Sì, ho detto serial killer. No, non cambiate canale e ascoltate:

Luna. Luna, grandiosa. Luna piena, paffuta, rossa, che illuminava la notte come fosse giorno, che diffondeva la sua luce dappertutto e portava gioia, gioia, gioia. E con essa le grida a squarciagola della notte tropicale, il soffio selvatico e dolce del vento tra i peli delle braccia, il gemito vacuo delle stelle, il muggito a denti stretti del riflesso sull’acqua.

Tutto richiamava al Bisogno. Oh, lo stridore sinfonico di mille voci nascoste, il grido del Bisogno dentro me, l’entità, il guardiano silenzioso. La cosa calma e gelida, quello che ride mentre danza sotto la luna. Il me che non era me, la cosa che tra lazzi e sberleffi veniva a bussare con la sua fame. Con il Bisogno.”

Eh? Lo so, ne avete fin sopra i capelli di assassini ripetitivi oggetto (o soggetto) di romanzi non di rado (inevitabilmente) ripetitivi. Ma vorrei che offriste una chance a Dexter Morgan, il protagonista e io narrante di questo svelto e incalzante romanzo di Jeff Lindsay. Uno che, se lavorasse in Tv, starebbe dentro a CSI. Invece lavora alla Scientifica della polizia di Miami, tecnico addetto all’analisi delle macchie di sangue. Mestiere che non solo non lo turba, ma anzi si integra alla perfezione con la sua seconda, ehm, attività: Dexter è un serial killer. Ogni tanto, quando al volante della sua macchina interna si siede il Viaggiatore oscuro, quando i sogni e le fantasie a loro volta oscure che lo assillano si fanno troppo pressanti, (il titolo originale, Darkly Dreaming Dexter, evoca bene questa sua condizione) Dexter proprio non può farne a meno. Deve uccidere, punto e basta. Tuttavia, per fortuna della società (?), ci ha pensato anni addietro Harry Morgan, padre adottivo di Dexter, di professione poliziotto, a spiegargli che “ci sono persone che meritano di morire…” Così Dexter soddisfa i propri impulsi a spese di individui non proprio "senza macchia", e spegnendo una vita ne salva altre… Inevitabile quindi che finisca coinvolto nell’indagine su un serial killer che "lavora" con una perfezione tecnica assoluta, tale da spingere Dexter a chiedersi se potrebbe (vorrebbe?) averli compiuti lui, quegli omicidi… Combattuto tra il proprio "‘codice"’ morale (unito alla volontà di aiutare la sorella, poliziotta che vorrebbe entrare alla Omicidi), da un lato, e il fascino oscuro della sua parte malata che sale dal profondo dall’altro, Dexter dovrà rischiare di farsi smascherare, e forse anche ammazzare, per risolvere l’inghippo di morte, che ha insospettabili agganci nel passato…

Mi rendo conto che qualche lettore potrebbe rigettare l’identificazione con un protagonista così controverso, eppure l’abilità dell’autore (assai ben assecondato dal traduttore) riesce a far tornare i conti di un gioco letterario, basato soprattutto su acrobazie linguistiche e sul mettersi a nudo del protagonista, che si legge d’un fiato e fa venire voglia di un seguito. Certo, lo scioglimento del plot non è il massimo dell’originalità, ma va tenuto conto che è un romanzo d’esordio questo La mano sinistra di Dio, il che fa ben sperare per il futuro. Ancora una volta sotto la “meravigliosa, paffuta, musicale luna rossa.”

(Giovanni Zucca)

La mano sinistra di Dio

Mah…

Dopo La mano sinistra del diavolo di Paolo Roversi nella mia piccola biblioteca non poteva certo mancare La mano sinistra di Dio di Jeff Lindsay, Sonzogno 2009. Anche per fare un paragone fra le due mani. Se a ciò si aggiunge in quarta di copertina un avviso a caratteri maiuscoli in stampatello “Vieni a conoscere Dexter, lupo mascherato da agnello, mostro che rabbrividisce alla vista del sangue, serial killer con una regola d’oro: uccidere solo la gente cattiva” allora visto e preso. E se questo da solo non bastasse c’è l’incipit in seconda di copertina ad attrarre inesorabilmente “Spaventoso Giano Bifronte, Dexter è il miglior esperto della scientifica di Miami: nessuno come lui sa ricostruire la dinamica di un omicidio in base alle tracce di sangue sulla scena del delitto. Ma è anche il più astuto e inafferrabile serial killer della Florida. Quando c’è la luna piena e nella sua mente giunge il richiamo del Passeggero Oscuro, non può più resistere all’impulso assassino. Deve trovare una vittima da sottoporre al suo macabro e spietato rituale”.

Questa volta non sono andato a leggere il libro lungo la solita strada che porta all’aeroporto di Ampugnano ma mi sono chiuso a doppia mandata nel mio studiolo. Non si sa mai (ho pensato).

Lavoro duro questo di Dexter che ha ricevuti i primi insegnamenti dal padre adottivo Harry Morgan (lui poliziotto tutto d’un pezzo). Il quale padre aveva intuito il suo lato oscuro e quindi, da buon padre, lo aveva consigliato di esprimerlo compiutamente almeno sui tipi cattivi. Che ce n’erano tanti in giro.

Lavoro duro, dicevo. Deve scoprire l’assassino di alcune persone uccise con la sua stessa tecnica (praticamente le taglia a pezzi che infila nei sacchetti della spazzatura), deve combattere con il suo doppio, deve evitare i sospetti della sorella poliziotta Debbie e della detective LaGuerra della Squadra Omicidi. Chiaro che le due donne non si sopportano e tutte e due vogliono fare carriera. Indagine serrata sul proprio Io (è la voce narrante del libro) e su tutte le elucubrazioni che possono portare alla scoperta del colpevole. Movimento, inseguimenti, una testa mozzata di ragazza che gli capita addosso, una testa mozzata di una bambola (nella sua casa) appesa allo sportello del frigorifero con il corpo all’interno, altre teste mozzate (sia di donne che di Barbie).  E sogni, incubi, dubbi e tormenti che sia solo lui l’artefice di tutto il macello. Con il colpo finale a sorpresa che sfrutta un cliché risaputo. Per correttezza non nego una certa abilità nella scrittura e nella rappresentazione allucinata del protagonista.

Ma questo basta e avanza. Ormai non si sa più che cosa inventare.

(Fabio Lotti)