indomabile. Il padre e poi la madre, il preside, gli insegnanti erano tutti ostacoli alla sua vita libera e sacrosanta. Nemici da eliminare. Ci voleva coraggio per farlo e lui l’aveva. I genitori, quei rompiballe permanenti, quei guastafeste, assassini dei suoi sogni. Nemici da abbattere, ma pur sempre i suoi genitori. Dunque non può ucciderli, non lui. Dunque plagia Manuel. Lui,quel Manuel riluttante che sotto la sua guida può e deve ucciderli. Manuel resiste a lungo, poi cede.
Qui Andrea a poco a poco riesce ad intrecciare la storia di un cosi nero delitto con la storia dell’ambiguo rapporto tra i due ragazzi.
Si amavano senza dirselo, senza saperselo dire, forse senza nemmeno saperlo. Andrea l’ha scoperto. La loro morbosa amicizia si era costruita sulla fantasia di una vita libera a due: avere in comune una moto, una casa, una ragazza, scorribande e un eterno divertimento. Liberi da guardiani, intrusi, cornacchie del malaugurio, agenti dell’ordine e del dovere. Si vedevano in una spiaggia deserta di un’isola greca, a Londra, al Polo Nord, nel deserto africano. Liberi, con i soldi dei genitori e la loro vita gratuita e desiderante.
Per Andrea già cosi la loro relazione era omoerotica, affettiva ed esistenziale, ma non ancora corporea. Poi lo era diventata e in un modo in un certo senso inusuale.
Avevano deciso (Elio aveva deciso) di avere una ragazza in comune e l’avevano trovata in Lisetta, 19 anni, caruccia e disinibita, ottusa e svagata. La ragazza aveva accettato abbastanza volentieri la relazione a tre: era una novità, Elio era bello e prestante, Manuel dolce e carino. La prima volta i due si erano concentrati sulla ragazza, si erano solo guardati nella loro nudità ed eccitazione. La seconda volta già Lisetta era diventata uno strumento del loro gioco e l’attrazione si era concentrata, magnetica e suadente, sui rispettivi corpi maschili. Si erano carezzati furtivi con gran piacere segreto. Elio allora aveva deciso che la terza volta sarebbero stati solo loro due.
Così la loro amicizia amorosa era diventata davvero totale. Loro due erano tutto un mondo fantastico e libero, opposto al reale, grigio e ostile. Cosi Andrea comprende perché Manuel, incapace di uccidere una formica, era diventato capace di uccidere gli odiati genitori di Elio.
Andrea era molto intrigato dalla sua stessa abilità nella ricostruzione, ma il giorno che riuscì a mettere insieme la notte del delitto, perse tutta la sua obiettività di cronista, la sua freddezza analitica.
Loro avevano tolto di mezzo un ostacolo, avrebbero avuto una vita libera, la gente avrebbe creduto alla storia della rapina. Certo ora erano infelici perché il carcere sarebbe stato peggio della vita a casa sotto gli odiati genitori.
Non c’erano parole adatte, blog o giornale che fosse, per dire l’infinita, banale crudeltà del fatto, Andrea avrebbe voluto essere capace di creare ben altraespressione, di biblica o shakespeariana potenza. Era la sovversione fin dalle radici di “onora il padre e la madre” per l’ira di Dio e la condanna del mondo.
La mano di Manuel e la mente di Elio avevano eliminato con semplicità, un ostacolo alla loro indiscutibile libertà, un impedimento reale alla loro vita virtuale, per avere accesso alla cassa per le loro avventure.
I signori Fiorenzano non erano più genitori, non erano neppure esseri umani, erano un meccanismo da cancellare dal gioco.
Andrea non resse più quando comprese quello che accadde in quella notte di tranquillo odio mortale. I Fiorenzano sorpresi nel sonno, Manuel furioso, drogato da Elio, col volto coperto, col coltello che impazza. Il grido lancinante: “Elio, Elio aiuto, aiuto! Figlio dove sei?” Il figlio nella stanza accanto, impassibile, attento solo alla riuscita dell’azione liberatrice. Mai avrebbero potuto immaginare, anche nell’anfratto più oscuro della loro mente, che la mano che li massacra è la mano interposta del figlio invocato.
Quando Andrea capì che quei ragazzi mai avrebbero compreso quello che avevano fatto, la sua anima venne ferita a morte. E quando provò a chiedere ad Elio perché, lui rispose con un sorriso tirato, il vuoto negli occhi e voce tranquilla: “Ho fatto una cavolata”.
Andrea si senti svuotato, scisso, immaginò le teste spaccate di quella notte e gli vennero in mente certi versi di Emily Dickinson:
Sentii una frattura nella mente
come se il cervello mi si fosse spaccato
cercai di ricongiungerlo
giunta a giunta
ma non riuscii a farle combaciare.
Andrea si sforzò di salutare i due assassini, che venivano ricondotti in cella, e si allontanò, con il cuore pieno di tenebra.
Antonio Cardellicchio è saggista e studioso di politologia e musicologia, cinefilo, condirettore della rivista culturale èlites (antropologia e filosofia politica), edita da Guida poi da Rubbettino (1997-2007), docente lettere scuole superiori, formatore (aggiornamento docenti), 'Ebraista', collaboratore periodico online "Sullam" della Comunità Ebraica di Napoli, promotore cinema e teatro nell'apprendimento-insegnamento.
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